Georges Louis Poilleux-Saint-Ange (Paris, 1853 - 1911) - Allegory of France
Il coraggio della politica francese
di Gianni Di Quattro
Ormai siamo a un mese dalle elezioni francesi (23 aprile) che avranno sicuramente la coda del ballottaggio perché nessun partito conseguirà al primo turno la maggioranza assoluta (più del 50%).
I sondaggi si susseguono e più o meno sono stabili ormai da diversi giorni, il che non vuol dire che non potranno essere rivoluzionati nella realtà, come peraltro sta succedendo ovunque da un po’ di tempo a questa parte (la gente vota per chi non vuole dire ovvero si diffonde il pudore del voto che non è più stabile, i modelli statistici accusano obsolescenza e, di conseguenza, i campioni sono da rifare nella quantità e nella qualità).
Le forze in campo. Marine Le Pen è la continuazione dinastica della ultra destra francese erede del fascismo d’oltralpe rappresentato dal padre che non a caso aveva fatto un gemellaggio con il vecchio Movimento Sociale Italiano di Almirante prima e di Fini poi e con altri gruppi di vecchi squadristi europei, ma che comunque lei avrebbe, almeno nella forma, rigettato (al punto da espellere il padre dal partito). Il suo partito (il Front National) potrebbe essere il primo partito in termini di voti (anche grazie alla svolta populista) e andare al ballottaggio insieme ad Emmanuel Macron, la new entry della politica francese con il suo En Marche, lui economista ed ex Ministro di Francois Hollande.
Macron (che aumenta ogni giorno i suoi sostenitori che apprezzano la sua serietà e il suo distacco dal passato) propone un progetto pragmatico per la soluzione dei problemi francesi e per riportare il paese allo sviluppo, sostenendo che non intende richiamarsi ai valori della destra o della sinistra e che i valori che contano ormai sono o quelli della innovazione o quelli del conservatorismo.
Sempre più in difficoltà la destra tradizionale e conservatrice francese che ha scelto come candidato Francois Fillon, ex Primo Ministro di Sarkozy, il quale è sempre più coinvolto in storie di grande e di piccola corruzione (persino gli abiti su misura nel famoso negozio di lusso di Parigi Arnys non pagati) e che conseguentemente precipita nei sondaggi (è previsto che si classifichi al terzo posto e quindi potrebbe godere tuttavia di una certa forza parlamentare). La destra francese è comunque da decenni ormai attraversata da scandali e accuse di corruzione con persino ex Presidenti della Repubblica che trafugavano i regali di Stato.
Al quarto posto dovrebbe terminare il Partito Socialista che presenta Benoit Hamon come candidato avendo costui vinto le primarie del suo partito appunto. Il caso del partito socialista è il più significativo per lo sconvolgimento che sta avvenendo in tutta la sinistra francese, nel bene o nel male protagonista della storia politica della Francia nel dopoguerra almeno dal 1970 in poi, e per le conseguenze che potrebbe avere e ancora non molto valutate su tutto il panorama europeo.
Infatti, intanto i sondaggi lo danno al minimo storico e cioè a circa13/14%. Inoltre, una gran parte dei sostenitori socialisti sta traslocando nel movimento di Emmanuel Macron che accoglie tutti di buon grado anche perché non ha ancora strutture su cui appoggiarsi in caso dovesse diventare Presidente della Repubblica (e questo argomento viene usato, fra l’altro, dai suoi avversari contro di lui, infatti).
Ma il tema più grosso che tormenta la sinistra in Francia (si può dire nel mondo senza tema di smentita) è rappresentato dal dilemma: andare al governo per governare in nome del paese intero e non solo in nome di una sola classe sociale oppure in alternativa rimanere sempre all’opposizione e adempire al compito di sorvegliante della democrazia e di stimolo del rispetto delle istituzioni e dei diritti?
Il contrasto tra queste tesi non è banale, anche perché quando la sinistra è andata al governo ha concluso sempre la sua esperienza dilaniata da rimorsi e da contraddizioni che non hanno fatto bene al paese e che quasi sempre hanno dato luogo a una o più scissioni.
È vero che oggi si sta definendo anche a livello teorico la esistenza di due sinistre: una riformista e di governo che accetta le regole del capitalismo, della competitività e del merito e l’altra di opposizione calata nella parte del badante della democrazia (dicono loro). Ma tuttavia questa presa di coscienza, questa divisione, non pare sufficiente perché già l’uso della parola sinistra provoca dibattiti accesi anche se accompagnata da aggettivi qualificativi specifici.
Il tema è fondamentale anche perché salvo gruppi di non grande consistenza i giovani non si appassionano a questo discorso così come ad altri che riguardano la politica e quindi finiscono per seguire derive populiste che hanno il pregio (per loro) di parlare con estrema semplicità, di negare tutto il passato e di rompere con tutti coloro che vi sono coinvolti e, infine, di non richiamare ideologie che i giovani non conoscono né filosoficamente, né storicamente e solo per vago sentito dire (e che non potrebbero mai sposare).
Quanto sopra significa la scomparsa o, più precisamente, la destinazione alla irrilevanza della sinistra in Europa sempre più in mano alle destre e a forze nuove di ispirazione e comportamento populista.
Nei paesi ex sovietici, forse perchè nostalgici di funzionamenti e organizzazioni di altri tempi, le destre (spesso estreme) stanno consolidando il loro potere, in Gran Bretagna Jeremy Corbyn sta portando la sinistra sempre più verso posizioni oltranziste radicalizzando il predominio dei conservatori, in Spagna crescono Podemos e Ciudadanos, nuovi movimenti sostanzialmente populisti e già logorati da lotte intestine, mentre arretrano i socialisti divisi e il Partito Popolare rimane a fare da arbitro a garanzia della continuità della conservazione. In Germania i socialisti potrebbero avere qualche chance alle prossime elezioni di autunno grazie a Martin Schulz (sempre che la sinistra oltranzista Die Linke non riesca a farlo perdere), ma rimane comunque forte la posizione di Angela Merkel e in crescita la destra estrema AfD della giovane ed affascinante Franke Petry. I movimenti populisti e di destra crescono anche in Olanda (Geert Wilders potrebbe vincere nei prossimi giorni), in Austria e in tutta la Scandinavia (dove già la sinistra è arretrata parecchio e sono nati gruppi di oltranzisti di destra, cosa impensabile sino a qualche anno fa).
In questo contesto che non presenta molti spiragli di buon futuro non solo per la sinistra, è da rilevare il coraggio della politica francese.
Un coraggio che le sta consentendo di riconfigurarsi e che tenta di combattere le due grandi cause delle crisi politiche del mondo moderno e cioè lo sviluppo di un populismo nazionalista, razzista, protezionista e senza visione del futuro da una parte e l’opposizione fanatica di una sinistra utopista e quindi inutile dall’altra.
L’Europa, in altri termini, spera (e fa bene) in una vittoria di Emmanuel Macron che apra la strada ad un vittoria di Martin Schulz in Germania e magari ad una vittoria democratica in Italia quando si aprirà la tornata elettorale. Se tutto questo sarà realtà anche l’irruente e dissacrante Donald Trump sarà costretto a temperare la sua politica aggressiva e solo elettoralistica (non potrà non tenere conto del mondo che lo circonda e che influenza anche il suo paese), mentre l’Europa potrà riacquistare nei confronti dei grandi paesi emergenti, come Cina ed India ad esempio, il suo ruolo di punto di riferimento non solo commerciale, ma soprattutto culturale e politico.
Così l’Europa continuerà ad essere ed a fare l’Europa.