Alberto Gianquinto (Venezia, 1929 - 2003) - Buio (1996)
Il buio oltre
di Gianni Di Quattro
Può essere che non ci siano società veramente democratiche dove la libertà e la giustizia sociale hanno davvero vinto. Può darsi però che ci siano società dove in qualche modo questi valori sono realizzati seppur parzialmente e dove vige un certo rispetto sociale e non l’odio di fazioni scatenate le une contro le altre come succedeva nell’età medioevale o come succede nelle società mai aperte verso sistemi di eguaglianza sociale.
Può darsi, in altri termini, che da qualche parte esiste un luogo dove l’egoismo e la voglia di potere dell’uomo a scapito di qualsiasi cosa non siano violenti, la selezione naturale privilegia competenza ed umanità ed è riconosciuta dalla maggioranza dei cittadini, l’odio sociale ha lasciato almeno in parte il posto al rispetto e al piacere di vivere con i propri simili.
Non solo può essere o può darsi, ma certamente ci sono questi luoghi dove l’evoluzione sociale ha incrociato la crescita culturale di tutto il popolo, dove è diffusa la consapevolezza che non si possono avere diritti senza doveri, dove le alternanze politiche che la democrazia propone e concretizza siano viste dalla classe politica, cioè quella destinata a guidare e interpretare il paese intero, come un percorso di continuità nel quale ciascuna persona, ciascun gruppo apporta le proprie idee in continuità appunto e al solo scopo di correggere e migliorare la situazione nell’interesse generale.
E dove, infine, nella scala dei valori viene prima di tutto la umanità, persino prima della economia e della tecnologia che non sono sempre strumenti per migliorare la vita di tutti, ma spesso possibili veri strumenti di conquista. E l’economia, infatti, così come la tecnologia sono armi inventate dall’uomo per combattere e vincere.
Naturalmente per ogni paese ci può essere una alternanza di periodi di pace sociale anche relativa (perché l’eguaglianza sociale è una utopia irrealizzabile dato che gli uomini sono solo apparentemente uguali) con periodi di violenza e di odio sociale.
Ed allo stesso modo le situazioni di violenza sociale possono riguardare alcune eccezioni in un contesto internazionale positivo, ma possono anche riguardare situazioni generalizzate, combinazioni quasi planetarie a causa anche della influenza che esiste tra le varie comunità, dove il principio dei vasi comunicanti regna da sempre.
In questo periodo della storia della umanità si vive un momento che tende ad allontanare le società dalle conquiste del passato, tende a fomentare gli istinti dell’uomo più primitivi, cerca di sviluppare odio e contrasti con manifestazioni di razzismo e di mancanza di rispetto non solo singolarmente, ma per categorie, ceti o gruppi politici o religiosi. La mancanza di rispetto di tale natura è l’anticamera, il preambolo del razzismo duro e puro.
Nel nostro paese stanno emergendo tutti gli errori del passato commessi dai vari responsabili politici che hanno governato negli ultimi decenni come la trascuratezza della istruzione nella scuola, la scarsa attenzione alla cultura, il povero e quasi assente investimento nella ricerca, la mancata riorganizzazione della macchina dello Stato, la conservazione di strutture istituzionali e costituzionali non più congruenti con la società, la leggerezza diventata vera e propria debolezza nella lotta alla corruzione e alla evasione che sono la stessa cosa così come nella lotta alle criminalità organizzate e diffuse sul territorio.
Naturalmente queste deficienze hanno creato nella popolazione malcontento e disagio che è stato acuito dal diffondersi di alcune crisi economiche inizialmente importate e poi radicalizzate e che hanno messo in grande difficoltà l’economia del paese già fragile, incerta, condizionata da forti situazioni debitorie e, quindi, provocando tagli nei servizi, confusione sociale, mancanza di prospettive soprattutto per i giovani.
Sono nate quindi nuove classi politiche, il popolo segue coloro che sembrano decisi a conquistare qualcosa in suo nome, si cancella il futuro, si cacciano coloro che sono stati sino a quel momento sul ponte di comando, si cerca di diffondere una mistica cui tutti possono riferirsi per continuare a sperare, forse per meglio dire a credere di sperare.
E’ la vita che è così, è sempre stata così e le comunità si creano e ricreano continuamente, gli uomini riescono a cancellare la loro cultura per ricrearla in una ansia di distruzione e di creazione insieme. E’ la dinamica della vita questa cosiddetta tecnica di Penelope, è il modo di impegnare costantemente l’uomo nella sua opera.
Certo sono favoriti quelli che riescono, per avventura, a percorrere la loro strada nei momenti in cui la comunità ha coscienza e felicità di esistere, non è violenta e costruisce. Ma questo è quello che si chiama il destino di ciascuno e sul quale ciascuno non può avere forse che una scarsissima influenza.