Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Johann Heinrich Füssli (Zurigo,1741 - Putney Hill, London,1825) - Incubo (1781)

 

Incubi notturni del dopo vacanze

di Tito Giraudo

 

Si dice che la notte porti consiglio.

Mi sono astenuto dallo scrivere sul nuovo Governo perché speravo le vacanze portassero a me, prevenuto, consiglio e saggezza.

Cercherò quindi di analizzare lo stato dell’arte giallo-verde con la massima pacatezza possibile.

Ho diversi amici fiduciosi, io non lo ero per nulla e non perché sono un vecchio pauroso del rinnovamento, ma perché nei nuovi governanti, al di là dello spirito protestatario, per altro coltivato da anni di sinistrismo giornalistico, faticavo a vedere l’effettivo rinnovamento.

Questa rivista online si chiama “Nel futuro”, è quindi la palestra ideale per giudicare il duo Salvini, Di Maio, non tanto per quello che intendono fare oggi, dato che per ovvie ragioni dovranno annacquare i rispettivi programmi ma, per la natura di un contratto tra dissimili, divergenti non nella gestione del potere ma nelle linee di fondo che li ispirano.

Una linea, meridionalistica e vetero-sinistrosa, quella dei pentastellati, l’altra: sostanzialmente anti europeista e sovranista, dei leghisti.

L’altra sera, prima di addormentarmi mi sono posto questa domanda:

“Ma se le contraddizioni tra i due partner di Governo dovessero venire al pettine e si dovesse tornare a votare, con le attuali forze in campo chi voteresti?”. Confesso che il dubbio ha allontanato il sonno.

Mi pare di avere detto che nelle passate elezioni, pur optando per la Bonino, di fatto il mio voto è andato al PD, il quale PD, attualmente, è in totale paranoia. L’antirenzismo è dilagato, al punto da riemergere con sempre maggiore intensità spinte di sinistrismo populista che erano ormai confinate solo tra gli irriducibili.

Posizione analoga ci viene tra le macerie berlusconiane, divise tra coloro che si apprestano a salire sul carro del vincitore e coloro che continuano a credere che prima o poi Berlusconi torni quello di una volta (non esiste il viagra in politica).

Invece di fare un’opposizione costruttiva, due minoranze in crisi cercano la via più rapida verso la definitiva estinzione, avvalorando l’ipotesi che in politica certe crisi sono inarrestabili.

Eppure, se il buongiorno continua a vedersi dal mattino, questi primi cento giorni sono indicativi per poter dare una valutazione di questo Governo, scevra da posizioni precostituite, aprendo non una strada ma un’autostrada per un’opposizione puntuale e concreta.

Non occorre essere dei politologhi, o esperti di flussi elettorali, per capire che i 5 Stelle hanno gran parte del loro elettorato al Sud e, la lega, al Nord, al che non ci sarebbe nulla di male se il contratto di Governo fosse stato frutto di sintesi virtuosa, invece di trasporre papale, papale, i desiderata elettoralistici dei due schieramenti, che possiamo sintetizzare in: meno tasse e più assistenzialismo, cose che di per sé possono anche essere legittime, se non fosse che anche nel caso ci fossero i quattrini, al Nord produttivo spetterebbe l’onere e quindi ben difficilmente potrebbe essere sgravato dalle tasse.

Una volta tanto possiamo dire: San benedetto debito pubblico! Unico e solo in grado di fermare una compagine governativa che unica al mondo propone di aumentare le uscite diminuendo le entrate.

Badate bene, chi scrive non considera molte delle proposte non utili, anche perché tutti, ma proprio tutti hanno sempre detto di voler aumentare l’occupazione, abbassare le tasse e aiutare i bisognosi. L’aveva fatto Berlusconi, non parliamo poi di Renzi. Entrambi, occorre riconoscerlo qualche cosa in quelle direzioni hanno pur realizzato ma, anche quel poco, si è sempre scontrato con il debito pubblico che è il vero macigno per tutti i governanti di questo Paese. La differenza tra questi e gli altri è che in loro vi è davvero la convinzione di essere il cambiamento e, su ciò, voglio essere fiducioso. Quindi i casi sono due o sono bugiardi o dei pazzi.

Questi baldi giovani ci raccontano di essere diversi dalla vecchia politica: fantastico! Ma il primo cambiamento dovrebbe essere la fine della campagna elettorale.

I segnali, in questa direzione, non sono confortanti.

Salvini, che è un furbone, ha capito che il problema dell’immigrazione è fonte di grande consenso e quindi suona la grancassa. Personalmente, aver fermato le navi caritatevoli che invece di portare a casa propria i migranti li sbarcavano a casa nostra, mi trova sostanzialmente concorde. Così come aver bloccato la nostra nave in porto,può aver avuto un effetto dimostrativo nei confronti dei Paesi europei, sempre pronti a criticarci e mai pronti ad aiutarci dividendosi equamente i migranti. Ma detto questo, vediamo il respiro dell’azione di Salvini.

Sul fronte dei rimpatri, si continua con gli annunci ma di concreto ben poco appare all’orizzonte e questo perché tra il dire e il fare ci sono di mezzo quasi tutti i Paesi di provenienza, con cui non abbiamo accordi e, anche con quelli con cui li abbiamo, le cose non sono facili.

Sul piano europeo Salvini tresca con tutti quei paesi che i migranti proprio non li vogliono, isolandosi da quelli che invece a una distribuzione equa sia pur obtorto collo, potrebbero aderire.

Salvini, dovrebbe avere il coraggio di dirla tutta: il problema dei migranti viene dopo il sovranismo, se no, non si capisce perché fa lingua in bocca con Ungheria, Polonia, Rep. Ceka, per non parlare della Le Pen che grazie ai successi giallo-verdi in Italia ha ripreso fiato e vigore in Francia.

L’altro punto cosiddetto irrinunciabile sempre per i leghisti, è il superamento della legge Fornero, dopo tutto il bailamme personale che c’è stato tra i due (anche la Fornero, sia pur tirata per i capelli, ci ha messo del suo), Salvini considera irrinunciabile almeno un risultato di bandiera tipo la quota 100 che però cozza con l’aumento delle pensioni minime, che però cozzano con l’irrigidimento del mercato del lavoro, che però cozza con la linea Toninelli che vuole tornare alle nazionalizzazioni. Insomma cari lettori son “cozze”!

Questo, per parlare del “contratto”, che sicuramente sarà rispettato in minima parte e diluito nel corso della legislatura. Esiste però un pericolo di cui vediamo i prodromi: sia Salvini come Di Maio, di fronte all’impossibilità di mantenere in modo decente le promesse, butteranno la colpa sull’Europa rinfocolando l’antieuropeismo in un Paese che non lo è mai stato e quindi dalla finestra passerà ciò che non passa dalla porta, magari a furor di popolo.

C’è ancora un’ultima valutazione che riguarda soprattutto i 5stelle. Coloro che pensavano di trovarsi di fronte a un movimento sostanzialmente di sinistra non avevano torto. Di Maio e Toninelli, a proposito del ponte genovese sono dei veri giacobini. Senza attendere perizie e inchieste hanno eretto la ghigliottina mediatica, facendo girare sul carretto per le strade d’Italia la Società Autostrade e in particolar modo i Benetton, cioè una società concessionaria e degli investitori sia pur di maggioranza relativa. Non solo mettendo in discussione una concessione che potrà anche essere stata particolarmente favorevole ma del tutto legittima. Pensano forse che nel Paese dei Tar costoro non venderanno cara la pelle?

Ma c’è di peggio. Risento parlare di nazionalizzazioni.

Sicuramente i Grillini, di quanto è accaduto in passato nulla sanno. Ebbene, il debito pubblico nasce proprio dal primato della politica sull’economia. Si dice che il debito nasca negli anni 70-80. Per la mia esperienza di nazionalizzatore ideologico degli anni 60, è proprio da quel periodo che l’idea dello Stato imprenditore venne considerata un salto di civiltà. Fummo noi Socialisti a introdurre concetti collettivistici in economia con le nazionalizzazioni e il potenziamento delle Partecipazioni Statali, fino ad arrivare a risolvere le malefatte dei privati ampliando i carrozzoni pubblici. Come è andata a finire lo sappiamo tutti, sia da un punto di vista di spreco delle risorse ad uso politico clientelare, sia per l’aumento appunto del debito, anche per una dissennata politica previdenziale e sindacale.

Ci risiamo. Di Maio si crede Pietro Nenni, e Toninelli Riccardo Lombardi, peccato che i leader storici del socialismo italiano del dopo guerra con quelle riforme di struttura topparono alla grande.

Un consiglio, se fossi ascoltato, darei ai pentastellati: pur essendoci poco sui libri di storia, esiste una grande documentazione sui guasti prodotti dalla demagogia del riformismo socialista. Prova ne è che solo lo Statuto dei lavoratori (a parte l’articolo 18) e il Servizio Sanitario Nazionale hanno retto al bagno di realtà che poi i politici che vennero dopo dovettero affrontare, anche se lo fecero solo parzialmente.

Se la situazione non fosse drammatica sarebbe divertente assistere agli sviluppi futuri. Purtroppo gran parte del debito pubblico è nelle tasche degli Italiani e in caso di disastri…. Altro che Etruria o Monte dei Paschi.

E allora torniamo al mio quesito: se dovessi scegliere tra Salvini e Di Maio chi voterei?

Bella domanda.

In caso di elezioni politiche difenderei il gruzzoletto della mia signora votando Salvini, alle Europee, magari emigro, come fanno tanti pensionati.

 

Inserito il:21/09/2018 23:12:45
Ultimo aggiornamento:21/09/2018 23:19:54
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