Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Rassouli (Contemporaneo - Iran / S. California) – Walking the labyrinth

 

Si brancola nel buio

di Massimo Biondi

 

Vedremo come andranno le presidenziali americane. Due candidati discutibili: uno che rappresenta la continuità, l’altro la novità; uno ammonisce contro i salti nel buio, l’altro afferma che cambiare sia meno rischioso che conservare.

Una cosa simile accade in Europa, nei singoli Stati. Anche in Europa c’è piuttosto un conflitto tra continuità, pur nel dichiarato ma non sempre praticato rinnovamento, contro cambiamento, più o meno radicale.

I movimenti di opposizione – che è tuttavia impossibile definire rivoluzionari - intercettano e fomentano un allarme generato nelle nostre società dall’incertezza che caratterizza il tempo corrente e dal progressivo ridimensionamento delle aspettative.   

In questo contesto già critico si inserisce aggravandolo il fenomeno dell’immigrazione, che potrebbe avere prossimamente un impatto ben superiore a quello che vediamo se rappresentasse, come alcuni temono, l’avanguardia di una migrazione davvero epocale. Un evento ricorrente nella storia umana, popolazioni che lasciano povertà estrema e guerre per dirigersi verso aree considerate ricche e sicure.  

Meno sicurezze e invasione di stranieri: queste le maggiori preoccupazioni di una parte considerevole della popolazione europea. Quanto a ragione e quanto a torto non è un fattore in discussione: la percezione è quella che conta. E più questa percezione si consolida meno vengono accettate le classi dirigenti e le stesse Istituzioni, accusate di non essere in grado di fronteggiare gli avvenimenti. E in democrazia se non si sentono proprie le Istituzioni la situazione è grave.

D’altra parte se da un lato per Istituzioni e classi dirigenti è praticamente impossibile adeguarsi tempestivamente all’evolversi rapidissimo di elementi difficilmente governabili, come l’immigrazione, è anche abbastanza fuori luogo da parte loro fare appello alla sensibilità individuale, o anche allo stesso ragionamento. Problematico pure condannare l’egoismo che le circostanze mettono in risalto. L’egoismo è un sentimento istintivo e umanissimo. E’ l’altruismo che è un’eccezione.

Il Papa deve predicare l’altruismo, il politico no.  

Ecco allora che la parte meno serena della popolazione europea è alla ricerca di dirigenti che la difendano dai danni materiali addebitati confusamente alla globalizzazione e dall’assalto “degli altri”, siano essi lavoratori che stanno in Asia ma sottraggono lavoro accettando retribuzioni e condizioni misere o indigenti provenienti dall’Africa o dal Medio Oriente. E se la difesa comporta contro i primi il ripristino di barriere doganali e contro i secondi l’erezione di muri fisici, o l’affondamento di barconi, pazienza.

Ora però il punto è: basterebbe l’eventuale e non rapidamente realizzabile rinnovamento della classe dirigente per cambiare i trend?

La risposta mi sembra facile: no. No perché l’Europa può fare poco per modificare i grandi fenomeni che la stanno opprimendo – i quali si generano altrove - e no perché in questo momento non esiste in Europa una base culturale sufficientemente ricca e condivisa che possa essere la piattaforma di progetti per il futuro, per uscire dalla situazione attuale giudicata insoddisfacente e preoccupante.   

Quando fu immaginata l’Unione Europea, esempio storico più recente, c’erano leader straordinari, certo, ma anche terreno fertile nella popolazione uscita dal dramma della guerra e fortissimamente desiderosa di non ricascarci. La cultura diffusa e condivisa c’era: basta guerre; la democrazia liberale come fondamento sociale (in alternativa alla collettivizzazione sovietica); istituzioni comuni per armonizzare quelle locali nell’interesse generale; moneta e principi economici comuni; difesa comune; eccetera.

Ma adesso? Avremmo bisogno di pensieri alti e lunghi, anche di utopie. Di sogni, magari, ma chi può occuparsene? Su quali basi?

Spesso sono i cosiddetti intellettuali che aprono la strada attraverso analisi profonde, non convenzionali e non preconcette; che immaginano il futuro; che diffondono idee, chiavi interpretative, elementi di riflessione. Ma al momento mancano anche gli intellettuali.

Sembriamo tutti ancora preda dei parametri ereditati delle guerre mondiali ma non riusciamo più ad avvalercene in una fase dominata dall’incertezza, dall’instabilità.

E’ lampante che il mondo multipolare attuale è estremamente più difficile da interpretare e governare di quello bipolare del dopoguerra. Allora c’era tensione, perché c’erano rischi consistenti, ma anche riferimenti solidi, stabilità, ordine.

Ora l’ordine non c’è. Le tensioni si sono moltiplicate e gli attori in grado di scompaginare gli equilibri dall’oggi al domani sono numerosi. Tutto è precario. E’ venuto a mancare anche il medio termine, dopo il lungo.

E’ indispensabile che anche i movimenti di opposizione, se sono in grado di andare intellettualmente oltre la propaganda, si rendano conto che in questa fase governare è estremamente difficile. Non si sa bene come fare, da dove vengono le minacce, quali rischi sono ancora nascosti nei nostri sistemi economici, quali ulteriori sconvolgimenti porteranno l’innovazione tecnologia, i conflitti militari e quelli sociali. Le certezze in questa situazione spaventano. Non averne è meglio. Anzi, necessario.

Perciò l’esito delle presidenziali americane sarà rilevante, ma stavolta solo in senso negativo. Se il nuovo presidente si rivelasse eccellente, in politica estera ed economica, potrebbe comunque poco nel mondo attuale. Se si rivelasse scarso potrebbe invece creare danni ulteriori.

In Europa nemmeno quello. Qui il massimo che si può fare è rallentare il declino. Brexit o non Brexit; Merkel o non Merkel; chiunque in Francia; chiunque a Bruxelles, a tentare di tamponare le falle di un’organizzazione che funziona poco e male, non cambierebbe gran che. Qui la tendenza è quella di rinnovare e bruciare capitani senza riuscire a disincagliare la nave.

Avremmo bisogno di un Locke, di un Montesquieu, anche di un Dahrendorf, invece abbiamo Juncker, Hollande e Orbàn.

Avremmo bisogno di ridarci un orientamento, invece si brancola nel buio.

Inserito il:24/09/2016 03:51:03
Ultimo aggiornamento:24/09/2016 03:57:06
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