Ana Solanas (Barcelona, Spain, 1979 - ) - Vital Emergency (Need to stop and meditate, 2017)
Emergenza
di Giorgio Panattoni
Mi ero ripromesso di aspettare, di capire meglio le cose che si stanno svolgendo sotto i nostri occhi, di non reagire troppo presto a cose che sembrano tanto dannose da restare stupiti della relativa assenza della piazza per gridare forte il dissenso.
Ma non ce l’ho fatta, sento la urgenza di comunicare quello che sento, nella speranza di attivare qualche reazione.
Senza alcun titolo, senza alcuna pretesa, senza tutto ciò che non sono le mie considerazioni di cittadino attento e partecipe del nostro mondo.
Sì, perché siamo probabilmente di fronte a un cambiamento epocale, che si sta verificando senza che nessuno se ne renda conto, o per lo meno, senza alcuna iniziativa concreta per parteciparvi.
Alcuni fattori mi paiono emergere con chiarezza, e alcuni possono anche far male.
La sinistra riformista come espressione di una forte e coesa capacità di aggregazione, non esiste più, non è in grado di dare da sola le risposte che il paese si aspetta.
Non lo è più in tutta Europa, e se ce ne fosse stato bisogno bastano le due recenti elezioni in Germania, le presidenziali in Brasile, e prima quelle in Austria, etc.
La nascita dei movimenti populisti di protesta e lo spostamento a destra sono anche frutto delle mancate risposte.
In Italia poi, paese dove nepotismo e corruzione dilagano, le cose sono più difficili, diventando facile dire che si deve cambiare,
Fa effetto sentire lo slogan di Zingaretti, candidato probabilmente vincente alla segreteria del PD, “dobbiamo rifondare una nuova sinistra”. E’ come guardare indietro come se non fosse successo e non stia succedendo nulla.
La crisi dei ceti medi, abbandonati a se stessi e senza più la spinta formidabile del boom economico del dopoguerra, e più poveri di prima, ci dice che anche lì si perdono consensi.
Si badi bene, consensi alla democrazia come l’abbiamo conosciuta e praticata per tanti anni, con le sue magagne e insufficienze, ma pur sempre baluardo contro i colpi di stato.
Del resto l’operaismo della sinistra, che ha bisogno di grandi masse operaie che non ci sono più, è destinato a diventare marginale, e l’assistenzialismo cattolico, famiglia e assistenza, sono risposte datate e poco efficaci di fronte alla propaganda di chi si propone come salvatore della patria, cavalcando lo scontento e la crisi, che c’è, strisciante e profonda.
E il mercato del lavoro, ancora poco regolamentato, ne è la prova evidente.
Ora siamo di fronte a uno schieramento arrogante, impreparato, talvolta violento, che fa del linguaggio la sua arma penetrante ed efficace, in permanente campagna elettorale, autorizzato da contratti di governo fasulli e da verifiche in internet quasi ridicole.
Se ad esempio fermare la Tav significa spendere decine di miliardi di soldi pubblici non conta, c’è nel contratto, ovviamente steso e approvato senza alcuna verifica preventiva di fattibilità.
Vince l’ideologia, che come sappiamo bene è pessima consigliera di governo.
Già, il governo.
E’ come se fosse una conseguenza inderogabile della impostazione della campagna elettorale, e delle uscite xenofobe e indipendentiste dei vice presidenti (il presidente conta davvero poco). Poco importa se non ci sono le risorse, basta indebitarsi, se ci si mette contro tutti in Europa (forse questa è la via proprio per uscirne), tanto si vincono le prossime elezioni europee e si cambia tutto anche lì.
E niente modifiche, che tradirebbero il sogno elettorale.
Situazione paradossale, autoritaria, nuova.
A questa le forze che non sono al governo rispondono in maniera diversa, ma del tutto inefficace.
Forza Italia, ancora catturata dagli interessi elettorali ed economici del suo patron, sta eseguendo la conclusione della sua storia, diventando marginale e succube di poteri forti.
Ma spera sempre di essere presente nel futuro governo, con la Lega e Fratelli d’Italia, senza i Cinque stelle.
Con questo si sta liquefacendo quel poco di liberalismo riformatore che ancora sussisteva a destra.
La sinistra riformatrice dichiara di essere l’alternativa, che si contrappone a questa ondata che la sta travolgendo, ma senza avere il consenso necessario nel paese.
La sinistra sinistra era ed è marginale, e si capisce poco nelle condizioni attuali, con buona pace di Prodi.
Insomma, contro un fronte oggi maggioritario prevalgono ancora interessi di parte e tentazioni antiche.
Si ha quasi la nostalgia della vecchia Democrazia Cristiana, che si metteva in mezzo impedendo derive e smottamenti.
Sino a quando i socialisti, con promesse e corruzione, hanno distrutto anche quel precario equilibrio.
Ma a quel tempo la molla era l’anticomunismo, caduto anch’esso col muro di Berlino.
I timidi accenni ad alleanze più larghe alle prossime elezioni fanno fatica ad emergere.
Ma secondo me il punto è un altro.
Non si tratta di trovare alleanze elettorali, si tratta di rifondare il fronte più largo possibile di forze riformatrici, moderate e meno, aprendo un cantiere nuovo e attuale di lavoro sui temi più rilevanti oggi sul tappeto. E sono tanti.
L’industria ha lanciato il programma “Industria 4.0” per tener conto dell’impatto devastante delle nuove tecnologie.
A quando un analogo programma per le forze riformatrici, che si devono rendere conto che la situazione è di emergenza?
Il fronte di governo questo programma lo ha già fatto, con approssimazioni e errori vistosi, ma con successo, anche se i dissidi interni sono evidenti e tenuti sotto controllo solo dai presunti vantaggi della prospettiva futura.
Sino alle prossime elezioni europee.
Poi si vedrà.
E’ un appuntamento decisivo, come lo è stato ieri in Germania.
Queste le considerazioni che mi pare utile esternare, almeno per me, senza entrare nel merito di singole scelte di governo, sulle quali ci sarebbe molto da dire.
E’ un momento molto difficile, ma non si respira l’aria della emergenza, che invece mi pare quanto mai presente.