Belgio, welfare, jihadismo.
David Carretta, corrispondente da Bruxelles, già nel 2010 scrisse sul Foglio perché il Belgio stava diventando una centrale del jihadismo:
“I politici non osano rimettere in discussione un sistema sociale che incentiva marginalità e disoccupazione con sussidi vari”… “I quartieri di Bruxelles a forte presenza musulmana hanno il 40% di disoccupazione e un senza lavoro riceve 800-1.300 euro di sussidi”… “Un capofamiglia disoccupato, con moglie e cinque figli a carico, a Anderlecht o Molenbeek può riceve dallo stato belga più di 2.300 euro”… “Un lavoro regolare è meno redditizio. Poco importa se i figli degli immigrati diventeranno degli emarginati che domani potrebbero mettere a fuoco i loro quartieri”… “L’integrazione è evocata come necessità fondamentale, ma alla fine prevalgono il comunitarismo e la ghettizzazione”… Conclusione: “lasciata nelle mani della classe dirigente belga, Bruxelles rischia di esplodere, trasformandosi in una grande banlieue di Parigi…”
Profezia? Non credo. Vista lunga piuttosto. Comprensione dei meccanismi sociali.
Anche questi fattori devono essere considerati quando si evoca il cosiddetto reddito di cittadinanza, non solo quelli meramente economici. Il valore sociale del lavoro (valore per il lavoratore ma anche per la società) non può essere ridotto a semplice fonte di sostentamento.