Sindacato e governo.
Nella storia dell’Italia repubblicana difficilmente si trova uno scontro così frontale tra Governo e Organizzazioni Sindacali, o meglio tra FIOM e Governo.
La CGIL sembra alla mercé della FIOM, delle sue asprezze e delle sue violenze dialettiche e incapace di elaborare una politica di relazione complessiva con il Governo, come il momento richiederebbe e come del resto stanno facendo le altre sigle sindacali. Strano, se si considera che la FIOM rappresenta poco più del 6% degli iscritti totali della CGIL e circa il 13% se si escludono i pensionati.
Si ha la sensazione che le sparate di Landini coprano interessi politici e non sindacali “ il governo Renzi non rappresenta il paese”, “ il governo Renzi deve andare a casa”, “basta con le Leopolde e altre stupidaggini del genere”, etc.
La domanda da porsi è allora, cosa sta dietro questa strategia? quali sono le forze che sostengono queste posizioni e perché?
L’ultimo editoriale di Scalfari su Repubblica è peraltro significativo sin dal titolo, che come sempre è quello che impatta di più sulla percezione dei lettori. “La storia non si fa con un uomo solo al comando”. Che mi pare anche storicamente discutibile, anche solo ricordando Napoleone o Hitler. Ma che è significativo di quell’attacco aperto e continuo in atto da parte di tutte le forze che si oppongono, da posizioni ideologicamente diverse, all’azione e al cambiamento.
Perchè? Qualcuno è semplicemente conservatore a tutela dei propri interessi corporativi, altri succubi delle proprie ideologie indipendentemente dal cambiamento profondo del mondo e delle sue realtà, altri ancora sono portatori di equilibri meno distruttivi del passato e fautori di moderatismi più controllati e meno rivoluzionari dell’ordine esistente. E molti di questi si dichiarano progressisti, cosa che peraltro facevano anche durante tutte le repubbliche precedenti, senza risultati apprezzabili.
E’ sintomatico, in questa luce veder riapparire una certa nostalgia per la esperienza di Prodi, assunto a campione di quel che si doveva e si deve fare. Lascio ad altri il giudizio se questo serve ancora oggi, con un paese sempre più corrotto e incapace di uscire senza forti scosse dallo stato di illegalità nel quale è sommerso.
Altro segnale di resistenza è quello di una forte nostalgia per la stagione della concertazione, troviamo qualche accordo che vada bene per tutti, cioè quasi per nessuno.
Credo che in queste condizioni si andrà allo scontro, duro e dai risultati imprevedibili,come sempre quando si mobilitano le piazze, soprattutto in condizioni di recessione.
Di solito, giunti a questo punto, dopo qualche successo iniziale degli antagonisti, almeno in termini di blocco della evoluzione, vince la conservazione e le acque tendono a calmarsi spalmandosi sugli interessi forti di chi non vuole troppi cambiamenti, o almeno li vuole guidare lui in base alle proprie convenienze. E il curioso è che portatore di questa capacità di innovazione è un Governo accusato di spostarsi a destra rispetto ai passati equilibri del centro sinistra.
E’ questo che serve oggi al paese? E come si fa a appoggiare il cambiamento e la innovazione, credo da sempre condivisi a parole da tutti, ma ostacolate in misura decisiva nei fatti?
Sarebbe opportuno spostare come sempre la discussione al merito dei problemi, e non subire le pressioni degli schieramenti e delle convenienze delle parti, accettando anche quel po’ di inevitabile strumentalizzazione che sempre accompagna processi così complessi.