Nahum Gutman (Telenesti, Moldavia, 1898 - Tel Aviv, 1980) - Palestinian Village
Amore - odio tra arabi e palestinesi
di Vincenzo Rampolla
Turki al-Hamad, giornalista saudita, ha fatto quello che alcune testate occidentali si rifiutano di fare: condannare Hamas e altri gruppi insediati a Gaza per aver lanciato missili contro Israele, fatto assolutamente sorprendente nella giungla dei reporter arabi, iraniani, turchi e musulmani. Girovagando tra le storie raccontate in questi Paesi, con il continuo rinfacciarsi di fatti e misfatti di ieri e di oggi e l’alternarsi di battibecchi tra editorialisti, si arriva alla fine alla scoperta di alcune verità.
Mohammed al-Shaikh, saudita, corrispondente arabo di radio e Tv scrive: I palestinesi portano il disastro a chiunque li ospita. La Giordania li ha ospitati, e c’è stato il Black September; il Libano li ha ospitati ed è scoppiata una guerra civile; il Kuwait li ha ospitati e si sono convertiti in soldati di Saddam Hussein. Ora stanno usando le loro tribune per maledirci .
Molte persone nei paesi arabi incominciano a dire che per i palestinesi è arrivato il momento di iniziare a prendersi carico dei propri interessi e di pensare a un futuro migliore per i loro figli. Sembra che gli arabi dicano ai palestinesi: Andiamo avanti o no? Vogliamo continuare a marciare come i gamberi? Perché dovremmo vergognarci di stabilire relazioni con Israele?
Ahmad al-Jaralah, giornalista kuwaitiano aggiunge: È vero? Se è così, perché? Purtroppo, i palestinesi sono conosciuti per aver tradito i loro fratelli arabi, pugnalandoli per bene alla schiena. I palestinesi, ad esempio, nel 1990 hanno sostenuto l'invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait, uno stato del Golfo che insieme ai suoi vicini forniva ai palestinesi aiuti per decine di milioni di dollari all’anno.
Questa slealtà è il modo in cui negli ultimi anni un crescente numero di arabi, in particolare quelli degli stati del Golfo, descrive i palestinesi.
Le critiche arabe nei confronti dei palestinesi, trasmesse recentemente attraverso i media tradizionali e sociali, si sono ulteriormente intensificate e sono diventate pesanti.
Giornalisti arabi hanno espresso indignazione per l'opposizione dei palestinesi ai piani di pace, in particolare il Deal of the Century, annunciato dall'Amministrazione Usa. Hanno accusato i palestinesi di buttare a mare innumerevoli opportunità e affermato che l’affare del secolo potrebbe essere l'ultima possibilità, la migliore per i palestinesi per raggiungere uno stato.
Khalid Ashaerah, altro giornalista saudita, ha tacciato i palestinesi di essere traditori e ha espresso la speranza che Israele li metta al tappeto.
Gli attacchi arabi contro i palestinesi riflettono un'intensa e crescente disillusione nel mondo arabo verso i palestinesi e ogni cosa ad essi collegata. Al centro di questo profondo senso di disillusione c'è la convinzione degli arabi che, nonostante tutto ciò che hanno fatto per aiutare i loro fratelli palestinesi negli ultimi 70 anni, i palestinesi abbiano dimostrato di tradire stati arabi e musulmani, con una costante ingratitudine verso il popolo. Tale visione è così diffusa in vari stati arabi al punto di accusare i palestinesi di tradire i loro fratelli arabi e musulmani, e, come dice un proverbio arabo, di sputare nel pozzo da cui hanno bevuto.
L'immagine si riferisce all'aiuto finanziario che i palestinesi hanno ricevuto per decenni da molti stati arabi.
Fino a pochi anni fa, erano gli egiziani a guidare la campagna anti-palestinese nel mondo arabo. Personaggi di spicco, giornalisti, scrittori e politici dei media egiziani sembravano gareggiare per chi attaccasse più duramente i palestinesi. Gli egiziani hanno concentrato le loro critiche contro il gruppo terroristico palestinese Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, l'enclave costiera confinante con l'Egitto. I media egiziani, che sono per lo più affiliati al regime del Presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi, vedono Hamas - ramo dell'organizzazione dei Fratelli Musulmani ora bandito in Egitto - come una minaccia per la sicurezza e la stabilità nazionale dell'Egitto e sembrano anche infastiditi dalle critiche palestinesi nei confronti di el-Sisi per aver sostenuto buone relazioni con Israele e l'Amministrazione Usa.
Hanno l’impressione che el-Sisi stia cospirando contro di loro, con la complicità di Israele e dell'Amministrazione Usa. Sottolineano, ad esempio, che lo scorso maggio, il primo ministro israeliano Netanyahu ha definito el-Sisi mio amico. Netanyahu aveva effettivamente ringraziato el-Sisi dopo che l'Egitto aveva inviato due elicotteri per aiutarli a spegnere gli incendi in Israele. Aveva detto: Vorrei ringraziare il mio amico il Presidente egiziano el-Sisi, per aver inviato i due elicotteri.
Invece di sostenere la loro causa, i palestinesi stanno insultando el-Sisi e il popolo egiziano, provocando la reazione di Azmi Mujahed noto giornalista egiziano: Voglio inviare un messaggio ai mendicanti palestinesi che hanno venduto la loro terra e se ne vantano maledicendo l'Egitto, il suo esercito e il Presidente. Siete persone spregevoli. Chi insulta il nostro Presidente insulta tutti noi.
Gli attacchi degli egiziani ai palestinesi hanno raggiunto il culmine nel 2014, quando diversi scrittori e giornalisti molto noti hanno invitato il loro Governo ad espellere i palestinesi e lanciare una rappresaglia militare contro la Striscia di Gaza.
Feroci le reazioni secondo cui i governanti di Hamas di Gaza stavano fornendo supporto ai gruppi terroristici filo ISIS che addirittura facevano guerra alle forze di sicurezza egiziane nella penisola del Sinai.
Lamis Jaber, giornalista egiziano, ha esortato il governo egiziano a espellere tutti i palestinesi e confiscare le loro proprietà. Ha anche chiesto di arrestare chiunque fosse solidale con i palestinesi. Noi diamo aiuto alla Striscia di Gaza e in cambio i palestinesi uccidono i nostri bambini. Sono cani e traditori. Jaber ha inoltre sottolineato che mentre i pazienti palestinesi vengono curati gratuitamente negli ospedali egiziani, i leader di Hamas se la godono in hotel a sette stelle in Turchia e Qatar.
Jaber è uno dei tanti egiziani che negli ultimi anni hanno condotto una campagna contro i palestinesi, mossa che riflette la delusione araba per ingratitudine e arroganza dei palestinesi. Il messaggio che gli egiziani stanno inviando ai palestinesi è: Siamo stufi di voi e della vostra incapacità di gestire le vostre azioni e di comportarvi da adulti. Siamo anche stufi di voi perché dopo tutti questi anni di sostegno e di lotta per la vostra causa, alla fine ci state sputando in faccia e offendete il nostro Presidente. Il battibecco si fa acceso ma fa parte dello stile martellante e monotono per gli occidentali, di accuse e ritorsioni tipiche tra gli organi di stampa, in assenza di dibattiti televisivi tra esponenti delle due parti capaci di condurli.
Anche i sauditi si danno da fare e pare giunto il loro turno di dire ai palestinesi come stanno le cose. Come i loro colleghi egiziani, molti blogger, attivisti e giornalisti sauditi hanno scelto i social media per denunciare i palestinesi con ferocia senza precedenti.
C’è chi descrive i palestinesi come terroristi e li accusa di aver venduto la loro terra agli israeliani, il che è vero.
Le denunce partono non solo dai sauditi, ma da un crescente numero di arabi in altri paesi arabi e musulmani, in particolare del Golfo. Sembrano anch’essi infuriati per i ripetuti attacchi palestinesi contro la famiglia reale in Arabia Saudita, in particolare il principe ereditario Mohammed bin Salman. Negli ultimi due anni, i palestinesi hanno bruciato bandiere saudite e fotografie di bin Salman durante le manifestazioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Perché mai?
Il principe ereditario è visto dai palestinesi troppo vicino a Israele e all'Amministrazione Usa e come gli egiziani, i sauditi si sentono traditi dai palestinesi.
Anche l'Arabia Saudita per anni ha dato ai palestinesi miliardi di dollari in aiuti, ma ciò non ha impedito loro di non perdere le occasioni per sfidare i leader sauditi. Anche i sauditi incominciano a dire che si sono stancati. Il loro oltraggio ha raggiunto l'apice lo scorso giugno, quando i palestinesi hanno aggredito un blogger saudita in visita al complesso della moschea di Al-Aqsa di Gerusalemme. I palestinesi hanno sputato in faccia al blogger, Mohammed Saud, e lo hanno accusato di promuovere la normalizzazione con il Paese visitando Israele. Da quell'incidente nel luogo sacro, molti sauditi e cittadini degli Stati del Golfo hanno scatenato attacchi quotidiani contro i palestinesi, soprattutto sui social media.
Il blogger saudita Mohammed al-Qahtani ha scritto: A tutti quelli in Israele che stanno ascoltando la nostra voce chiediamo di trasferire la custodia della moschea di Al-Aqsa dalla Giordania allo Stato di Israele in modo che non si ripetano le vergognose aggressioni al cittadino saudita Mohammed Saud.
Si tratta di una dichiarazione di uno scrittore saudita di portata straordinaria, inimmaginabile qualche anno fa: un cittadino saudita ammette di preferire che un sito santo islamico vada sotto la custodia israeliana piuttosto che sotto quella giordana, perché solo allora i musulmani si sentiranno al sicuro nella visita della loro moschea.
Altri sauditi sembrano totalmente scontenti delle relazioni dei palestinesi con l'Iran.
Hamas e la Jihad islamica, i due gruppi terroristici che controllano la Striscia di Gaza, ricevono aiuti finanziari e militari dall'Iran e sostegno politico dalla Turchia. I sauditi e gli altri stati del Golfo vedono l'Iran, non Israele, come la principale minaccia alla loro stabilità. Per questo negli ultimi anni gli stati si sono avvicinati ad Israele. Entrambi hanno un nemico comune: l'Iran. Sorprendentemente, Turki al-Hamad, giornalista saudita come si è detto all’inizio dell’articolo, ha fatto quello che molti leader occidentali si rifiutano di fare: ha osato condannare Hamas e altri gruppi con base a Gaza per aver lanciato missili contro Israele.
Al-Hamad, ha denunciato i palestinesi per essere diventati burattini nelle mani di Turchia e Iran. Commentando una recente raffica di attacchi missilistici dalla Striscia di Gaza contro Israele, ha anche dichiarato: L'Iran e la Turchia stanno affrontando una crisi - con un velato riferimento alle crisi economiche e politiche in Iran e Turchia - e i palestinesi stanno pagando il prezzo.
In altre parole, i palestinesi hanno scelto di allinearsi con l'Iran e la Turchia, che sostengono i Fratelli musulmani e altri gruppi estremisti come Hamas, la Jihad islamica e gli Hezbollah.
Sempre il saudita Mohammed al-Shaikh, ripete come un mantra l’accusa di sempre nel mondo arabo secondo cui ovunque vadano i palestinesi, causano problemi.
Su Twitter, ha chiesto di vietare ai palestinesi di compiere il pellegrinaggio islamico alla Mecca. Il suo commento è arrivato dopo che è emerso un video che mostra i palestinesi, durante il recente hajj, con bandiere palestinesi e che cantano: Con sangue, con anima, ti riscattiamo, Moschea Al-Aqsa! I sauditi hanno regole severe che vietano le attività politiche durante l'hajj e ci sono notizie fondate che Al-Shaikh abbia visto i palestinesi sfruttare il pellegrinaggio alla Mecca per organizzare una manifestazione e creare disordini durante lo hajj, mettendo in imbarazzo le autorità saudite.
I cani di Hamas, ha aggiunto al-Shaikh dopo aver visto il video, il prossimo anno dovrebbero essere banditi dalla celebrazione dell'hajj a causa del loro comportamento osceno.
Fahd al-Shammari, altro giornalista saudita, ha attaccato i palestinesi chiamandoli mendicanti senza onore. È arrivato perfino a scrivere: Una moschea in Uganda è più benedetta della moschea di Al-Aqsa, luogo sacro ebraico. I palestinesi possono solo incolpare se stessi per aver danneggiato le loro relazioni con gli Stati Arabi. Mordere la mano che ti nutre è sempre stata una politica per la quale i palestinesi hanno pagato un prezzo molto caro. Dare fuoco alle foto di leader arabi e Capi di Stato per le strade della Cisgiordania e della Striscia di Gaza è stato un errore. Non puoi la mattina bruciare le foto del principe ereditario saudita e la sera correre a Riyad per elemosinare aiuti. Non puoi un giorno inveire ai quattro venti contro il presidente egiziano e l’indomani andare al Cairo per cercare sostegno politico.
Una cosa è chiara: la stagnazione palestinese, dovuta soprattutto all'Autorità palestinese e ai leader di Hamas, impegnati ad avvelenare le menti della loro gente e a sbranarsi per cercare di ottenere un risultato. Con questo andazzo, i palestinesi potrebbero svegliarsi un giorno e scoprire che i loro fratelli arabi non vogliono più continuare a essere presi in giro da loro.
(consultazione: the times of israel, gatestoneinstitute.org/14845/why-arabs-hate-palestinians, washington post, daily alert, jerusalem centre for public affairs, arabi21.com, arab media report, al-ahram on line, al-ayad, the national, khaleej times, al-bayan, jordan times, al-nahar, hurriyet, iran daily, el-watan )