Marco Travaglio visto da Benny
Il Travaglio dei giornalisti
di Tito Giraudo
Marco Travaglio, il Direttore del Fatto quotidiano è la vera star della 7. Imperversa in tutte le varie trasmissioni e francamente mi farebbe piacere sapere quanto lo pagano, un po’ per invidia, un po’ perché mi sta francamente antipatico e quindi considerarlo una star prezzolata mitigherebbe un po’ il sentimento, non proprio benevolo, che suscita in me.
Urbano Cairo, è in tutto e per tutto un berlusconiano doc, forse non politicamente ma certo come imprenditore dell’etere e della carta stampata. Quando ha pensato di investire nelle televisioni, ha fatto sicuramente uno studio di fattibilità e ha cercato un segmento che non fosse occupato. Con la Sette ha continuato a fornire lo stesso prodotto che vivacchiava stancamente, ampliandolo e investendoci. Sono convinto che della politica a lui importi poco. Ha un target e un pubblico, soprattutto ha trovato un prodotto a basso costo. I politici non deve pagarli, i giornalisti si accontentano, Chapeau!
Certo, c’è una grande differenza tra il giornalismo di Mentana e i prodotti di intrattenimento a tema moral-politico. Il bacino d’utenza è trasversale, non è certo educativo, perché i dibattiti sono quasi sempre fasulli, ma tant’è, gli italiani, quelli che masticano di politica, sono a stragrande maggioranza dei tifosi e ai tifosi si da quello che serve alle squadre di calcio per fare quattrini, o ai Presidenti per avere visibilità e magari fare affari.
Berlusconi anche in questo è stato un precursore.
Tornando a Mentana, essendo l’unico vero grande giornalista televisivo, si è incaricato con il suo TG di moderare lo spirito settario di quasi tutti gli anchorman, però il prodotto in generale piace, senza riserve, solo alla categoria dei moralisti odiatori, fondata appunto, da Travaglio.
Veniamo a Travaglio. Francamente non so dare un giudizio politico su di lui. Il moralismo non è di sinistra, né di destra, tantomeno di centro. Si dice un liberale allievo di Montanelli, se lo fu, allievo, non è certamente del Montanelli dei tempi migliori ma di quello pieno di rancore che l’ha squallidamente consegnato ai suoi gambizzatori. Piuttosto Travaglio è un abile venditore di se stesso. Più Grillino di Grillo.
A pensarci bene pero, è solo l’ultimo anello di una catena il cui capostipite è Eugenio Scalfari. Quali sono le analogie tra il maestro e l’allievo?
Entrambi secondo me non sono dei veri giornalisti, sono due persuasori neanche tanto occulti che sanno approfittare delle congiunture politiche. Certo, oggi l’immagine ieratica di Eugenio non ha nulla a che vedere con quella luciferina di Marco. Io che ho conosciuto Scalfari quando aveva più o meno l’età di Travaglio, posso dire che non era dissimile. E’ stato un pessimo politico, prova ne è che non ha fatto alcuna carriera nel PSI. Prima lombardiano, poi Giolittiano, veniva a Torino con la verità in tasca, capostipite di quella dietrologia che è la vera piaga di questo Paese e che oggi trova la massima espressione proprio in Travaglio.
Scalfari è stato un grande editore, sia chiaro uno strano editore, di quelli che fondano i giornali esclusivamente con i soldi degli altri. Repubblica, è stato un capolavoro di opportunismo. Preso atto che il comunismo di Botteghe Oscure era alla canna del gas, non organizzativamente ma ideologicamente, ha creato un prodotto editoriale che guidasse la revisione e contemporaneamente rimescolasse la base sociale della sinistra: meno operai, più borghesi, anzi, piccolo borghesi.
La santificazione di Berlinguer è una sua operazione andata di pari passo con la demonizzazione di Bettino Craxi, a cui aveva giurato vendetta.
Poco importa se la linea politica dei due sia la principale responsabile del fallimento della svolta socialdemocratica della sinistra e di conseguenza del parto podalico del PD.
In tutto questo sta il limite politico di Scalfari, con Repubblica ha contribuito ad affossare il PSI e pure il vecchio PCI. In compenso ha inaugurato la categoria degli odiatori a tempo pieno. Alludo naturalmente a Berlusconi e al ruolo di Repubblica nella sua mezza demolizione.
Alcuni mi obbietteranno che ha eseguito gli ordini del suo socio in affari De Benedetti. Non lo credo, è da quando fu il Direttore dell’Espresso che è partita, se non l’era degli odiatori, quella degli scoperchiatori di complotti, mai scoperti veramente e soprattutto mai provati.
Con Craxi e Berlusconi però ha dato il meglio di sé, trasformando la sinistra, da gente tutto sommato tollerante, in odiatori professionali. Di qui sono nati stuoli di comici e giornalisti, i Grillo, i Santoro e infine Marco Travaglio.
Travaglio e Santoro. L’allievo ha superato il maestro.
Ma veniamo a Travaglio. Dicono che sgatta, sgatta, è di destra. Lo penso di destra Salviniana.
Lo seguo da anni, ma non sono mai riuscito a capire, a parte l’antiberlusconismo e il giustizialismo, cosa pensasse lui della politica, e soprattutto dell’arte di governare. Il suo non è il giustizialismo di Magistratura Democratica che aveva un suo fondamento ideologico, una strategia culminata con mani pulite. Travaglio è un post mani pulite.
Mentre Scalfari è riuscito a demolire senza costruire veramente nulla, e non solo per ragioni anagrafiche, Travaglio, non è riuscito a demolire neppure Berlusconi, nonostante gli autogoal del Cavaliere. In compenso ha fortemente contribuito a creare il Movimento Cinque Stelle e a tenerlo saldamente in vita, nonostante i limiti palesi della sua classe dirigente di ex disoccupati improvvisatisi alla politica.
Se Marco fosse vissuto in America sicuramente avrebbe diretto l’unico quotidiano Trumpiano di quel Paese. Detto questo terminerei dicendo che Travaglio è un discreto giornalista d’assalto, in politica, sono sicuro nonostante i suoi dinieghi che si consideri uno stratega.
Può darsi che riesca nell’intento di disarcionare gli attuali politici (bella forza), il risultato potrà avere due incognite: la prima vede gli attuali Pentastellati al Governo, la seconda un Governo dei giudici con qualche Sottosegretario pentastellato. Di gran lunga preferisco la prima soluzione.