Sergio Militti (Lentini, SR, 1972 - ) - Sardine
Sardine: l’aritmetica ha sempre ragione
di Tito Giraudo
Pur cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. E’ una delle poche regole matematiche che ricordo del mio scadente bagaglio scolastico. Dopo aver assistito televisivamente all’ultima adunata romana delle Sardine, mi è venuta in mente questa regoletta da scuola elementare che traduco così:
Se sommiamo:
Il PD
I Renziani
Le varie sinistre-sinistre
La sinistra 5Stelle
Le Sardine
Il risultato non cambia
Le sardine partendo dal mare bolognese si sono spostate in altri centri emiliani, visto il successo, dato che l’appetito vien mangiando hanno fatto una puntata a Torino, poi la mitica Piazza S. Giovanni di Roma: naturalmente mitica per la sinistra.
Un passo falso secondo me, perché troppo in fretta hanno svelato la loro natura ittica di pesce rosso invece che azzurro, anzi meglio: neutro.
All’inizio, presentandosi come rivolta educata e silenziosa contro le volgarità leghiste, pensavo fossero propedeutiche alle Regionali e a quel bravo Cristo dell’attuale Presidente. Le trasferte torinesi e romane mi hanno insospettito, soprattutto quella torinese dove guardando le riprese televisive ho scorto amici di sinistra, più o meno coetanei, molti di questi sfilanti con me ai Primi maggio e ai 25 aprile degli anni 60.
Allora mi sono detto: visto il successo bolognese, gli arzilli della sinistra si son mobilitati, si spiega così la svolta romana dove le sardine dopo aver dichiarato di essere degli anti odiatori sono diventati la calamita per gli odiatori professionali di oltre un ventennio.
Chi aveva l’Illusione fosse un’utile spontaneismo tipo maggioranza silenziosa, marcia dei 40.000, Madamine Si Tav, guardando la telecronaca romana lo scivolamento nell’arcipelago sinistro era evidente, non solo nelle facce e negli atteggiamenti ma anche nei discorsi sul palco, compresa la mussulmana odiatrice di Israele.
Solita minestra da sinistra-sinistra.
E allora mi chiedo: se erano partiti per sostenere Bonacini, hanno mandato a ramengo tutto quanto. Io se fossi Bonacini sarei sull’incazzato spinto, e se fossi Salvini tirerei un sospiro di sollievo.
Le Sardine mi danno agio di parlarvi dei miei amici emiliano-romagnoli.
Per una quindicina di anni ho bazzicato per lavoro da quelle parti, mi ci sono trovato benissimo facendomi parecchi amici pur dichiarandomi (anche esagerando un po’), uno di destra ex Socialista. Il massimo del peggio per quelle genti.
Certo, si parlava poco di politica e quando cercavo la battuta quelli che contavano mi zittivano facendo chiaramente capire i limiti della mia libertà di espressione.
Comunque, si mangiava, si beveva, si ristrutturavano alberghi, ho persino ideato “ciclo&vento” una fiera della bici in quel di Cesenatico.
Posso pertanto dire che un’idea di quel popolo me la sono fatta.
La sinistra emiliana, rispetto a quella torinese, se devo fare un paragone, è come la lega rispetto a “Liberi e Uguali”. Il pensiero provinciale e conservatore degli emiliani, fondamentalmente contadino è il tratto dominante.
Giovannino Guareschi, fu un genio politico nello scolpire gli emblematici Don Camillo e Peppone. Come Cassandra ha vaticinato il PD, e cioè l’incontro tra comunisti e cattolici, sostanzialmente, gli uni, poco o quasi nulla comunisti, gli altri catto comunisti di maniera, da sempre.
Di una cosa sono sicuro al di là delle ideologie del tutto di tradizione, quella è una popolazione fortemente legata alle proprie tradizioni contadine e artigianali, con una strana vocazione di tipo associativo in contraddizione con le rispettive Gilde.
Per spiegarmi meglio, vi propino la solita lezioncina pseudostorica.
Il Socialismo emiliano, fu un socialismo contadino molto diverso da quello del triangolo industriale. La vocazione associazionista diede potere alle Leghe e alle Coop che, da una parte li spinse verso una sinistra velleitaria e dall’altra però creò una classe dirigente di funzionari di Partito, di sindacalisti e quello che più conta di dirigenti manager.
Non è vero che le defezioni tra i socialisti furono solo dovute alla violenza squadrista, ben prima della marcia su Roma anche in Emilia il Fascismo fu un movimento di massa e a farne le spese furono soprattutto i Socialisti e il Sindacato e non risulta che durante il ventennio l’antifascismo Emiliano fosse superiore a quello delle altre Regioni.
Nel 45, tutti si affrettarono a portare in tintoria la camicia, tra un Comunismo demagogico e organizzato e un socialismo altrettanto demagogico ma disorganizzato, l’Emilia scelse il Comunismo come partito e la Socialdemocrazia come pratica politica. Una strana socialdemocrazia che da una parte esaltò la proprietà privata diffusa e dall’altra creò una mistica comunista che durerà mezzo secolo.
Nel frattempo, i contadini con poca terra si trasformano in artigiani e albergatori e, soprattutto questi ultimi, furono l’archetipo della contraddizione emiliana.
Nascono sulla costa migliaia di pensioni e alberghi, mentre a livello nazionale i capi fanno la morale al liberalismo democristiano, si cementifica la costa come neanche i Liguri (pure loro all’epoca di sinistra) seppero fare. Quando i socialisti (definiti “socialtraditori”) promulgarono la legge urbanistica, il sacco della costa Adriatica era praticamente compiuto. Nacque di conserva un tessuto artigiano e di piccole aziende che prosperò adeguandosi con l’evasione del resto del Paese.
Poche realtà private di grandi dimensioni, perché la cosiddetta cooperazione crea importanti realtà soprattutto in campo agricolo e nell’edilizia, uno strano collettivismo controllato dal funzionariato comunista che dallo Stato prende ma, allo Stato poco dà, con leggi fatte ad hoc grazie alla perversa spartizione tra DC e PC andata avanti fino a “mani pulite”.
La Romagna che ho conosciuto (e amato), era simile al Veneto, al Friuli che conobbi quando facevo l’edile e se questi si fanno amministrare dai Leghisti non vi è nulla di male che lo facciano anche gli emiliani.
Mi sta bene pure vinca Bonacini.
Non c’è bisogno che le Sardine scendano in piazza per sventare un pericolo inesistente.
Detto questo invece parliamo delle Sardine nazionali.
Non so come finirà il Movimento, se è riuscito Grillo a mettere in piedi l’ambaradam a 5 stelle può darsi che ci sarà trippa per gatti, anzi, sardine per gatti. Non credo, come ho detto all’inizio, che il risultato finale cambierà.
Per me le Sardine nascono vecchie, in scatola, anzi: in piazza.
Quando gli italiani la smetteranno di rinverdire le piazze, prima fasciste e poi comuniste, cantare Bella Ciao come cantavano Giovinezza, forse nascerà un Partito, anzi meglio un paio, che invece di chiacchiere demagogiche ed elettorali facciano capire alla gente che siamo usciti dal Novecento. Magari quello inventato da Bertolucci.
Buon Natale dal vostro marrano.