Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Jennifer Owens (Irlanda, 1982 - ) - Discussion Developed (2008)

 

Social media e Politiche Pubbliche: come i social possono influenzare il dibattito pubblico

di Giuseppe Aquino

 

In alcuni articoli pubblicati da altri autori su Nel Futuro sono stati analizzati gli impatti dei social media sulla politica e mostrati alcuni meccanismi utilizzati efficacemente dai politici per generare consenso.

I social media possono però avere importanti effetti anche sull’altro lato delle “politics”, ovvero le politiche pubbliche e l’agenda governativa (policy), generando anche consensi non solo sui singoli esponenti politici o partiti ma anche su particolari interventi o politiche di settore.

Ad esempio, una particolare campagna effettuata sui principali social media potrebbe orientare il consenso in merito ad una nuova politica di accoglimento di migranti e richiedenti asilo al fine di poter ridurre o aumentare sia le risorse stanziate che anche particolari diritti.

Un’altra campagna mediatica potrebbe essere volta al superamento dell’attuale sistema pensionistico, cercando di convincere elettori e cittadini in merito alla necessità di fare sacrifici oggi per avere un domani migliore o, al contrario, ad avere privilegi nel breve periodo senza guardare alle conseguenze sul lungo.

Allo stesso modo si potrebbe favorire una riforma del diritto del lavoro in ambito pubblico facendo leva sul caso dei furbetti del cartellino: poche mele marce che imbrattano la reputazione e l’operato di un’intera categoria ma che fanno molto rumore e sono un ottimo appiglio per promuovere determinati cambiamenti.

Ovviamente i tre casi citati sono solo dei semplici esempi, questo contributo vuole concentrarsi però sul meccanismo, ovvero il perchè i social media influenzano il dibattito pubblico.

Prima dell’avvento di internet e dei social media, tre erano le fonti principali grazie alle quali prendere decisioni informate in merito sugli interventi pubblici: i partiti, i giornali e le figure autorevoli di riferimento, ovvero esperti sia riconosciuti formalmente dalle istituzioni ma anche a livello informale nel proprio contesto. In alcuni casi tutte e tre le fonti potevano coincidere e/o essere incarnate dalla medesima persona.

Con l’avvento dei social media sostanzialmente le fonti non sono sostanzialmente cambiate: abbiamo le pagine ufficiali di partiti ed esponenti politici, pagine ufficiali di giornali ma anche dedicate all’informazione e quelli che vengono definiti influencer.

Quello che è cambiato è la maggiore “democraticità” delle fonti e velocità della società contemporanea.

Per scrivere su un giornale o su una rivista scientifica sono necessari esperienza, titoli e contenuti spesso soggetti ad un’autorizzazione preventiva per la pubblicazione; per scrivere liberamente su un social media basta avere un profilo o una pagina e tutti sono liberi di scrivere, leggere, condividere e, spesso, commentare: tutti possiamo farlo anche senza avere nessuna sostanza, la cosa importante è attrarre e far leva sul pubblico.

La maggiore democraticità non è un valore negativo, unita ad una società molto “veloce” rischia però di fare danni: se non si hanno le risorse per approfondire gli argomenti esposti, il rischio è quello di non essere in grado di prendere decisioni informate e di non riuscire a prevedere i risultati e gli impatti di determinate scelte (Brexit è il caso esemplare).

Per ridurre il costo dell’informazione e della decisione ci si è sempre affidati a fonti e a intermediari, la strategia di fondo non è quindi sostanzialmente cambiata ma la differenza sta nella modalità e nella qualità dell’acquisizione delle informazioni.

Quanti amici e conoscenti insospettabili sono stati abbindolati da bufale, catene di sant’Antonio e post falsi? Che si parli di migranti, politici e loro parenti, squali enormi o altro, i meccanismi sociali e psicologici alla base della mistificazione delle informazioni sono noti: le persone tendono ad aggregarsi sulla base di opinioni condivise appiattendo il pensiero critico, si tende a fidarsi incondizionatamente di quello che circola sui media “ufficiali” siano essi giornali o social network, si tende a salire sul carro del vincitore e così via.

Ovviamente questa leggerezza non è da condannare fino a quando è ristretta alla goliardia, all’intrattenimento e al farsi quattro risate tra amici.

Discorso diverso per quanto riguarda gli argomenti di pubblico interesse e le politiche pubbliche: ognuno ha il dovere di informarsi non tanto per creare una società migliore quanto per salvaguardare i suoi interessi nel breve e lungo periodo.

Quando parlo di “dovere di informarsi” ovviamente non intendo nulla di irrealistico ma solo due semplici cose:

  1. Controllare l’affidabilità delle fonti, per evitare bufale e pessime figure
  2. Controllare la veridicità dei contenuti anche tramite siti affidabili di fact checking che analizzano le dichiarazioni dei politici confrontandole con dati oggettivi e non con la percezione dell’uomo della strada.

L’informazione è sicuramente un costo, almeno in termini di tempo, ma se i social media rappresentano, da un lato, un rischio, dall’altro offrono anche molti strumenti per prendere decisioni informate a costi ridotti e anche facendosi qualche risata.

Basta cercare termini come debunking, bufale o fact checking e verranno mostrate molteplici pagine, abbastanza affidabili: il segreto è sempre quello di verificare l’affidabilità delle fonti….

E in ogni caso è sempre consigliabile staccare un attimo dai social media ed aprire un buon libro, un giornale o una rivista scientifica….

N.B. quest’ultima frase è essa stessa altamente retorica e populista dal momento che fa leva su un sentimento nostalgico di ritorno al passato e alla carta anche se non viene espressamente citata ma è sottointesa: libri, giornali e soprattutto riviste scientifiche si possono leggere benissimo sia su mobile che su pc, sia offline che online… L’importante non è solo l’autorevolezza del mezzo ma anche la qualità del contenuto: posso leggere un libro spazzatura cartaceo come un buon libro su tablet… Posso leggere una rivista di gossip su carta come una rivista scientifica accademica sul cellulare (e quest’ultimo caso mi capita spesso).

 

Inserito il:27/11/2018 17:04:38
Ultimo aggiornamento:27/11/2018 17:25:13
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