Santiago Lopez Velasquez (Medellin, Colombia, 1996 - ) - Rio de Janeiro
Dal letame nascono i fior
(De André, “Via del Campo”)
di Graziano Saibene
Anche da una tragedia globale, come quella che stiamo vivendo, chissà che non possano scaturire insperate conseguenze, capaci di migliorare, per quanto possibile il nostro umore. I “media” dei paesi fin qui coinvolti cercano di consolare le popolazioni giustamente impaurite, trovando spunti per riflessioni positive.
Qui a Rio de Janeiro, il campanello d'allarme per l'arrivo del maledetto coronavirus è appena squillato. Sono state emanate le prime direttive, disordinatamente e senza alcun coordinamento fra i vari stati della confederazione, ripetendo in gran parte tutti i gravi errori che abbiamo commesso in Italia, e, in generale, in Europa.
Come c'era facilmente da aspettarsi, solo una minoranza della popolazione le ha prese sul serio.
Anche qui, come ormai dappertutto, hanno prevalso le “fake-news”, con l'aggravante locale del pessimo esempio che si è premurato di dare subito proprio il presidente Bolsonaro.
La settimana scorsa era andato, con la sua cerchia di fedelissimi, fra cui alcuni ministri, ad una cena organizzata nella casa in Florida del suo degno compare americano, Donald Trump. Per sua sfortuna, uno dei suoi accompagnatori è risultato, (solo al rientro?) contaminato, e, alla verifica successiva, anche molti altri della comitiva presidenziale!
Malgrado ciò, domenica 15 marzo, ha voluto essere presente a Brasilia alla manifestazione, che lui stesso aveva da tempo sollecitato in appoggio al suo governo e contro le altre istituzioni (Congresso, Corte Suprema). E in tale occasione, non ha fatto nulla per limitare i rischi, sia per sé che per tutti quelli a cui ha stretto le mani, o con cui ha voluto farsi immortalare in numerosi “selfies”. La frase che ha proferito subito dopo, rispondendo a chi gli contestava quel comportamento, - che esemplifica da sola la sua visione egocentrica - è stata: “Se mi sono contagiato, la responsabilità è mia!”.
Nessuno sa come ciò evolverà, ma, a questo punto non sono pochi a pensare alla possibilità che Bolsonaro vedrà interrotto in qualche modo il suo mandato presidenziale: per assoluta incapacità, non appena di gestione, ma di equilibrio mentale. Potrebbe essere per una licenza medica, o per rinuncia, o per impeachment.
Questi pensieri sono sempre più frequentemente espressi in riunioni di parlamentari, autorità e impresari, a Brasilia come nei centri decisionali del Paese. Con quest'ultima dimostrazione di irresponsabilità, il tema ha guadagnato dimensioni allarmanti: a tal punto che lo stesso Bolsonaro, sentendo puzza di bruciato, dichiara spontaneamente che sarebbe “golpe” cercare di isolare il presidente, magari con una prescrizione medica, che lo metta in quarantena almeno fino a quando non sarà garantito che non è contaminato dal coronavirus.
Il ministro della salute, Luiz Henrique Mandetta, che corre il rischio di entrare nella lista nera di Bolsonaro per gli elogi che continuamente riceve per la sua azione sensata ed efficiente durante la crisi, è stato molto attento alle parole usate, dicendo che partecipare a manifestazioni è comportamento “non adeguato”.
“Isolare” il presidente può significare anche dirigere il paese senza dipendere da lui, con i settori più responsabili del governo e tutti gli altri centri di potere che prendono le decisioni necessarie. Ignorando un presidente che invece di impegnarsi a fare il leader di un comitato di emergenza per combattere le crisi di salute pubblica ed economica, si perde ad affrontare intrighi interni al palazzo e teorie cospiratorie che corrodono la sua mente, e lo portano a comportamenti errati.
Il fatto è che Bolsonaro mostra, con frequenza preoccupante, di non essere in grado di occupare la carica per cui è stato eletto, proprio in un momento come quello che stiamo vivendo, che esigerebbe invece capacità di essere d'esempio, di lideranza, di mobilitazione per attuazioni comunitarie.
Ma la sua sviluppatissima capacità di reazione per difendere il potere che si è ritrovato in mano, gli permetterà ancora per qualche tempo di sopravvivere. Anche se oramai diventa sempre più chiaro anche ai suoi elettori, che il suo obbiettivo principale, se non l'unico, sarà d'ora in avanti, quello di assicurarsi la continuità delle “decime”, (cioè nel suo caso le preferenze degli elettori), proprio come il suo grande sponsor Edir Macedo, auto proclamatosi vescovo e leader della Chiesa Universale del Regno di Dio, la comunità evangelica più largamente diffusa in America Latina, dove possiede importanti reti televisive. Anche il “Bispo” Macedo farà di tutto per non compromettere le sue di decime, cioè la raccolta a cui si sottopongono mensilmente tutti i suoi fedeli.
Intanto, proprio mentre sto compilando queste note, si succedono eventi significativi e coerenti con l'argomento trattato.
Infatti, nella notte appena trascorsa (tra il 17 e il 18 di marzo) hanno cominciato a rimbalzare nelle più popolose città del Brasile quelle particolari manifestazioni del tipo di quelle che avevano fatto precipitare verso l'impeachment la presidenta Dilma Roussef: cioè i cosiddetti “panelaços”, che consistono nel rumoreggiare tutti contemporaneamente battendo pentole (panelas) e coperchi alle finestre delle proprie abitazioni, al grido di “Fora Bolsonaro!”.
Nelle stesse ore veniva dal governo creata una commissione di salute pubblica per editare il primo di una serie di decreti, e dichiarare lo stato di calamità per tutto il Brasile. Ciò è significativamente arrivato subito dopo il panelaço, e pochissimo dopo il clamoroso voltafaccia di Donald Trump negli Stati Uniti.
Oramai Bolsonaro si stava sentendo troppo solo a sostenere che la pandemia era diffusa soprattutto dai media e da tutti i poteri occulti che vogliono interferire illegittimamente nel suo legittimo mandato.
Dalle prime reazioni, (borse locali in caduta libera, corsa sfrenata al dollaro e all'oro), non è servito proprio per calmare la situazione.
Lo vedremo meglio al prossimo capitolo.