Anna Varkhameyeva (Donetsk National University) - Paintings Of War In Separatist-Controlled Donetsk (2014)
“Donbass stories” di Giorgio Bianchi: un libro per documentare con immagini la tragedia del Donbass
di Paolo Molena
(in corsivo vi sono alcune parti di ricostruzione storica necessarie a comprendere meglio gli eventi di cui parla il libro.)
“C’è un aggressore e c’è un aggredito!”. Dal 24 febbraio questa è una parola d’ordine che precede qualsiasi dibattito sulla guerra in Ucraina e che il conduttore di turno ha il compito di ripetere. Ed anche chi ha qualche dubbio su come si sia originata quella guerra deve ripeterla per poter accedere al dibattito successivo.
Qualche conduttore più audace poi dipinge l’Ucraina come un paese pacifico e democratico, insomma una Svizzera dell’est Europa, la cui esistenza è stata interrotta dalla brutale aggressione del “tiranno” di Mosca.
Sulla storia di questa terra, che ai tempi dell’Unione Sovietica era una delle zone più ricche e sviluppate del Paese e che si è ridotta a condividere con la Moldavia il record di paese più povero d’Europa, apre una finestra di immagini il libro di Giorgio Bianchi “Donbass Stories”. Soprattutto immagini, perché Bianchi, prima di essere un giornalista, è un ottimo fotografo.
Dopo essersi occupato di numerose zone di conflitto sparse per il mondo, dal 2013 documenta ciò che succede in Ucraina. Nel 2014 era presente in piazza Maidan.
E’ da un mese che vi sono continue manifestazioni, organizzate dal partito di estrema destra Pravyj Sektor, contro il presidente Janukovic, regolarmente eletto nel 2010 ed espressione della metà russofona del Paese. Victoria Nuland, inviata dal Segretario di Stato USA John Kerry, si incontra più volte con i leader dei manifestanti e ha già pronto un governo per l'Ucraina che dovrà sostituire quello nominato da Janukovic. Celebre a questo proposito la telefonata (1), pubblicata il 4 febbraio su YouTube, con l'ambasciatore statunitense in Ucraina, Geoffrey Pyatt. Dopo avergli esposto i nomi delle persone che lei voleva nel nuovo governo, l’ambasciatore gli dice che bisognerebbe consultare l’Europa. Lei risponde "fuck EU". Ma in questo caso la “rivoluzione colorata” sembra non riuscire.
Arriva il 20 febbraio; è di Bianchi la foto del manifestante che si volta terrorizzato quando sente che dal tetto dell’Hotel Ucraina (la loro roccaforte) stanno partendo delle raffiche di proiettili che iniziano a colpire sia manifestanti che poliziotti. Un gruppo di contractors georgiani (2) (3) sono stati arruolati e portati sul tetto di quell’albergo per “uccidere più persone possibile”.
Vi sono più di ottanta morti, tra manifestanti e poliziotti e la strage ha il suo effetto; viene fatta circolare la voce che i cecchini sono dei militari inviati da Janukovyč per sedare le manifestazioni. Il Presidente, temendo per la sua vita, scappa a Mosca. Una folla inferocita marcia sul Parlamento che è costretto ad insediare un nuovo governo. Il Primo Ministro è il candidato della Nuland, Arseniy Yatsenyuk.
Si instaura un clima di repressione verso la componente russofona. Il 2 maggio ad Odessa vengono bruciate vive da attivisti di Pravyj Sektor almeno 40 persone che si erano rifugiate nella Casa dei Sindacati, mentre le regioni russofone di Lugansk e Doneck dopo un referendum proclamano la loro indipendenza.
Il 25 maggio si svolgono le elezioni presidenziali e viene eletto il candidato filoccidentale, l’oligarca Petro Porošenko, che si mette subito al lavoro:
- mette al bando la lingua russa (che era la lingua di almeno un terzo del paese) e che, da allora, non può più essere insegnata nelle scuole.
- si impegna nel reprimere militarmente la secessione di Lugansk e Doneck. Non potendosi fidare dell’esercito (poco motivato nell’impegnarsi in una guerra civile) dà mano libera a battaglioni finanziati dagli oligarchi locali e arruolati nell’Ucraina occidentale da Pravyj Sektor e da altri gruppi di estrema destra e dichiaratamente filonazisti come il battaglione Azov
- nel 2015 mette al bando il Partito Comunista, che nel 2012 aveva ottenuto più di due milioni e mezzo di voti. Stessa sorte subiranno poi i partiti della parte russofona del Paese. Chiude anche le emittenti radiofoniche e televisive che trasmettono in lingua russa.
- nel 2018 contribuisce a creare la Chiesa ortodossa autocefala ucraina, separando le chiese ucraine dal Patriarcato di Mosca
Bianchi ha seguito la lotta delle repubbliche del Donbass per resistere all’aggressione dell’esercito di Kiev..
Per far conoscere questa lotta, fino al 24 febbraio ignorata da stampa e televisioni dell'Occidente, gira il docufilm “Apocalypse Donbass” che descrive il conflitto da entrambe le parti. Deve però affidare ad altri le scene da girare dietro le linee ucraine. Infatti il suo nome è stato inserito sul sito Myrotvorets, che pubblica informazioni personali su coloro che sono considerati "nemici dell'Ucraina". Su questo sito era comparso anche il nome di Andrea Rocchelli, giornalista italiano ucciso il 24 maggio 2014 da un colpo di mortaio sparato dell’esercito ucraino.
Anche dopo il 24 febbraio Bianchi, che vive a Roma, è sposato e ha un figlio, è tornato più volte a Donetsk per documentare le condizioni in cui vive da anni la popolazione di quella città, che da otto anni è sotto il fuoco degli Ucraini senza che i media occidentali, ed in particolare italiani, ne facciano cenno.
Donbass Stories è diviso in varie sezioni dedicate ad eventi o a personaggi. Un breve testo presenta ogni sezione, ma senza approfondire come si è arrivati alla guerra. Su questo vi sono altri libri ed altri filmati. Qui la parola passa alle immagini e le immagini spesso sono più eloquenti di qualsiasi testo. La sezione iniziale è dedicata a Piazza Maidan che la propaganda occidentale presenta come una “rivolta popolare”. Le immagini dicono altro. Le altre sezioni, sono dedicate ai milioni di ucraini russofoni che resistono ad un Occidente che ha deciso di cancellare la loro identità di popolo.
Vi sono sei sezioni dedicate alla vita nelle regioni di Lugansk e Doneck. da otto anni assalite e bombardate dall’esercito ucraino.
Nel febbraio 2015, dopo un anno di scontri sanguinosi, la cancelliera Merkel e il presidente francese Francois Hollande si impegnano in una mediazione tra le parti che alla fine sembra essere fruttuosa. Gli accordi di Minsk prevedono inizialmente la cessazione degli scontri e il ritiro degli eserciti, quello di Kiev e quello delle due repubbliche a 15 chilometri da quella che allora era la linea di contatto. Successivamente in Ucraina vi dovrà essere una riforma costituzionale che garantisca alle due repubbliche una ampia autonomia. Il modello era l’autonomia che in Italia ha ottenuto l’Alto Adige.
Il motivo per cui dopo gli accordi non ci sarà nessun cessate il fuoco, nessun ritiro e nessuna riforma costituzionale ce l’ha spiegato Angela Merkel in una intervista, poi confermata anche da Hollande, pubblica il 7 dicembre 2022 dal giornale Die Zeit: “gli accordi di Minsk del 2015 sono stati un tentativo di dare tempo all’Ucraina”. Tempo che servirà alla NATO per preparare l’esercito Ucraino allo scontro con la Russia.
Dopo il 9 febbraio 1990, quando il Segretario di Stato americano James Baker assicurò Gorbaciov che dopo il crollo del muro “la NATO non si sarebbe espansa ad est neppure di un centimetro" (5), l’Occidente ancora una volta mente.
I Russi ormai l’hanno capito e stanno reagendo alla guerra che la Nato muove contro di loro con la stessa determinazione con cui hanno reagito quando nel passato, prima Napoleone e poi Hitler, hanno tentato di sottomettere, senza riuscirci, il loro Paese.
“Non bisogna invadere la Russia” è una delle poche leggi individuabili dallo studio della storia secondo lo storico Alessandro Barbero. (6)
L'ultima sezione del libro è dedicata alla Crimea, anch'essa abitata in larga maggioranza da russi. Nella sua introduzione Bianchi spiega come mai non ha seguito, nel 2014, la sorte di Lugansk e Doneck.
In effetti fino al 1954 la Crimea faceva parte della Federazione Russa, poi l’allora leader dell’URSS, l’ucraino Krusciov, senza alcuna consultazione popolare la “regalò” all’Ucraina. Comunque lo spostamento avveniva all’interno dello stesso stato. Con la caduta dell’URSS la Russia non ne chiese la restituzione, ma l’Ucraina si impegnò a mantenere la presenza dei militari russi nella base di Sebastopoli e a lasciare al parlamento locale un’ ampia autonomia. Allora fu un accordo tra due stati alleati.
Quando, dopo Maidan, anche il locale parlamento indisse un referendum, la larga maggioranza degli abitanti decise di tornare alla Russia. La presenza dei militari russi impedì che questa regione subisse la sorte di Lugansk e Doneck. L’Ucraina, allora, non si sentiva pronta ad uno scontro con la Russia. Dico allora perché adesso Zelensky, con l’aiuto dell’Occidente, ha deciso di riconquistarla.
- F*** the EU: Alleged audio of US diplomat Victoria Nuland swearing On Demand News
- Quelle verità nascoste sui cecchini di Maidan - Insideover by Il Giornale.it - 6 Maggio 2018
- Kiev 2014: chi sparò davvero a Maidan? Il manifesto. Edizione del 15 febbraio 2018
- Per Angela Merkel gli Accordi di Minsk furono un tentativo di dare tempo all’Ucraina - Il faro di Roma Il faro di Roma - 9 dicembre 2022
- “La Nato non avanzerà verso est neppure di un centimetro” - giorni di storia - 25 febbraio 2022-
- Mai invadere la Russia - canale di Alessandro Barbero su Youtube