Joaquín Sorolla y Bastida (Valencia, Spagna, 1863 - Madrid, 1923) - La Siesta, Asturias
La siesta (11)
di Gianni Di Quattro
Le statistiche dicono. Che tra la tv di Alberto Angela e quella di Maria De Filippi nella stessa serata vince quest’ultima in termini di audience. Le piazze in cui Salvini arringa la folla eccitandola contro qualcosa o qualcuno, annunciando provvedimenti senza spiegare come poterli attuare economicamente, costituzionalmente, umanamente, sono sempre piene di gente e di entusiasmo. Il popolo non ha pietà per chi perde anche se è migliore di altri, anche se è un peccato per il paese che abbia perso, siamo in questo figli degli antichi romani. I casi di razzismo si diffondono contro tutti i diversi dal colore della pelle alle tendenze sessuali, si cerca di non ammetterlo, ma le statistiche dicono pure questo.
Quando muore un pensatore, un filosofo, come è il caso di Emanuele Severino, a prescindere che le tesi da lui sostenute siano capite e condivise, è una perdita pesante per ogni singola persona anche se non percepita.
Gli ultimi atteggiamenti (forse sarebbe meglio dire perfomance) del leader leghista, Salvini (detto il capitano), tra digiuni, annunci di libri da scrivere in prigionia, dichiarazioni per affermare la continuità della sua politica con il socialismo, impegni per la difesa del suolo patrio, eccetera, fanno riflettere sul suo ruolo e su quello che sta accadendo. In fondo il personaggio rappresenta l’ideale per la destra del paese, la destra quella vera fatta da interessi finanziari, ecclesiali, sociali e di privilegio, perché sa raccogliere consenso e voti, ha un livello culturale e umano manovrabile e può accontentarsi di godere del potere solo sapendo che lo ha anche se lo hanno quelli che lo tengono dove è. Il rischio tuttavia non è da sottovalutare. Infatti, la destra del paese (sempre quella vera) così pensava di fare con Benito Mussolini e poi è finita che il personaggio si è reso indipendente ed è andata come doveva andare prima o dopo. Forse Salvini, dicono tutti, non è come la buonanima, ma comunque si tratterebbe di cadere dalla padella nella brace per il paese. Stiamo vivendo una storia ai limiti del bizzarro e del baratro.
Questo è l’anno in cui i cinque stelle raggiungeranno la irrilevanza politica, il loro ruolo si è esaurito perché non hanno niente da dire al di fuori di alcune vuote e generiche parole e poi perché hanno dimostrato, anche ai più sprovveduti, che non sanno recitare. Intanto stanno sostituendo il capocomico.
Il Partito Democratico è sempre più defilato (le personalità di spicco sono sempre più modeste) ma al suo interno è sempre lacerato. Chi lo vuole aperto, chi lo vuole barricadero, chi lo vuole alleato con i 5 stelle (mentre i 5 stelle scompaiono), chi lo vuole coraggioso e lo invita a rischiare, chi lo vuole sempre più rappresentante della burocrazia e dello statalismo, chi lo vuole liberale, chi lo vuole conservatore del passato. Il suo grande problema è la mediocrità del suo management oltre alla mancanza di visione del futuro della società, del mondo. In queste condizioni si può fare politica solo come Trump o Salvini (che sono bravi ad essere come sono), ma non si può fare di più.
I cinque stelle hanno dato una grossa mano a far cadere il Governo attuale di destra in Sicilia non approvando il bilancio preventivo e quindi bloccando tutte le attività. Non che il Governo regionale stesse facendo qualcosa di importante a parte la solita ripartizione di incarichi, prebende e commesse ad amici e amici di amici. Fino a quando i siciliani non la smetteranno di votare questi improbabili personaggi che giocano a fare i politici e che sanno come utilizzare il potere, la situazione continuerà come ora. Sino alla prossima invasione probabilmente, la storia non si ferma e si estende nel tempo, infatti.
Dopo i contrasti e le polemiche della ultima tornata elettorale è evidente che Hillary Clinton non appoggi Bernie Sanders (persino accusato di sessismo) e invece parteggi per la Elizabeth Warren. Ma la Clinton porta ancora voti, è dentro ancora a qualcosa (magari grazie a Bill) o stiamo parlando del niente?
Le dimissioni del direttore generale della BBC, che negli ultimi sette anni ha diretto con grande successo la prestigiosa emittente inglese, dimostrano che tutto il mondo è paese. E soprattutto che è difficile fare il proprio mestiere in modo indipendente e libero quando al governo ci sono un certo tipo di personaggi che non consentono dissensi o manomissioni al proprio potere. Succede ovunque anche dove il civismo e la democrazia sono caratteristiche consolidate di un popolo e questo è molto inquietante.
I media seguono poco le vicende dell’economia del paese, riferiscono i dati di borsa, parlano delle imprese quando qualche dato importante di cronaca lo richiede (fusioni, integrazioni, fallimenti, cambi importanti di azionariato o al vertice, abbandono del territorio), poi silenzio, nessuna analisi, nessuna verifica, in attesa dei comunicati stampa delle aziende medesime. Prendiamo il caso Fiat, anzi meglio FCA che ha comunque un rilievo non di poco conto per il paese e nell’ambito internazionale. La fusione con Peugeot Citroen è fatta in modo paritetico con il gruppo FCA, il Presidente sarà John Elkann, ma la conduzione operativa passa ai francesi. Dai francesi dipenderà anche lo sviluppo visto che la loro tecnologia specie nel settore dell’elettrico (il futuro) è all’avanguardia al contrario di quella FCA, che ha una supremazia nel diesel che però è nella fase finale della sua vita. Questa problematica sarebbe interessante da seguire non solo per quello che FCA significa per il nostro paese, ma perché è un esempio di come si esce dal mercato quando non si hanno i valori tecnologici e professionali indispensabili e non sempre è solo un problema di soldi o finanziario che dir si voglia.
La elezione di una donna alla Presidenza della Repubblica Greca è una buona notizia in generale. Ci fa anche dire che sulle ali del progresso civile il nostro paese non è proprio in prima fila.