Keith Haring( Reading, Pennsylvania, 1958 – New York, 1990) – Untitled (1988)
Populismi italiani, People e primarie
di Bruno Lamborghini
Sono usciti in Italia diversi saggi sul populismo che sembra dominare l’Italia. Marco Revelli ha scritto “Populismo2.0”, Ilvo Diamanti e Marc Lazar, “Populocrazia” e Andrea Boitani con Rony Hamaui, “Scusi prof, cos’è il populismo ?”.
Il populismo che si è manifestato in Italia, analogamente a quanto sta avvenendo in altri paesi europei e altrove (si pensi al populismo via Tweet di Donald Trump), trae origine principalmente da alcuni effetti negativi conseguenti alla globalizzazione e soprattutto dalla crisi economico-finanziaria del 2007-2008.
Si tratta in generale di forme di ribellione sociale, certamente motivate, contro le disuguaglianze prodotte dalla polarizzazione di redditi e patrimoni e la sparizione delle classi medie con l’emergere di crescenti fasce di povertà e in Europa anche a causa della perdita di sovranità, determinata dall’Euro e dai vincoli di Maastricht.
A ciò vanno aggiunti il rifiuto e la paura per i flussi incontrollati di immigrati con manifestazioni di razzismo e divisioni, se non anche di violenza.
Queste forme di conflitto sociale contro le elite, i poteri forti, le classi ricche dominanti , un tempo le monarchie, hanno sempre caratterizzato secoli di storia.
Molto spesso, esse sono sfociate nella formazione di nuove elite come nella rivoluzione francese o nei Soviet, o in forme dittatoriali quali il nazifascismo e in tanti altri casi, un elenco molto lungo, ripetendo formule e strumentazioni politiche ben note.
Quindi, talvolta si è andati verso governi autoritari guidati da leader carismatici, aiutati spesso degli stessi poteri forti che tornavano così alla ribalta, o molto spesso verso populismi, spesso mediatici e temporanei, che tendono a svuotarsi per impreparazione ed incapacità di rispettare quanto proposto agli elettori.
La storia ci insegna che i regimi populistici come quelli autoritari contengono i semi della loro distruzione e cioè la negazione dei diritti fondamentali di giustizia e libertà.
La domanda che ci si pone nei diversi saggi citati è se il populismo italiano è diverso da quanto sperimentato in altre epoche storiche o in altri paesi . Ed ancora: se è immaginabile uno sbocco verso forme autoritarie?
Occorre considerare che nel caso italiano vi è un elemento anomalo in quanto i movimenti populistici al governo sono due (o forse più se si considerano le diverse componenti interne), tra loro antagonisti e con obiettivi diversi (nonostante siano uniti formalmente dal cosidetto contratto).
In sostanza, l’anomalia è tale che le due componenti sembrano rinviare ogni decisione in attesa che uno di loro decida di uscire dalla coalizione per andare al voto.
L’esito elettorale delle europee del 26 maggio appare come una data determinante a questo proposito, ma nulla è certo.Nel frattempo, entrambi cercano di trarre qualche vantaggio dalla coalizione, pur con notevoli sofferenze da parte dei loro elettori.
Il caso italiano è quindi di populismi sui generis, molto mediatici, diversi da altre esperienze e come tali, ricchi di contraddizioni, voltafaccia, ricerca di simboli astratti che possano garantire almeno formalmente il rispetto dei valori per i quali essi sono stati eletti (Il caso della Tav è emblematico).
Ne risultano comportamenti spesso incomprensibili da parte degli osservatori esterni
E’ pensabile uno sbocco autoritario? Le risposte appaiono negative, pur se con qualche preoccupazione, in conseguenza delle caratteristiche proprie dei movimenti coinvolti e dei loro leader.
Le preoccupazioni sono rivolte piuttosto agli effetti degli interventi politici messi in atto od anche solo annunciati, tenuto conto che l’Italia è da anni sotto stretta attenzione internazionale per il livello del debito pubblico e per la bassa produttività economica.
Né d’altronde per il momento sembrano prospettarsi sbocchi alternativi, tenuto conto della debolezza ed incertezza delle opposizioni, sia del centro sinistra che del centro destra.
Resta il fatto che molti dei fattori alla base dei risultati delle votazioni del 4 marzo 2018 e del successo dei movimenti populistici, si sono ulteriormente aggravati, in campo economico e sociale, quali la crescita delle fasce di povertà, la disoccupazione giovanile, la grave carenza di investimenti infrastrutturali e dell’innovazione tecnologica.
L’Italia sta continuando a perdere nelle classifiche internazionali e l’aggravarsi della crisi nel corso del 2019 e prevedibilmente anche nel 2020 potrà forse portare nei prossimi mesi alla crisi ed al termine dell’attuale coalizione di governo.
Vi è anche da considerare che la componente grillina sta vivendo al suo interno una crisi di identità e di incapacità di affrontare un contesto politico complesso con conseguenze sempre più difficili da gestire nel rapporto con la Lega e quindi non è da escludere una conclusione a breve del connubio.
Vi è anche un obiettivo internazionale di Salvini al fine di favorire una nuova Europa statalista che potrebbe nascere dalle prossime elezioni europee, una Europa senza vincoli di bilanci nazionali, di fatto una non-Unione Europea, da cui si può eventualmente uscire o comunque non rispettarne i vincoli. E’ auspicabile e prevedibile che le elezioni europee non segnino una vittoria degli statalismi, ma invece aprano opportunità per un nuovo ripensamento dell’Europa.
Credo che, al di là della sorte dei populismi italiani, stia per fortuna emergendo qualcosa di nuovo.
Forse l’Italia sta iniziando ad “uscire dal silenzio”, come mi rammaricavo in un mio articolo di molti mesi fa su Nelfuturo.
La grande adunata di People a Milano sabato 2 marzo è un segnale forte che finalmente una nuova Italia si sta svegliando e propone nuove strade non solo contro il razzismo e per l’accoglienza, ma per riprendere la via per la ricostruzione del paese, un paese che sembra uscito da una guerra (basti pensare al disfacimento dei ponti e del territorio) e ridare speranza di futuro ai giovani ed a tutti i cittadini.
Anche la grande partecipazione di un milione e ottocentomila votanti alle primarie del PD domenica 3 marzo ha un significato importante e pieno di promesse per una nuova stagione politica e la nuova segreteria deve operare in questa direzione.
Ai Gazebo ho visto in fila anche tanti giovani e questo è un segno forte che in Italia sta rinascendo una volontà di gestire un nuovo modo di fare politica.
Devo concludere che il bicchiere che per mia natura tendo sempre a vedere mezzo pieno, ma che nell’ultimo anno si era vuotato, sembra tornato un po’ a riempirsi.