Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Ekaterina Panikanova (San Pietroburgo 1975 - ) - Collage

I libri della mia vita.


Ho imparato a leggere per amore, anzi, per furiosa passione.

Ero l’unica in famiglia a non saper decifrare quei segni magici e stupefacenti che stregavano coloro che li sapevano interpretare, portandoli da un’altra parte, in luoghi inaccessibili e lontani dai quali non rispondevano se non riscossi o richiamati più volte.

Li trovavo tutti immersi nella lettura, o chini sulle scrivanie con penne e matite, estranei e scostanti.

Io, la bambina piccola, passavo dall’uno all’altro, tirando maniche, sbirciando da dietro le spalle, arrampicandomi sulle poltrone e sempre mi scontravo con quegli astrusi insensati, piccoli disegni.

Non vista, aprivo armadi pieni di libri, li toccavo, cercavo quelli con le copertine rigide, li portavo in giro come bambole, fingevo di capirli, inventando ad alta voce strane storie.

Infine, insoddisfatta e arrabbiata, prendevo una matita e con ira scarabocchiavo sui quei segni.

Finalmente rubando una lettera qui e una là, tormentando ogni volta qualcuno finché me ne spiegava il significato, i segni divennero parole e io imparai a volare.

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Jessie Willcox Smith (1863-1935) – Bambina che legge un libro di animali

Viaggiai anch’io in quei lontanissimi mondi, dai quali non riesci e non vuoi tornare, e mi meritai molte punizioni per queste spedizioni proibite.

Il piacere della lettura divenne il mio divertimento assoluto.

Fu più che un divertimento, fu una zattera di salvataggio, un mezzo di sopravvivenza.

I libri ci sono sempre.

Portano gioia e amicizia.

Sempre trovano le parole giuste.

Sono come tu li vuoi.

Sono l’amico del cuore.

La mia è un’appassionata dichiarazione d’amore, certo, ma non si può negare che il libro sia un  mezzo di comunicazione, un testimone per il futuro, un archivio del passato, un tentativo riuscito per trasmettere idee, esperienze, progetti, scoperte, ipotesi, dubbi, conquiste.

Raramente gli innamorati scrivono belle lettere d’amore. La passione li rende eccessivi e roboanti o timidi fino al mutismo.

Per esprimere sentimenti appassionati bisogna ricordarla, la passione, occorre vederla da lontano, dall’alto.

Il distacco permette eleganti e raffinate descrizioni e, paradossalmente, la magica ricostruzione del sentimento in parole.

Il mio amore per i libri mi rende complicato e confuso il parlarne.

Ne ho letti tanti, ma non sono mai sazia.

Moltissimi li ricordo, parecchi li ho dimenticati.

Tuttavia potrei raccontare la storia della mia vita attraverso i libri che, come pietre miliari, ne hanno marcato il tragitto, poiché, tra i tanti, ci sono i particolari, quelli che rileggo periodicamente o quelli che mi hanno segnato per sempre.

Ne consegue che ci sono autori per i quali ho un affetto profondo, con cui ho dialogato a lungo e che ancora vado “ a trovare” per avere conforto.

Uno dei ricordi più dolci della mia infanzia è la lettura della domenica mattina, seduta in un angolo della cucina su un piccolo panchetto di legno, costruito da mio padre, che sta cucinando l’arrosto per il pranzo festivo.

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Milo Manara – Pinocchio e la fata Turchina -1945

Il libro era Pinocchio.  Inquietante per quel mio tempo, con nemici possenti, amici maltrattati, tempeste e balene e l’indimenticabile cane Melampo.

Sopra ogni riga risplendeva l’azzurra visione di una mamma-fata, magica e irraggiungibile, proprio come la mia, che conoscevo in immagine, poiché era morta troppo presto.

Pinocchio rimarrà sempre legato al tepore profumato di rosmarino e al piacevole sfrigolio dell’arrosto.

  

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Honor Appleton (1879-1951)– Alice nel paese delle meraviglie

Poi ci fu il primo grande amore: fu per Alice, quella nel Paese delle meraviglie.

Ne possiedo orgogliosamente ancora il libro, un regalo per la Prima Comunione.

Che viaggi con quella bambina deliziosa, forse un po’ petulante, che mondo ideale il suo, proprio quello che volevo abitare anch’io, con magie da sogno, contesse e regine, gatti che sanno ridere, giardini incantevoli e nemici di carta da far crollare come foglie secche!

Come fu facile per me capirne le filastrocche senza capo né coda, gli stravaganti sproloqui della duchessa con il bambino che si trasforma in un piccolo maiale!   

Che estatico piacere fu ascoltare il misterioso colloquio con l’altezzoso Bruco/Brucaliffo….

Decisamente non ho amato nessun altro libro durante la mia infanzia più di questo.

Forse perché Alice era la mia parte svagata e sognante, forse perché non aveva paura di nulla, forse perché protestava coraggiosamente su alcuni atteggiamenti degli adulti, forse perché avrei tanto voluto essere lei……

Ho superato da un gran pezzo l’età dell’incanto, tuttavia Alice mi affascina ancora e ancora di tanto in tanto la vado a trovare….

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Prima media. Scuola da “grandi”. Per arrivarci occorreva prendere il tram affrontare un’avventura entusiasmante, uscire dal quartiere familiare, percorrere strade sconosciute, conoscere facce, storie, abitudini diverse.

I ragazzini della mia generazione non venivano, per la maggior parte, accompagnati e ripresi in automobile. A scuola ci andavano da soli, anche nella grande Milano, anche se la scuola non era dietro l’angolo.

Cambiarono anche le mie letture: dalle favole incantate passai a storie più concrete.

Il Giornalino di Gian Burrasca, di Vamba (Luigi Bertelli), catturò la mia attenzione e il pestifero Giannino si ebbe tutta  la mia ammirazione per l’audacia delle sue trovate e il coraggio, o forse l’incoscienza, con il quale si lanciava nelle sue imprese catastrofiche.

Questo libro mi era proibito, ritenuto pericoloso e sovversivo.

Letto quindi di nascosto, prestato da un’amichetta dalla vita più democratica e permissiva.

Mi piacque così tanto che ne feci un’imitazione. 

Su un ponderoso quaderno dalla copertina nera cominciai a scrivere episodi delle mie giornate, in parte inventando e in parte attingendo alla realtà.

Non contenta, come nell’originale, disegnai vignette e figure per meglio spiegare i miei racconti.

Il tutto in gran segreto, ovviamente.

Purtroppo una mia sorella, candidamente, raccontò che si era molto divertita a leggere il” Mio Giornalino” . Fui scoperta, punita, il mio capolavoro venne sequestrato e la mia carriera letteraria finì nella vergogna e nel rimorso.

Mi fu, infatti, imposto di chiedere scusa a una povera zietta che avevo disegnato con un naso lunghissimo sotto al quale avevo scritto “ ma al naturale è più lungo”, e alla mia insegnante di lettere, sotto la cui immagine, decisamente rotondetta,  avevo aggiunto “ ma al naturale è più grassa”.

Oggi rido ripensando a quell’episodio,  ma ricordo ancora  bene la mia disperazione per il quaderno perduto e l’umiliazione per quelle pubbliche scuse.

 

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L’inseparabile amico della prima adolescenza è stato Dostoevskij. Lo leggevo di nascosto poiché in famiglia ero ritenuta troppo piccola per comprenderlo.

I fratelli Karamazov, nascosti sotto il maglioncino, mi seguivano in bagno, unica stanza in cui era permesso chiudersi a chiave, stregandomi fino a farmi dimenticare l’ora e il luogo ai quali venivo violentemente ricondotta dai colpi battuti contro la porta.

I miei “viaggi” in bagno divennero subito sospetti e diventai presto molto scaltra nell’escogitare stratagemmi per salvare i miei libri dalle perquisizioni a cui venivo sottoposta.

La frequentazione dei fratelli Karamazov mi lasciò stranita a lungo, molto assente dal mondo reale, indaffarata com’ero a dialogare con Ivan e Alioscia sul grave problema della fede che allora mi tormentava.

Fu proprio l’appassionata confessione di Ivan, nel capitolo “La rivolta”, che mi consolò e mi confortò dai sensi di colpa per la mia fede vacillante.

Quelle pagine, un vero capolavoro letterario, mi commossero e mi commuovono ancora, non soltanto per la bellezza artistica che le ricolma, ma soprattutto per la capacità che hanno di sconfiggere la straziante solitudine dell’uomo, esprimendo i sentimenti sul senso del dolore, comuni a molti, ma difficili da esprimere.

La penna di Dostoevskij mi presentò anche il principe Myskin,  l’indimenticabile  “Idiota”, incarnazione del bene assoluto, amplificato  fino alla stupidità e all’annientamento di sé.

Fu vero amore.

Mi sudavano le mani per l’emozione che mi procurava la lettura intensa di quelle parole infiammate, quelle sconvolgenti rivelazioni per la mia mente stupefatta e assetata di conoscenza.

Ha influenzato molte mie scelte e molti miei comportamenti, la fede nel bene assoluto del principe Myskin. Divenne il modello al quale tendere, fece germogliare nella mia anima la fiducia e l’affetto per gli esseri umani, la tendenza a comprenderli anche nei loro atteggiamenti sgradevoli, a schierarmi spesso come avvocato difensore, ricercando il più possibile la causa dei comportamenti negativi in un antico dolore insuperato o in mancanza d’amore.

I libri non erano perciò, solo momenti di evasione, avventure in altri mondi, ma anche meditazioni e riflessioni sul senso della vita, sugli aspetti del bene e del male.

Quegli anni che precedettero la giovinezza li ricordo come gli anni russi. Da quelle letture acquisii l’abitudine di leggere tutto quello che trovavo di un autore che mi aveva stregato. Poi passavo ai suoi connazionali.


(continua)

 

Inserito il:30/11/2014 20:01:39
Ultimo aggiornamento:21/12/2014 17:26:01
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