Lena Hades (Kemerovo, Russia, 1959 - ) - Also sprach Zarathrustra
Siamo ancora nani sulle spalle di giganti. Ritorno alla Filosofia
di Giovanna Casertano
Nel capitolo intitolato “Della visione e dell'enigma” in Così parlò Zarathustra, Zarathustra scala una montagna con un nano sulle spalle. Giunti in vetta, il nano non capisce e Zarathustra, arrabbiatosi per la sua incomprensione, grida: “O spirito della gravità – dissi con ira- Non prender con leggerezza la cosa! Se no ti abbandono sul tuo sasso, o sciancato- e pure ti portai ben in alto!
Da allora i nani hanno fatto dei passi ponendo le basi dell'attuale società liquida, in cui il pragmatismo e la tecnologia, l’eccesso di informazioni attraverso il bombardamento mediatico insieme alla nostra incapacità di assorbirne la totalità, si configurerebbero come la realizzazione della più alta forma di progresso e conoscenza che avrebbe dovuto portare compiutezza e completezza al cammino umano.
Invece, disagio sociale, nichilismo e narcisismo, sempre più dilaganti, confondono pensieri ed idee. Impoveriscono l'anima.
Nel secolo scorso la nascita della “scienza dell'anima” avrebbe dovuto creare i presupposti affinché la stessa coscienza potesse trascendere la soggettività del mondo sensibile nella direzione della conoscenza dell'animo umano. In tale contesto si inserisce la psicologia del profondo e Freud con la psicoanalisi cercava di curare l'anima indagando nell'inconscio; mentre Jung nell'archetipo del sé.
Una soluzione potrebbe essere allora, per paradosso, rimanere ancora sulle spalle dei giganti per continuare a guardare più lontano o meglio, girarsi indietro per poter andare avanti, riscoprendo nella tradizione filosofica lo strumento di approfondimento della conoscenza di se stessi e degli altri.
Non a caso, negli anni ‘50 Carl Rogers, Viktor Frankl e Albert Ellis cominciarono ad inserire alcuni elementi filosofici nei loro approcci psicoterapeutici; mentre nel 1981 Gerd Achenbach aprì a Colonia il primo studio professionale di Consulenza filosofica, proponendo una “non terapia” caratterizzata da un “libero dialogo" e dal «mettere il pensiero in movimento»: la cosiddetta Philosophische Praxis, che arrivò anche in Italia alla fine degli anni ’90, dapprima nella doppia denominazione di counseling/consulenza e poi come Psicofilosofia.
Successivamente, nel 1999 fu fondata la prima Associazione Italiana di Counseling Filosofico, costituita da filosofi, psicologi e psichiatri, che in seguito si sciolse e diede vita a due distinte associazioni: la Società Italiana Counseling Filosofico dove collaborano filosofi, psichiatri, psicologi, psicoterapeuti e counselor di diversi orientamenti; e la Phronesis, ossia l’Associazione Italiana per la Consulenza filosofica composta esclusivamente da filosofi e consulenti filosofici non intenzionati ad un’apertura dialogica verso le altre relazioni di aiuto.
La consulenza filosofica è una professione atipica, con approcci diversi, ma accomunati da una visione essenzialmente socratica che concepisce la filosofia come una ricerca continua su problemi umani, non patologici (quindi da non curare) e senza finalità terapeutiche.
Le conoscenze psicologiche necessarie all’esercizio della consulenza o counseling filosofico sono limitate e finalizzate ad una consapevolezza individuale del counselor per tutelare sé e il proprio cliente dall’emergere di problematiche a rischio o che richiedono altri tipi di intervento (psicoterapeutico o psichiatrico, per esempio).
Il confine tra una consulenza filosofica e la psicoanalisi può essere labile, (così come tra la consulenza filosofica e il life coaching, che sono però molto più simili), ma a differenza della psicoanalisi, la pratica filosofica non fa riferimento a modelli teorico-pratici psicologici, anzi si pone in una posizione critica verso di essi e nei confronti di qualsiasi teoria troppo strutturata, contro pregiudizi e preconcetti che possano condizionare la visione della realtà, dell’individuo e dell’esistenza.
A differenza della psicoanalisi quindi, non va in cerca di qualcosa di originario, di rimosso, di ritrovabile e non interviene sulle dinamiche dell'inconscio; non indaga la psiche secondo un modello psicologico, né propone modelli interpretativi di comportamento, ma analizza la struttura dell'esistenza umana e la visione del mondo secondo i concetti della filosofia fenomenologico-esistenziale. Attraverso un libero dialogo intersoggettivo, aiuta ad analizzare, approfondire e risolvere dubbi e perplessità sul significato e il valore della vita; a sbloccare i cosiddetti “crampi mentali”; ad esplorare la propria visione del mondo.
Il suo campo sono i pensieri e le idee, che possono essere anch'esse, come afferma ancora Galimberti, "ammalate". In tal caso i due campi della psicologia e della filosofia possono avvicinarsi perché con le idee affiorano anche le emozioni, gli affetti, i progetti e così via.
Chi chiede una consulenza filosofica dunque, non è "malato". Molti pazienti trattati oggi con la terapia e la medicina tradizionali sono in realtà persone che soffrono di disagi esistenziali/filosofici, anziché di malattie psicologiche (Koestenbaum, 1987). Spesso sono solo alla ricerca di un senso, una chiarificazione della propria visione del mondo, responsabile del loro modo di pensare e di comportarsi, di gioire e di soffrire. In questi casi, il valore “curativo” delle filosofia può consistere nella relazione dialogica, una forma di comunicazione interpersonale paritaria che, facendo leva su tutti gli strumenti teorici e pratici messi a disposizione dall’arte del pensare, è in grado di aiutare a mettere in discussione la propria interpretazione della realtà, a ri-orientare il pensiero e a riflettere sul proprio modus vivendi, consentendo di intervenire in modo efficace sulle questioni della vita reale al fine di raggiungere, da una parte una maggior consapevolezza della realtà e, dall'altra, un aumento della propria armonia interiore e un miglioramento delle proprie condizioni di vita.