Affreschi interni della Cupola del Brunelleschi a Firenze. Giudizio Universale del Vasari
Le grandi famiglie: I Medici - 6 - Ascesa e splendore di Casa Medici
(seguito)
di Mauro Lanzi
6. Cosimo, il mecenate
Nascondere o far dimenticare i metodi spicci e disinvolti impiegati da Cosimo e dai suoi successori per controllare la politica fiorentina non doveva essere impresa da poco!
Se i Medici ci riuscirono, ciò è conseguenza di altri aspetti della loro attività pubblica, in primo luogo la protezione delle arti e della cultura, alle quali i fiorentini erano molto attenti e sensibili: Cosimo fu il capostipite di una stirpe di principi, il cui nome e la cui età diverranno sinonimo di rinascita artistica e culturale.
Non è Cosimo, evidentemente, ad inventare l’arte in Italia, ne intuisce solo l’importanza: già da due secoli l’arte nel nostro paese aveva assunto un significato ed un ruolo distinto rispetto al resto d’Europa, dove l’arte abbelliva le regge, le magioni dei potenti; in Italia è diverso, l’arte è patrimonio di tutti. La prodigiosa fioritura dell’arte nel nostro Paese in questo periodo, non è dovuta al fatto che gli Italiani fossero più bravi di altri ad usare pennello e scalpello, ma al sentire della gente: come non ricordare che quando Simone Martini espone la sua “Maestà” a Siena, tutta la cittadinanza si mette in fila per poterla ammirare, come non citare l’attenzione che tutta Milano riserva ai progressi del Cenacolo!
L’arte, nel Rinascimento, è religione, è storia, è politica, è comunicazione, è tutto ciò che conta; gli affreschi che si vedono sulle pareti delle cattedrali non erano lì per bellezza, servivano all’officiante ad illustrare i passi del Vangelo oggetto del sermone: i potenti finanziavano opere d’arte per mostrare l’importanza della loro famiglia, il ruolo da loro avuto nelle vicende della città, la loro attenzione all’arricchimento del patrimonio comune. L’arte in Italia diviene un fenomeno universale e questo la fa grande; non dobbiamo stupirci, è un fatto che si ripete: la filosofia nasce ad Atene perché Socrate andava per le strade a parlare con la gente, il teatro elisabettiano nasce a Londra anziché in Italia, dove c’era un humus letterario e culturale ben superiore, perché in Italia le rappresentazioni teatrali si tenevano nelle corti, erano destinate ai potenti; a Londra il teatro era aperto a tutti, la gente andava a teatro come noi oggi andiamo al cinema; i vari capocomici (Shakespeare questo era, un capocomico) gestivano delle sale dove mettevano in scena le opere che, spesso, essi stessi scrivevano ed a queste assistevano tutti, popolo e nobiltà; così il teatro divenne, per un breve periodo, un mezzo di comunicazione di eccezionale portata e profondità.
In ogni tempo, un fatto culturale è tanto più vasto e profondo, quanto più è universale, percepito da tutti; il Rinascimento italiano non si comprende senza capire il ruolo avuto in esso dall’arte e dalla cultura.
Cosimo (e dopo di lui tutti i Medici) ebbe, quindi, il merito di immedesimarsi nel sentire della gente e di farsene interprete: solo per toccare gli aspetti della cultura, Cosimo promuove la creazione dell’Accademia Neoplatonica che lui stesso frequenta (a lato) e fonda nel 1444 la biblioteca Medicea, primo esempio di biblioteca pubblica in Italia ed in Europa.
Nel campo dell’arte, Cosimo finanzia per intero la ricostruzione del convento di San Marco, con una tale munificenza che i monaci stessi ne furono scandalizzati: Cosimo non si scompone, risponde: “Non darò mai tanto a Dio da poterlo ascrivere come debitore nei miei libri”, e va avanti per la sua strada; come sottrarsi alla suggestione degli splendidi affreschi che rendono unici questi ambienti!
Poi lega a sé con aiuti finanziari e commesse i maggiori artisti dell’epoca, dal Brunelleschi al Michelozzo, a Donatello, che esegue per lui alcune delle sue opere più famose, come il Davide.
Donatello, figlio di un modesto cardatore, fu creatura ed amico personale di Cosimo; Donatello è stato un genio universale, forse il più grande del suo tempo, non solo ha reintrodotto la scultura a tutto tondo, dopo secoli di sculture in basso o alto rilievo, ma ha reiventato la tecnica della fusione in bronzo con cera a perdere e il Davide, appunto, è splendido esempio di entrambi gli aspetti; Andrea del Verrocchio, massimo interprete della fusione in bronzo nel Rinascimento, fu suo allievo. Come non citare, poi, Filippino Lippi, che Cosimo salva da alcuni gravissimi scandali, di natura sessuale, Luca della Robbia,
che ancora giovane (è più noto per le sue ceramiche), realizza per Cosimo la splendida cantoria che possiamo ammirare nella cattedrale di Firenze, Paolo Uccello, il Ghiberti che con lui termina l’opera iniziata 23 anni prima sotto gli auspici del padre, le porte del Battistero: non è possibile qui illustrare tutti i capolavori commissionati o finanziati da Cosimo, ma qualcosa bisogna pur accennare perché hanno fatto la storia di Firenze e d’Italia, e, fra tanti, la cupola del Brunelleschi.
Proprio su questa cupola vale la pena soffermarsi, non solo per il suo fascino, ma anche per sottolineare aspetti poco noti di quest’opera, come il fatto che essa è tuttora la più grande cupola in muratura esistente, due metri di diametro più di San Pietro, per la quale Michelangelo si era ispirato proprio al suo predecessore e conterraneo.
La costruzione della basilica di Firenze era iniziata quasi cento anni prima, su progetto di Arnolfo di Cambio, ma era rimasta incompleta per quanto riguarda la copertura della crociera; nel 1418 la Signoria indice un concorso per un progetto di copertura, che assegna ex aequo al Brunelleschi ed al Ghiberti.
Fra i due, come noto, non correva buon sangue; Brunelleschi, che si era già recato a Roma per studiare la cupola del Pantheon e propugnava un progetto molto meno convenzionale e più innovativo di quello del Ghiberti, non accetta la coabitazione e, con una serie di sotterfugi ed inganni, si libera dello scomodo socio;
Cosimo, attento e generoso come sempre, consola Ghiberti finanziando il completamento delle porte del Battistero, capolavoro unico ed universale nel suo genere. Quindi libero da condizionamenti ed intralci, Brunelleschi può infine dare sfogo al suo ingegno, ideando un capolavoro di arte ed ingegneria: si inventa la soluzione “a doppia cupola”, delle quali la più interna ha funzioni portanti, mentre la più esterna soddisfa la visione estetica dell’artista con otto spicchi, simili a “vele” gonfiate dal vento, che appoggiano sul tiburio, anch’esso, ottagonale. Ancora oggi nessuno è riuscito a spiegare per intero questo miracolo d’ingegneria strutturale, in cui sono stati impiegati esclusivamente materiali inerti (a differenza di San Pietro, dove furono impiegati travertino, lastre di piombo e cerchiature metalliche). Brunelleschi utilizza unicamente laterizi, che dispone a spina di pesce, secondo uno schema mai visto prima in Italia, che merita da solo una visita agli interni della cupola.
Uno studio recentemente condotto dall’Università di Firenze ha evidenziato, inoltre, che i laterizi non sono perfettamente paralleli o ortogonali, rispettivamente, al piano orizzontale, ma inclinano leggermente verso il centro, forse per meglio assorbire le spinte laterali. Se si pensa che non furono neppure utilizzate centine nella costruzione, né nervature in pietra, né chiave di volta si può bene immaginare la precisione maniacale che l’architetto dovette esigere dai suoi muratori, per ottenere un capolavoro di statica ineguagliato.
La cattedrale fu inaugurata il 30 agosto 1436, al completamento della cupola, con una cerimonia officiata dal Papa Eugenio IV, che si trasformò in un trionfo personale per Cosimo, che tutti sapevano essere il mentore ed il principale finanziatore dell’opera.
Cosimo ci appare illuminato dalla luce di un generoso, anche se non del tutto disinteressato mecenatismo: non fu lui, certo, ad inventare l’arte del Rinascimento, né il ruolo che essa ricopriva nella società, ma fu il primo ad intuirne per intero l’importanza e ad utilizzarla come impareggiabile “instrumentum regni”.