Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Nicola Pucci (Palermo, 1966 - ) - Donna allo specchio

 

Crittografia di un’autobiografia

di Simonetta Greganti Law

 

La storia della mia vita si potrebbe leggere in un modo alternativo rispetto a quello proposto dalle autobiografie esposte in libreria.

E’ scritta sul mio volto e, per conoscermi meglio, basterebbe decifrare le rughe del mio viso. Ognuna di queste ha segnato, non solo la mia faccia, ma episodi fondamentali della mia esistenza.

Solo l’infanzia, periodo d’incoscienza e svago, non ha lasciato tracce rilevanti, così il mio volto è rimasto liscio per molti anni.

Con l’adolescenza però l’incontro col genere maschile è stato marcato dalle prime increspature sulla mia pelle. Troppi pianti hanno inondato le mie gote e il sale delle lacrime ha cominciato a corrodere un’epidermide ancora molto giovane e delicata. Amori che si sono susseguiti continuando a solcare il letto dei miei fiumi di singhiozzi, rendendo le prime rughe sempre più profonde.

Per sopravvivere mi sono riversata in uno studio “matto e disperatissimo” (tanto per arricchire questa mia autobiografia con citazioni di un certo livello).

Purtroppo però, se lo studio fa bene alla mente, appassisce la giovinezza e le nottate insonni unite anche alle notti in bianco legate a qualche raro divertimento, mi hanno regalato le prime occhiaie che hanno sottratto allo sguardo un po’ di fascino e di bellezza.

Sul mio viso, con un’accurata attenzione, oltre alle rughe si può ancor oggi notare una piccola cicatrice lasciata da uno dei brufoli ostinati che per un lungo periodo hanno incorniciato il mio mento poiché, allora, avevo deciso che la cioccolata sarebbe stata il solo sostituto dell’amore.

Eccomi così a vivere, a differenza delle mie amiche che attraversavano un periodo rosa, pieno di amori e gioie, un “periodo blu” che, come quello di Picasso aveva scelto di vivere un colore per farlo rimare con dolore.

Grazie al cielo esistono pure le rughe del sorriso e così, attorno alla bocca posso notare con grande piacere soprattutto i tanti momenti di gioia della mia vita. Adoro ammirarle e ricordare il mio passato che mi riporta indietro ai giorni felici: il mio incontro con John, oggi mio marito, gli anni trascorsi a Londra, i viaggi, gli amici e la spensieratezza di quando non si era ancora negli “anta”.

Un giochino che facevo da giovane, quando m’improvvisavo chiromante, consisteva nello stringere, in un pugno, il palmo della mano e contare i trattini che si formavano vicino al dito mignolo per stabilire se avrei avuto figli. Oggi, le rughe sul mio volto sono la controprova concreta di questa mia arte divinatoria. I miei figli, Andrew e Emily, mi hanno regalato le rughe dell’insonnia, con la conseguente opacità di un incarnato più spento, accentuato a volte da occhi arrossati e poco limpidi ma, allo stesso tempo, non appena ogni mattina il sole finalmente tornava a sorgere, sono stati, con la loro gioia ed euforia, più efficaci di qualsiasi acido ialuronico.

Per loro ho rinunciato al lavoro che comunque non mi gratificava più di tanto, anzi, rubava il mio tempo fagocitandomi in faccende che mi affaccendavano senza soddisfazioni particolari.

Oggi dedico finalmente molte ore della giornata ad impegnare la mente in occupazioni gratificanti quali la pittura, il ballo, la lettura, la scrittura. Insomma, uno alla volta, sto dando vita ai sogni che avevo stipato in un cassetto.

Ho pubblicato due libri, ne ho altri due in standby e scrivo mensilmente per nelfuturo, questa rivista culturale online che mi ricompensa dalla monotonia del lavoro di casalinga. E’ forse per modestia che non riesco a scorgere la ruga di soddisfazione che dovrebbe invece testimoniare la gratificazione per i risultati ottenuti.

La ruga più profonda del mio viso è però legata ad un fatto molto triste: la morte di mio padre seguita alla lunga malattia che mi aveva ingannato sull’imminenza improvvisa della sua fine. Non ho saputo credere alla imprevista serietà del momento dato che lui era ancora giovane e alla sua malattia ormai mi ero abituata da anni. Eppure, non essere stata presente per stringergli la mano mentre chiudeva gli occhi al mondo mi tormenta ancora oggi.

La gioia di tornare a vivere in Italia, con la famiglia che mi ero formata in Inghilterra, è stata per me un appagamento indescrivibile. Quanto mi era mancata la mia patria e il calore del sole! Sì, proprio il sole che ha maggiormente evidenziato le mie rughe procurandomene di nuove e implacabili. Un invecchiamento cutaneo al quale non ho saputo rinunciare perché il piacere di lunghe estati al mare superava di gran lunga qualsiasi offesa dei segni del tempo.

Nel mio viso c’è ancora posto per tante altre rughe.

Il mio volto, sarà arato come un campo, anche a fatica, ma mi auguro che da questo sforzo dell’esistere possa germogliare qualcosa che mi darà ancora il compiacimento di poter ammettere che ne è valsa la pena di aver vissuto.

Questa è la mia autobiografia, una storia unica nel suo genere, diversa da tutte, con un particolare DNA che la caratterizza e la distingue dalla moltitudine delle numerosissime già scritte da tanti altri.

 

Inserito il:13/03/2020 10:10:42
Ultimo aggiornamento:13/03/2020 10:18:17
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