Lisi Martin (Barcellona, Catalogna, 1944 - Illustratrice) - Vintage Christmas
Mattina di Natale
di Marialuisa Bordoli Tittarelli
Sedeva alla scrivania davanti a un libro.
Era tardi e tutto era silenzio e dolce buio. Solo una lampada era accesa, ma improvvisamente la spense, perché sentiva il bisogno di non vedere più il contorno delle cose, di diventare invisibile anche lei, presente come tutte le cose che erano li intorno, ma insieme alle cose, tutta dentro le cose.
Il buio allora le sembrò tutto blu, come il cielo fuori dalla finestra che andò ad aprire e rimase incantata a guardare fuori, con la bocca aperta, come una bambina piccola davanti a un bellissimo giocattolo.
Non sentiva affatto il freddo, strano, perché era dicembre, né le doleva il collo, anche se era cosi ferma in quella scomoda posizione con il naso in aria e la testa piegata all'indietro.
Sentiva uno strano rumore, che non riusciva a identificare, che poteva sembrare un piacevole fruscio; poi capì che era una musica.
E infine, incredibile e impossibile, si accorse che piano, piano si era sollevata dal pavimento e, con facilità, come se fosse la cosa più naturale del mondo, stava volando fuori dalla finestra, nel cielo, sempre più in alto e in maniera sempre più semplice.
Non si stupiva neppure di questo, come se avesse sempre saputo che poteva accaderle di farlo quando lo avesse veramente voluto.
Non si chiese nemmeno dove stesse andando, perché stava volando cosi sicura, certa di dirigersi in un posto preciso, dove qualcuno la stava aspettando.
Tutto quello che vedeva sparire velocemente sotto di sé aveva un’aria familiare, qualcosa di già visto o conosciuto e si mise a pensare che cosa fosse realmente, ma tutto spariva troppo in fretta e non riusciva a fissare lo sguardo su nessuna cosa abbastanza a lungo per comprendere di che cosa si trattasse.
Strinse gli occhi nel tentativo di mettere meglio a fuoco e si accorse che erano pezzi della sua vita che le passavano rapidamente davanti e allora seppe che stava andando all'indietro.
Adesso che aveva imparato il sistema indovinava subito dov'era e che periodo fosse quello che un oggetto qualsiasi o addirittura un pezzetto di qualcosa o perfino un colore o una stoffa le raccontavano.
Il grembiulino nero le elementari, i pioppi la casa della sua fanciullezza, il balcone a losanghe di cemento le lunghe mattine della sua infanzia tutte in attesa di qualcuno che doveva ritornare a casa.
Quando vide la grossa culla marrone sentì improvvisamente un grande silenzio e si accorse di essere ferma. Poco dopo anche la culla sparì e intravide, o meglio, sentì la presenza di qualcuno e, pur non vedendo nulla, lo sentiva come qualcosa di perfettamente e profondamente conosciuto.
- E' mia madre - si accorse di pensare quasi gridando. E "la presenza” in qualche modo assolutamente chiaro, ma senza parole le comunicò che così era.
Allora, senza aver nulla comandato al suo cervello, si rese conto che stava piangendo, ma in uno strano modo, non di dolore insomma, ma al contrario, come per sciogliere un tremendo vecchio groppo che le si era fermato in gola come una palla di spine di rovo.
Quel lunghissimo pianto era come un’acqua che la lavava tutta e le toglieva antiche croste dolorose che avevano ricoperto la sua pelle, ma che prima non aveva mai visto. Ben presto scoprì che tutta la sua pelle era nuova, splendida, chiara e perfetta come quella di un neonato e le lacrime che ancora continuavano a scendere la stavano avvolgendo come dentro una calda e morbidissima coperta.
Non ricordava che vagamente una sensazione simile e poi non le importava affatto di ricordare, né di pensare nulla, ora.
Sentiva che stava bene, che era così che aveva sempre sognato di ritornare a sentirsi, che era lì che aveva sempre cercato di tornare, assolutamente lì; insieme a sua madre, dentro sua madre.
“-Devi nascere, bambina mia, devi andare, non puoi più restare qui, non puoi …”
Questo era quello che una voce dolce come un canto le stava ripetendo quasi ninnandola.
“- Devi andare ... - eppure sentiva anche una profonda malinconia in quella voce, quasi un dolore nascosto nella dolcezza.
“-Non me ne andrò, questa volta non lo farò. Ora so bene tutto quello che mi aspetta fuori, questa volta non parto.” - lei ripeteva testardamente.
“-So bene che dovunque andassi sempre avrei troppa nostalgia di questo posto per riuscire a vivere.”
“-Non puoi restare amore mio - continuava la voce - sei qui solo per andare alla vita e là se saprai ben cercare, potrai davvero ritrovare tutto questo”
“- Madre non cacciarmi, non farlo questa volta, non sono capace, ho perso la strada tante volte. Ho pianto così a lungo e mai ho avuto qualcosa che assomigliasse al calore del tuo amore. Non posso.”
“- Hai camminato sempre con la testa all’indietro, bambina mia, per questo non hai potuto vivere. Non hai cercato davvero, ma hai sempre voluto tornare qui cocciutamente. Non hai voluto vedere e non hai visto. Eppure tante volte hai sfiorato qualcosa di meglio del mio grembo, eppure a volte l’hai avuto fra le mani senza nemmeno sentirlo. Vai ora e ricordati di questo. Non a tutti è dato di poter tornare qui, perché a tutti è stato insegnato che là si devono ritrovare. Ma io ho avuto pena del tuo lungo girare smarrita e del tuo gran gridare nel vuoto. Poiché non ho potuto seguirti un poco di più laggiù, mi è stato concesso di riscaldarti ancora un po'. Ma adesso vai e cammina con la testa in avanti perché indietro non mi troverai più. Va’, amore mio, e sii felice, perché sei più vicina alla felicità di quanto tu possa credere."
“- Madre lasciami qualcosa che mi parli di te. Non ho nulla, nemmeno un tuo sorriso da pensare, né il colore del tuo sguardo, né il peso della tua mano. Quando mi sento sola, sono veramente sola, senza neppure un tuo ricordo. Non posso camminare con la testa in avanti se non ho nemmeno il ricordo del tuo amore.”
“- Di me hai il sorriso, se sorridi, di me hai il calore delle lacrime se piangi, di me hai la potenza dell'amore se ami, di me hai la cascata del riso se ridi; di me hai la vita se ti lasci andare alla vita.”
Di colpo la voce scomparve sommersa dal rumore del vento e lei capì che, ad una velocità ancora maggiore che all’andata, stava tornando indietro.
• • •
Aprì gli occhi e si accorse di aver dormito chissà quanto. La luce del mattino entrava nella stanza e tutte le cose erano chiare intorno a lei.
“- Era un sogno - si disse in un soffio di profonda delusione.” Poi sentì che ancora le lacrime le scendevano calde e dolci.
“-Mamma, mamma, mamma !!! è .. arrivato Gesù bambino” urlò una vocina deliziosa e due braccia morbidissime la strinsero appassionatamente.
“-Mamma, perché stai piangendo? E’ Natale, non te lo ricordi più?”
“-E’vero tesoro, Buon Natale! e non piango perché sono triste, cara, piango di gioia! L’ho visto sai Gesù Bambino ed era così bello e dolce che mi sono commossa. Vieni fammi vedere tutti i giochi che ti ha portato.”
Si lasciò trascinare dalla sua bambina sotto l’albero di Natale.
Le lacrime continuavano a scendere e lei capì che era vero: erano calde, dolci e confortanti, … Di me hai il calore delle lacrime se piangi…
Da quel mattino camminò guardando avanti.