Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Atelier di Agnolo Bronzino (1503-1572) – Ritratti della famiglia Medici – (1555/1665)

 

Le grandi famiglie: I Medici - 3 - Ascesa e splendore di Casa Medici

di Mauro Lanzi

 

(Seguito)

 

3. La nascita del capitalismo in Italia

 

Le Repubbliche marinare

L’affermarsi nel Sud d’Italia di regimi feudali, Angiò ed Aragona, preclude a questa porzione della Penisola la partecipazione alla impetuosa crescita economica e finanziaria che coinvolge il resto d’Italia.

In questa crescita occorre distinguere due diversi modelli di sviluppo, che si dimostreranno comunque capaci di interagire, ma che rappresentarono in origine istanze economiche e politiche diverse.

Il primo modello ad affermarsi, quello che fece inizialmente da volano all’economia al Nord, è legato all’attività dei maggiori porti, alle Repubbliche Marinare.

Dopo la scomparsa di Amalfi, l'occasione per il balzo in avanti delle tre restanti Repubbliche furono le Crociate; possiamo tranquillamente affermare che senza l'apporto della marineria italiana le Crociate non avrebbero avuto esito positivo o addirittura non si sarebbero neppure realizzate. Le navi italiane portavano non solo pellegrini e soldati, ma anche rifornimenti, vettovaglie, armi, macchine da guerra; la conquista di Antiochia, durante la prima crociata, si realizzò dopo che una flotta pisana aveva sbarcato, oltre a viveri e generi conforto, le macchine d'assedio necessarie ad espugnare la città. Come contropartita a questa loro attività, le repubbliche italiane ottenevano diritti di scalo ed ormeggi, fondaci, franchigie doganali che ben presto posero l'intero traffico mediterraneo nelle loro mani e non solo il traffico da e per l'Europa, ma anche il traffico interno all'impero bizantino ed agli stati arabi.

Di pari passo all'attività commerciale si sviluppa l'attività bancaria: i mercanti si trovano in condizione di dover spostare grosse somme da un capo all'altro del Mediterraneo e questo non poteva avvenire con il movimento fisico della moneta, lento e rischioso, ma doveva necessariamente sfruttare altri strumenti, come lettere di cambio od aperture di credito. Sappiamo che queste tecniche erano già note ed in uso nell'antica Grecia e presso gli arabi, ma è con gli italiani che raggiungono il loro pieno e completo sviluppo; la lettera di cambio diviene quasi una moneta alternativa, trattata e scambiata sui mercati finanziari.

Dopo la scomparsa dalla scena politica di Pisa, a seguito della battaglia della Meloria (1284), in cui Pisa ebbe più di seimila morti e 11.000 prigionieri, Genova e Venezia divennero due tra le principali piazze finanziarie in Italia.

A Venezia, in particolare, si sperimentano nuove forme di imprenditoria, capaci di interpretare le esigenze più diverse, legate allo sviluppo dei traffici internazionali: compaiono i “banchi di scritta” che servono come banche di deposito; non danno remunerazione, ma consentono al depositante di effettuare pagamenti sulla stessa banca o su di un altra con un semplice scritto, la “girata”, l'antenata del nostro assegno bancario. A Venezia nascono, ma poi si diffondono rapidamente anche altrove, le società di assicurazioni, che intervengono nelle transazioni come terzo attore, oltre ai contraenti. L'assicuratore, contro il pagamento di un premio, si accolla, in tutto o in parte, il rischio d'impresa.

Il gusto del rischio era, come sempre, il motore dello sviluppo economico, ma gli imprenditori del tempo sapevano anche come temperarlo o ripartirlo. A Venezia, ad esempio, si praticava una peculiare forma di contratto, detto “colleganza”, l'antenata della nostra joint venture: in questo tipo di accordo, un armatore metteva a disposizione le sue navi, oltre alla prestazione d'opera sua e dei suoi familiari ( in genere operavano come capitani), mentre un socio finanziario metteva a disposizione il capitale per armare le navi, pagare gli equipaggi e, soprattutto per acquistare, una volta a destinazione, le merci oggetto del viaggio: tornati a Venezia, le merci erano vendute sui mercati ed il ricavato, dedotte le spese, veniva diviso in parti uguali tra armatore e socio finanziario.

Il “Mercante di Venezia” di Shakespeare narra una vicenda basata su un tale accordo: il mercante (Antonio, il protagonista dell’opera) ha investito tutti i suoi averi in un’operazione di questo tipo. Le navi sono per mare, tutto va per il meglio, ma quando l’amico Bassanio chiede il suo aiuto per poter corteggiare adeguatamente la sua futura moglie, Antonio non dispone dei liquidi per far fronte alla richiesta dell’amico; non volendo deluderlo si rivolge all’ebreo Shylock, con cui firma un contratto di prestito, che prevede una penale, la famosa libbra di carne.

Sorprende come un modesto insegnante di Stratford on Avon potesse conoscere tecniche commerciali così sofisticate, certamente ignote nel suo paese.

Ma questo fa parte del mistero che avvolge la figura di Shakespeare.

 

Firenze e la nascita del capitalismo

Le Repubbliche marinare, però, seguivano, per loro natura, solo i traffici via mare; i traffici via terra diventano quindi appannaggio di altre realtà cittadine che si incaricano di importare lane e tessuti dal Nord Europa per rivenderli o riesportarli dopo una opportuna lavorazione; si tratta di Piacenza, Siena e soprattutto Firenze. Come nel caso delle Repubbliche marinare, anche qui la finanza va di pari passo con il commercio, favorita anche dalle relazioni speciali che vengono presto a stabilirsi tra i banchieri toscani e la Santa Sede.

Un esempio importante di questa collaborazione è la riscossione delle decime nel Nord Europa: la Santa Sede incassava cifre importanti, sotto forma di decime o obolo di San Pietro, dai mercati delle Fiandre o dello Champagne, ma aveva grosse difficoltà a farle giungere a Roma, per i tempi ed i rischi connessi al trasporto di grandi quantità di numerario metallico. Intervenivano allora i mercanti toscani, che rilevati in loco i proventi delle decime, li impiegavano nell'acquisto di lane e panni in Francia e nelle Fiandre; detti acquisti venivano poi trasferiti in Italia, dove lane e panni erano lavorati e rivenduti; i proventi servivano a ripagare le decime al Papato ed i profitti ai mercanti. Questa operazione, che oggi si definirebbe una “triangolazione”, si combinava spesso, per l'eterna fame di soldi delle casse papali, ad un risconto anticipato degli effetti; il tutto veniva compensato con una lauta provvigione che, essendo il pagamento di interessi proibito dalla legge canonica, veniva pudicamente coperta dalla causale “pro portagio et cambio”, anche se tutti sapevano che non c'era stato nessun trasporto e nessun cambio, semplicemente la morale cristiana del tempo non ammetteva che si lucrassero interessi sui prestiti.

La finanza islamica oggi funziona in modo assolutamente analogo.

In questo contesto, in cui erano attive molte città, da Piacenza a Lucca, a Siena, Firenze venne rapidamente ad assumere una posizione di preminenza, perché a commercio e finanza riuscì ad aggiungere la componente industriale, creando valore aggiunto, sia con la cardatura e filatura della lana (Arte della Lana), sia con la follatura, cimatura e tintura e commercio dei panni (Arte della Calimala).

I colori dei panni di Firenze erano famosi in tutta Europa, in particolare il rosso di Firenze.

Secondo la tradizione, la fortuna della nobile famiglia fiorentina Rucellai nascerebbe da una particolare curiosità; infatti si narra che un suo antenato, il mercante Alemanno del Giunta, nel XII secolo fosse in viaggio nelle isole Baleari e scendendo da cavallo per un bisogno fisiologico si accorse che una particolare erba selvatica a contatto con l’urina produceva una colorazione rossa. Sebbene l’utilizzo della macerazione dell’urina per il trattamento e lavorazione dei tessuti fosse praticato già dai tempi dei romani, Alemanno scoprì però che questi licheni, in seguito ad un processo chimico a contatto con l’ammoniaca (presente nell’urina), producevano un particolare ed unico colorante rosso violaceo (detto oricello), che da quel momento fu molto usato e ricercato per la colorazione dei panni di lana fiorentini. Alemanno iniziò ad importare a Firenze grandi quantità di quei licheni che presero anch’essi il nome di “oricella”. A Firenze iniziò anche una loro coltivazione appena fuori le mura, nascono così gli “Orti Oricellari”, nome che ancora oggi è rimasto a Firenze. Nel ‘400 si costituì anche una famosa Accademia Neoplatonica che aveva questo nome. La famiglia del Giunta divenne così sempre più ricca grazie a questi miracolosi licheni ed il suo nome di trasformò prima in Oricellari e poi, ingentilito in Rucellai, nome ancora noto a Firenze, come il palazzo omonimo.

Le ingenti disponibilità finanziarie della famiglia contribuirono ad arricchire il patrimonio artistico di Firenze. Nel XII secolo i Rucellai fecero costruire la loro cappella nel transetto di Santa Maria Novella, nella quale fu collocata la Madonna Rucellai di Duccio di Buoninsegna e che oggi si trova agli Uffizi. Nel Quattrocento, la famiglia Rucellai, con il mecenate Giovanni Rucellai incaricò l’architetto Leon Battista Alberti di progettare alcuni dei più importanti capolavori a Firenze: il Palazzo Rucellai, il Tempietto in San Pancrazio, la Loggia Rucellai e, soprattutto, la facciata marmorea di Santa Maria Novella.

Ma i Fiorentini non potevano accontentarsi di un'attività bancaria confinata al commercio, miravano ben più in alto: uno dei motori di questo sviluppo fu la moneta della città, coniata per la prima volta nel 1252, il fiorino d'oro; pesava 3,54 grammi, con un titolo di 985/1000, portava sul retto il giglio, emblema di Firenze, sul verso l'immagine di San Giovanni Battista, protettore della città.

Attribuirgli un valore, ovvero stabilire un corrispettivo in termini di potere d’acquisto odierni è calcolo assai difficile; in base ai documenti in nostro possesso, si può considerare che con 35 fiorini si affittava una casa in centro Firenze, mille fiorini costava un bel palazzo, un reddito di 150 fiorini anno consentiva una vita molto agiata ad una famiglia di ceto medio/alto. Certamente, quindi, si parla di un valore ben superiore al valore intrinseco dell’equivalente contenuto in oro al giorno d’oggi.

Firenze fu la prima città a battere moneta in oro, ma non rimase la sola: tutte le principali città italiane ed europee battevano moneta, a Genova si coniava il genovino, a Milano l'ambrogino, a Venezia il ducato, ma è un fatto che il fiorino riuscì a prevalere su tutte le altre, nel '400 ne circolavano più di due milioni di pezzi, facendone la principale unità di cambio in tutta Europa: il fiorino fu veramente il dollaro del Medioevo e Firenze la sua Wall Street.

Secondo lo storico inglese Macauly la Firenze del trecento poteva contare su un budget doppio rispetto a quello della corte inglese di due secoli dopo, ai tempi della regina Elisabetta!

Questo risultato non sarebbe stato possibile, malgrado l’abilità dei mercanti e dei banchieri fiorentini, se questi non si fossero avvalsi di tecniche innovative, sia per quanto riguarda calcolo e contabilità, sia per quanto concerne le nuove strutture societarie che si sperimentano in questo periodo: nel 1228 Leonardo Pisano detto Fibonacci, pubblica il suo “Liber abaci”, con il quale introduce nel mondo occidentale i numeri arabi e lo zero. Nel 1494 un frate di San Sepolcro, Luca Pacioli, inserisce nel suo testo “ Summa de arithmetica , geometria..” un capitolo titolato “ Tractatus de computis et scripturis;” in cui si illustra una tecnica di contabilità, già in uso in tutte le città italiane da più di un secolo, detta “ calcolo alla venexiana”, anche se era stata utilizzata prima a Firenze: si tratta della contabilità in partita doppia, cioè la contabilità che registra una stessa partita in dare ed in avere su diversi mastrini, adottata per evitare o ridurre le truffe operate da dipendenti o fornitori.

Risultati immagini per ritratto di luca pacioli Luca Pacioli fu un genio multiforme del suo tempo, lavorò a stretto contatto con personalità eminenti, tra cui Piero della Francesca, Leon Battista Alberti e soprattutto Leonardo da Vinci. La sua Summa è un insieme scientificamente interessante delle conoscenze matematiche del suo tempo, arricchite anche da spunti di originalità, come il “De divina proportione” in cui Pacioli dà forma matematica alla “sezione aurea”, ma il motivo per cui divenne e rimane famoso è il funzionamento della partita doppia.Ancora oggi è considerato il padre della ragioneria, anche se la tecnica che descrive è il prodotto dell'ingegno di banchieri e mercanti italiani.

Nel 1427 la Signoria di Firenze, sembra per l’impulso proprio della famiglia Medici, impose il "catasto", il primo tentativo di equità fiscale della storia moderna, che tassava le famiglie in base alle stime della loro ricchezza, attingendo per la prima volta dove il denaro era veramente concentrato, e cioè nelle mani di quelle famiglie di mercanti e banchieri che padroneggiavano anche l'attività politica.

Ma non basta: l’estendersi dell’attività commerciale e bancaria ai mercati esteri richiede l’impiego di capitali sempre più ingenti che non possono essere provvisti da una sola persona o da una sola famiglia: nascono così le ”compagnie” cioè società di rischio tra più soggetti, che possono essere società in nome collettivo, in cui i soci rischiano in solido tutto il patrimonio personale, oppure di capitale, in cui i soci rischiano solo per il capitale versato, detto corpo di compagnia: spesso gli stessi soci o degli investitori esterni affidavano alla compagnia anche dei depositi fuori dal corpo, che erano remunerati con un interesse del 7/8%, ma che venivano gestiti come il resto del capitale: è il prototipo di banca d’affari.

Infine, all’inizio del quattrocento, la Signoria di Firenze emana un decreto che regola l’attività di un altro tipo di compagnia, in cui diversi soci affidano i loro capitali ad un personaggio di cui hanno particolare fiducia, anche perché il socio detto accomandatario risponde in solido con il suo patrimonio, mentre i soci accomandanti rischiano solo il capitale versato; nasce così la società in accomandita.

Si potrebbe continuare con infiniti altri esempi, citando anche come le banche italiane, e fiorentine in primo luogo, gestissero le finanze di stati esteri, come abbiano finanziato guerre e spedizioni militari, come nel bene e nel male la finanza di tutta Europa dipendesse da loro: credo però che quanto detto valga e basti a dimostrare quanto accennato in principio, cioè che il capitalismo moderno è nato in Italia: la premessa furono i liberi comuni italiani, che si dimostrarono capaci di controllare e sviluppare i flussi di traffico, nel Mediterraneo ed in Europa, sia per quanto riguarda le merci, sia per quanto riguarda valute e finanza.

In particolare nasce in Italia un nuovo personaggio, che non è più catalogabile nella categoria classica del Medioevo, dei “mercatores”, perché presenta connotati differenti, per intraprendenza, amore del rischio, conoscenze tecniche ed industriali, contiguità con la politica, indipendenza ed autonomia di pensiero, l’uomo d’affari.

Gli uomini d’affari italiani hanno dominato le vie di scambio in tutto il periodo che va dalla ripresa dopo l’impero carolingio fino alla scoperta dell’America: essi furono capaci di conservare e sviluppare le tecniche bancarie mutuate dall’antichità ellenistica, come le conoscenze di calcolo apprese dal mondo arabo.

A partire da queste hanno sviluppato, poco alla volta, le nuove tecniche del commercio, dell’assicurazione, dell’informazione, della finanza e della banca moderna, come le nuove attività industriali, con occhio attento alla politica, ma anche all’arte ed alla cultura di cui divennero impareggiabili mecenati. Così facendo, attraverso l’evoluzione progressiva della loro mentalità e delle loro strutture intellettuali, per lo slancio dello spirito capitalistico che li animava, sono stati il fattore principale di quella trasformazione della civiltà, della cultura, dell’arte e dei valori etici che chiamiamo Rinascimento.

Nasce, in questi anni, occorre purtroppo ribadirlo, anche la cesura tra nord e sud d’Italia: a sud comandavano i baroni, a nord gli uomini d’affari. Così è stato per molti secoli, forse ancora oggi.

(Continua)

 

Inserito il:12/05/2018 17:53:03
Ultimo aggiornamento:22/05/2018 12:22:49
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