Izanami et Izanagi sur le pont céleste flottant entre le Cieux et la Terre (source: Ukiyo-e.org)
Storia del Giappone (1) – Preistoria ed età classica antica
di Mauro Lanzi
- Prologo
Del Giappone, da noi, in Europa, si è saputo per secoli molto poco, ed anche oggi tanti aspetti della sua storia, del suo costume, della sua civiltà ci sfuggono, malgrado i prodotti dell’industria e della tecnologia giapponesi siano entrati nell’uso comune; non è un caso questa scarsa conoscenza reciproca, per gran parte della sua storia questo paese ha fatto di tutto per restare separato dagli altri popoli, quasi nascosto ai più, praticando un isolamento, a volte maniacale, nei confronti del resto del mondo, almeno fino alla seconda metà dell’800. Con la “Rivoluzione Meji”, a partire dal 1868, in pochi decenni, il Giappone ha, non solo rotto questo isolamento, ma addirittura recuperato un ritardo di secoli nei confronti dell’occidente, divenendo in breve una delle principali potenze economiche, industriali, ed anche militari del mondo intero, pur mantenendo molti caratteri peculiari che lo differenziano, forse ancora oggi in qualche misura, da altri popoli. Di cosa era il Giappone il mondo doveva rendersi conto con lo shock di Pearl Harbour.
Il Giappone è un arcipelago situato lungo le coste dell'Asia nordorientale ed è formato da quattro isole principali: Hokkaidō, Honshū, Shikoku e Kyūshū, disposte da nord-est a sud-ovest a guisa di mezzaluna; a sud-ovest di Kyūshū si trova anche Okinawa, la maggiore dell'arcipelago Ryūkyū. Honshu è l’isola più grande, con le città principali, Tokyo, Kyoto e le altre; nell’isola di Hokkaido si trova la località di Sapporo, famosa per le olimpiadi invernali che si sono tenute lì anni orsono. A nord di Hokkaido si trovano le isole Kurili, tuttora oggetto di contesa tra Giappone e Russia. Dopo la guerra il Giappone ha conosciuto un periodo di forte aumento demografico; nel 1965 si sono superati i 100 milioni di abitanti, oggi siamo a 126 milioni; da qualche anno è iniziato un trend di decrescita marcato, anche per l’assenza di immigrazione. Il paese si estende su di una superficie di 377 mila kmq, di cui il 67% è montuoso o boschivo; ne consegue che il paese ha una densità abitativa tra le più alte al mondo, nelle zone popolate.
La storia del Giappone si divide in grandi intervalli di tempo (comunemente chiamate "età") che a loro volta vengono suddivise in intervalli di durata minore chiamati "periodi" o "epoche". Questi ultimi si differenziano tra loro in base ai cambiamenti nella produzione artistica o a seconda dell'evoluzione della struttura politica del Paese. Le età si suddividono in Età Preistorica (fino all’VIII secolo d.c.), Età Classica Antica (fino al XII secolo), Età Medievale (fino al XVI – XVII secolo), Età Premoderna (fino inizio xx secolo).
- Età preistorica
Le origini della civilizzazione giapponese sono sepolte nella leggenda. Secondo la storia della creazione ritrovata nelle Cronache del Giappone, documento risalente al 720 d.c, le isole giapponesi vennero create da due dei, il maschio Izanagi e la femmina Izanami, discesi dai cieli per eseguire questo compito. Essi portarono con loro altri esseri, i kami (divinità o forze sovrannaturali), come quelli che influenzano il mare, i fiumi, i boschi e le montagne. Due di queste divinità, la dea del sole Amaterasu e suo fratello, il dio della tempesta Susanoo, si combatterono l'un l'altro, fino alla vittoria di Amaterasu, che è ancora oggi la divinità più venerata nel pantheon shintoista, che vede negli elementi della natura l’espressione delle divinità. A queste entità, in particolare ad Amaterasu, i primi imperatori facevano risalire le proprie origini.
Origini mitiche sono presenti nella storia di tutti i popoli, ma questi miti rivestono una importanza diversa, particolare, in quanto vennero ripresi dagli storici del XIX secolo e usati come pilastro fondamentale del Kokutai (letteralmente “struttura dello stato”) l'ideologia nazionalistica sviluppatasi nel periodo Meji e dominante fino alla fine della guerra mondiale, che rivendicava l’unicità del sistema politico giapponese, anche in quanto fondato su di un capo, l’imperatore, di origine divina.
L'11 febbraio 660 a.C. è la data, secondo la tradizione, in cui il Giappone sarebbe stato fondato come entità politica dall'Imperatore Jinmu. Questa comunque è una versione della storia giapponese che risale alle prime registrazioni scritte risalenti in un periodo tra il VI secolo e l'VII secolo, dopo che il Giappone ebbe adottato il sistema di scrittura cinese, introdotto dai coreani.
Se vogliamo uscire dal mito e riferirci all’evidenza dei ritrovamenti archeologici, dobbiamo concludere che la preistoria del Giappone abbracciò un periodo assai lungo, se confrontata alla rapida evoluzione di altre civiltà, estendendosi addirittura fino al terzo secolo dopo Cristo; una parte rilevante di questa età è occupata dall’era detta Jomon, periodo lunghissimo che si estende dal 10.000 al 300 a.c., del quale abbiamo testimonianze molto scarse ed incerte; il termine Jomon è stato coniato nel XX secolo ed è la traduzione della locuzione inglese “cord-marked”, attribuito da un archeologo americano alle ceramiche di quest’epoca, quasi tutte decorate imprimendo sulla superficie il rilievo di una fune; le ceramiche Jomon sono forse le più antiche al mondo, le prime risalgono al IX millennio a.c. La tecnica della ceramica si sviluppò poi nei secoli Jomon, sono stati rinvenuti vasi molto più elaborati e divinità femminili dette “dogu”; pur essendo abili ceramisti
Un sostanziale balzo in avanti si realizzò con il passaggio al periodo Yayoi, che abbraccia sei secoli, dal 300 a.c. al 300 d.c. e segna il passaggio dal Neolitico all’età del bronzo e del ferro. Questo periodo prende il nome da un sobborgo di Tokyo in cui furono rintracciati i primi reperti archeologici ad esso relativi; per comune consenso di tutti gli storici i popoli Yayoi provenivano dal continente ed avevano invaso il Giappone dopo aver attraversato la Corea e l’isola di Kiushu: giunti in Giappone gli Yayoi si mescolarono alle genti Jomon; secondo l’opinione di molti studiosi, l’attuale etnia giapponese deriverebbe dalla fusione tra i caratteri etnici di un popolo di cacciatori-raccoglitori, gli Jomon, provenienti dalla Siberia o dalla Mongolia, e quelli di genti dedite all’agricoltura, originarie dell’Asia meridionale, gli Yayoi. Essendo culturalmente e tecnicamente più avanzati, gli Yoyoi non faticarono a sottomettere gli Jomon; ci fu comunque uno scambio di materiale genetico, di pratiche e di culture, ma fu la cultura Yayoi la dominante. Il periodo vide anche una certa continuità nella produzione di ceramiche con l'epoca precedente, ma sebbene le terraglie Yayoi fossero tecnologicamente più avanzate di quelle del periodo Jōmon (poiché erano prodotte al tornio), esse erano decorate in modo più semplice. Un altro aspetto specifico di questo periodo è l’introduzione della metallurgia: se nel resto del mondo si era passati gradualmente dall'età della pietra a quella del bronzo per approdare al ferro, ed il passaggio aveva occupato molti secoli, dal 3000 a.c. fino al 1500 – 1000 a.c, il Giappone passò in un solo balzo dal Neolitico all'uso quasi contemporaneo di utensili in bronzo e ferro, perché introdotti dai cinesi e coreani di cultura più antica. Le tecniche e le conoscenze necessarie alla fusione dei metalli, una volta acquisite, vennero impiegate per realizzare attrezzi agricoli, campane cerimoniali in bronzo, specchi ed armi. Ancora una volta dobbiamo sottolineare il ritardo con cui si sviluppò la civiltà giapponese, tanto più significativo se confrontato con il precoce sviluppo della civiltà cinese, dalla quale i giapponesi trassero nei secoli innumerevoli elementi, in materia di cultura, tecnologie, pratiche di coltivazione.
La società Yayoi era assai più articolata e complessa di quella Jomon: gli Yayoi avevano infatti importato dall’Asia le prime sementi di riso e le tecniche di coltivazione in risaie; quindi da un'alimentazione basata sulla caccia e la raccolta si passò ad una dieta centrata sui prodotti dell’agricoltura, il che comportò anche lo sviluppo delle prime forme di religione, contraddistinte dall'osservazione e dal culto della natura e dall'adorazione di tutti quegli elementi terreni (come il suolo, l'acqua, il sole) che potessero garantire un buon raccolto. Si trattava dunque di una forma arcaica di shintoismo, caratterizzato ai primordi da credenze animistiche, pratiche magiche e influssi sciamanici. Lo shintoismo (letteralmente “la via degli dei”) è tuttora la religione più diffusa in Giappone.
Il passaggio a strutture sociali più complesse fu una logica conseguenza di questa evoluzione; gli Yayoi indossavano vestiti, vivevano in insediamenti stabili, costruivano abitazioni in legna e pietra, accumulavano ricchezza attraverso il possesso della terra e la conservazione del grano e svilupparono distinte classi sociali. Nacquero i primi conflitti e le prime alleanze tribali, si entrò in una fase anche politicamente più evoluta.
Un segnale di questa evoluzione è l’introduzione dell’uso delle sepolture che danno il nome al periodo successivo, il periodo Kofun (300-710 d.c.)
Il nome deriva dalle caratteristiche tombe a tumulo ("Kofun") che andarono diffondendosi sempre più in tutto il Giappone. Le tombe potevano essere di diverse dimensioni e forme a seconda dello status sociale del defunto. I tumuli dei kofun hanno acquistato varie conformazioni nel corso della storia ma la conformazione più comune assume una forma simile a quella di un buco di una serratura (praticamente vede rappresentato un cerchio sopra un trapezio), tuttavia esistono anche kofun con altre forme circolari, rettangolari, quadrati: il kofun a forma di serratura (zempo koen) è il più tipicamente giapponese ed è stato impiegato anche per la sepoltura di imperatori. All'interno, intorno al corpo del defunto venivano posti oggetti a lui cari, per lo più d'origine continentale e di tipo prezioso; potevano esserci sculture in terracotta che ritraevano animali o soldati a protezione del defunto.
Le famiglie più importanti venivano chiamate Uji e possedevano tombe maestose. Il termine uji viene tradotto come "clan", ed il capostipite era lo uji no kami ovvero colui che discendeva direttamente dalla divinità protettrice ed era detentore dei tre simboli sacri: la spada, lo specchio in bronzo e il gioiello. Tutto ciò doveva ribadire e rinforzare il legame di continuità tra passato e presente. Le notizie di cui disponiamo relativamente a questo periodo sono tutte di fonte cinese, relazioni degli ambasciatori Han circa una molteplicità di regni che si sarebbero venuti formando in Giappone in questo periodo, il più potente dei quali, facente capo al clan Yamato, riuscì infine a sottomettere gli altri e a riunire tutto il paese : la struttura politica e la forma di governo che si impongono sono imitazione del modello cinese degli Han, emergono i primi imperatori, molti dei quali risulta fossero anche tributari degli Han.
A questo periodo si fanno risalire anche le prime registrazioni scritte datate VI VII secolo d.c., quando la scrittura giunse in Giappone sotto forma di caratteri cinesi Han, portati dai coreani; la scrittura giapponese ancora oggi è una delle più complesse del mondo ed è costituita da quattro sistemi grafici, due sillabici (hiragana e katagana, costituiti da 71 caratteri, ciascuno corrispondente ad un suono), uno basato sull’alfabeto latino (detto romaji), usato nelle translitterazioni, ed uno, il più corposo, detto kanji, è basato su sinogrammi (2997caratteri), cioè caratteri di origine cinese; è il più importante, è impiegato per esprimere verbi, sostantivi, idee o immagini complesse. Ogni frase giapponese contiene normalmente caratteri kanji e katagana.
L’introduzione della scrittura segna il passaggio per il Giappone dalla preistoria alla storia: giustamente, in ogni latitudine, la storia inizia nel momento in cui un popolo comincia a lasciare di sé testimonianze scritte
- Età classica/antica
La fine del periodo Yayoi/Kofun e l’inizio del periodo Nara (710-794) segna il passaggio per il Giappone dalla preistoria alla storia! Il periodo Nara comporta anche una decisa evoluzione nelle forme di governo del Paese: è il primo dell’età classica e deve il suo nome alla capitale del paese che viene creata in questo periodo. Fino al termine del VII secolo il Giappone non aveva mai avuto una vera e propria capitale: secondo le antiche credenze shintoiste la morte veniva considerata come un evento impuro, tutti coloro che avevano a che fare con esseri morti, come becchini o anche i macellai, erano posti al gradino più basso della scala sociale, come i paria in India. A ragione di ciò, la morte di un imperatore rendeva impuro il luogo in cui era vissuto e quindi il successore doveva trasferire la sua residenza, non c’era una sede stabile per il governo del paese.
Solo nel 710 d.c la raggiunta complessità dell’amministrazione imperiale, a seguito delle riforme introdotte dalla dinastia Yamato, rese improponibile un continuo trasferimento delle strutture amministrative; venne così costruita la prima vera città del Giappone, Nara, che dà il nome a tutto il periodo e si trova sull’isola di Honshu. Prendendo a modello Chang’an, la capitale cinese, Nara fu costruita su pianta rettangolare, dotata di sobri padiglioni, ma anche di grandiosi edifici religiosi, quasi tutti legati al Buddhismo, che comincia a diffondersi in questi anni; tra di questi il Todaji , che ospita un immane statua in bronzo ed è circondato da un parco popolato da cervi, che si lasciano tuttora avvicinare e nutrire dai visitatori.
Il periodo Nara segna la definitiva affermazione del clan imperiale, che cerca una forma di legittimazione del suo potere importando modelli e istituzioni cinesi, ispirate al confucianesimo ed al buddhismo; il capo del clan imperiale si convertì al buddhismo ed assunse il titolo cinese di “tenno” (sovrano celeste), l’antica aristocrazia dei clan alleati accettò il concetto di origine divina dell’imperatore ed i conseguenti doveri di lealtà ed ubbidienza nei suoi confronti, in conformità al dettato confuciano. Il buddhismo divenne la religione di riferimento delle classi dirigenti, mentre lo shintoismo restava radicato nel popolo; per i secoli seguenti la progressiva diffusione del buddhismo rivoluzionò culturalmente il paese, modificandone i lineamenti, le regole politiche ed economiche e rafforzando l’influenza cinese sul Giappone. I rapporti con la Cina sono uno degli argomenti più complessi della storia di questa nazione; in ogni epoca, il desiderio d’accesso alla cultura cinese da parte del Giappone fu sempre fortissimo, a riconoscimento del superiore livello di civiltà di quel mondo, e fu anche la base di un consistente interscambio commerciale tra i due paesi; il Giappone importava dalla Cina soprattutto due elementi, la cultura ed il lusso: la cultura voleva dire fondamentalmente religione, la religione buddhista, i suoi riti, i suoi scritti, gli aromi che dovevano accompagnare le cerimonie ed, infine anche il tè, che secondo i monaci buddhisti aiutava la concentrazione nelle loro pratiche. Ben presto anche il Giappone sviluppò una coltura di piante da tè, di qualità elevata, che veniva comunque sempre mescolato con tè cinese; sappiamo bene come la cerimonia del tè assunse un significato essenziale nella vita Giapponese. Sotto il profilo del lusso, si importavano dalla Cina seta, dipinti, oggetti d’arte, pietre e minerali preziosi, ceramiche (anche e soprattutto per la cerimonia del tè) e, sorprendentemente anche monete di rame, che venivano contrabbandate eludendo le severe disposizioni degli imperatori cinesi; per molti secoli, durante il medioevo cinese, il governanti di questo paese non sentirono la necessità di battere moneta, il circolante era costituito quasi esclusivamente da monete in rame di origine cinese. Non sempre tutto andò liscio sul piano commerciale, la pirateria giapponese soprattutto inveleniva i rapporti, mentre da parte cinese si manifestava in continuazione un palese senso di superiorità, che portava gli imperatori cinesi a considerare l’omologo giapponese come un tributario da cui ci si attendevano gesti di sottomissione. Il rapporto tra i due paesi sarà sempre un rapporto di amore/odio, che esploderà nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.
Tornando al periodo Nara, la conseguenza della diffusione del buddhismo fu anche il potere che il clero buddhista riuscì ad acquistare in breve tempo e di cui fece uso non solo per costruire templi o accumulare ricchezze, ma anche per intromettersi nella politica e negli affari di governo; il culmine fu raggiunto da un monaco di nome Dokyo, che riuscì a plagiare la debole imperatrice, si fece nominare primo ministro e si installò a palazzo come principe consorte. La reazione non si fece attendere; l’imperatore Kammu, pochi anni più tardi, trasferì la capitale ad Hejan (la futura Kyoto), proibendo ai monaci buddhisti l’accesso alla nuova capitale; contemporaneamente si stabilì che gli imperatori dovessero essere scelti solo tra i discendenti maschi (norma cancellata solo di recente).
L’ultima fase del periodo Nara segna la nascita della nazione giapponese che inizia ad elaborare forme di cultura originali rispetto ai modelli cinesi, il buddhismo viene reinterpretato ed adattato alle esigenze della nazione, si creano nuovi templi shintoisti, nascono espressioni artistiche originali, si sviluppano nuove forme di letteratura tra cui la raccolta di 4500 poesie, opera di aristocratici ed imperatori che va sotto il nome di Manyoshu.