Aggiornato al 20/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Mario Sironi (1885-1961) - Bozzetto del manifesto del decennale dell’era fascista - 1932

 

Renzo de Felice e il suo pensiero storico controcorrente

di Tito Giraudo

 

Il Centro Pannunzio di Torino ha voluto ricordare lo storico Renzo de Felice nel ventesimo della sua scomparsa, con un dibattito cui hanno partecipato: lo storico Gian Enrico Rusconi, il giornalista Maurizio Assalto e il Direttore del Centro, lo storico prof. Gian Franco Quaglieni.

 

Quando uscì il primo volume: “Mussolini, il rivoluzionario”, nel mondo politico e accademico successe il finimondo; l’accusa più educata fu quella di “revisionismo” che comunque non fermò lo storico dal portare a termine la monumentale Storia del Fascismo.

L’ultimo volume: “Mussolini, l’alleato” venne pubblicato nel 1997 con De Felice scomparso l’anno prima.

Essendo tra coloro che hanno letto l’intera opera di cui mi sono servito per le mie ricerche storiche (da modesto dilettante) sul Novecento, mi sento di dire che, prima di lui, ben poco di veramente valido sul fascismo era stato scritto e pubblicato, così come, dopo di lui, nulla è stato scritto che non tenesse conto della sua biografia su Mussolini.

Sono passati venti anni dalla morte dello storico, si sono placate le polemiche più virulente, tuttavia della sua biografia del Duce se ne parla il meno possibile e anche l’altra sera nel suo ricordo al Circolo della Stampa, ho colto (non nell’intervento del prof. Quaglieni, in quello dei due relatori) timidezze nell’affrontare la figura dello storico e i principali nodi sul fascismo, nodi che forse il De Felice non ha sciolto del tutto ma il cui contributo è stato determinante nell’affrontarli dal punto di vista storico, al di là dei tatticismi politici e ideologici presenti tutt’ora sul tema.

L’antitesi fascismo-antifascismo è permeata, ancora oggi, da quei valori morali che lo storico contestava per una corretta visione. L’antifascismo non esisterebbe senza il primo e quindi solo storicizzando soggetti e fatti di almeno un trentennio (il Fascismo non nasce nel ‘19 ma immediatamente prima del conflitto mondiale con i fasci di combattimento), si possono meglio comprendere le vicende che hanno portato alla Prima Repubblica, alla sua Costituzione e alla Democrazia rappresentativa dei Partiti, alcuni nati, altri rinati dalle macerie del fascismo.

Si dice che la Storia la scrivono i vincitori. Così è avvenuto per la guerra civile che dal ‘43 al ‘45 ha insanguinato l’Italia lasciando una scia di sangue durata alcuni anni (come bene ne ha scritto Pansa). Tra le tante contestazioni, fu proprio il termine di “guerra civile” che la vulgata resistenziale contestò a De Felice. Certo, vista dall’occhio dell’antifascismo, la Resistenza assume una sua sacralità (lo stesso sarebbe avvenuto da parte fascista se questi avessero prevalso), sta di fatto che due Italie politiche si scontrarono in una vera e propria guerra civile, soprattutto grazie alle vicende dell’occupazione alleata al sud e quella nazista al nord. Con la maggioranza degli italiani, attoniti, a guardare e, solo a guerra praticamente conclusa, si riversarono in una delle due parti.

Al di là delle terminologie, il lavoro di De Felice sul fascismo va ben oltre la fase del declino e della caduta, dal momento che l’uomo politico governerà ininterrottamente per un ventennio.

Nell’immediato dopo guerra Renzo De Felice militò nel Partito Comunista. Dalla facoltà di Giurisprudenza si iscrisse a quella di filosofia, giudicandola più consona per indagare il pensiero politico. Sarà un suo professore, lo storico liberale Federico Chabod, ad appassionarlo agli studi storici. Si laureerà con laude con una tesi sulla Repubblica Romana. Nel ‘56, dopo i fatti di Ungheria, abbandonerà il PCI militando per un breve periodo nel PSI autonomista. Diventerà indipendente aderendo al manifesto di quegli intellettuali (tra cui Montanelli) che si pronunciarono elettoralmente per un arco che andava dai liberali ai socialisti. Il suo interesse predominante fu comunque la ricerca storica, in particolare quella volta ad indagare la figura di Mussolini e il Fascismo. Penso che nella sua ricerca fu influenzato dal suo amico e storico Delio Cantinori, pure lui di sinistra, ma con un passato giovanile di collaborazione culturale con il regime.

Mi sono avvicinato e poi ho letto l’intera opera di De Felice, anche per ragioni familiari. Mio padre, prima socialista e sindacalista rivoluzionario, fu convintamente fascista, critico del regime fu perseguitato e imprigionato nel ventennio e per contrappeso di nuovo imprigionato ed epurato dopo la Liberazione. Nonostante ciò, venerava il Duce che aveva conosciuto da socialista. Di conseguenza, il mio interesse è sempre stato concentrato sulla genesi e le origini del movimento, nonché sulla presa del potere mediante quella specie di rivoluzione che fu la Marcia su Roma.

In effetti, De Felice considera quella fascista una rivoluzione. Sul tema è profonda la divisione con i suoi critici che considerarono il fascismo mero fenomeno reazionario. Lo storico non nega che di reazione sicuramente si può parlare, se si considerano gli alleati della prima ora: la borghesia e la Corona. Considera invece rivoluzionario il primo movimento fascista, il fascismo delle origini che coinvolse soprattutto i nuovi ceti piccolo borghesi.

Il dopo guerra vide emergere una piccola borghesia scontenta e frustrata di cui il Fascismo si fece interprete. Tuttavia il nucleo principale del Movimento fu quella sinistra interventista che nel ‘14 seguì Mussolini quando, Direttore dell’Avanti, fece la giravolta dal neutralismo all’interventismo. Interessanti le considerazioni di De Felice che confuta in quella scelta la matrice economica per la nascita del Popolo d’Italia. Lo storico considera che Mussolini in quella scelta non avesse nulla da guadagnare, fuorché l’espulsione dal Partito e dalla Direzione dell’Avanti: il certo per l’incerto.

De Felice presenta un quadro del primo fascismo molto più sfaccettato rispetto alla vulgata degli storici repubblicani del dopo guerra. Diverse, secondo lui, le anime del Fascismo delle origini: il Fascismo di sinistra e rivoluzionario, quello nazionalista e reazionario, il Fascismo cittadino e quello delle campagne che generò lo squadrismo; inoltre, analizza le differenze tra il Fascismo movimento e la trasformazione in Partito Nazionale Fascista voluta da Mussolini in antitesi allo squadrismo, un dualismo, che durerà ben oltre la conquista definitiva del potere dopo il delitto Matteotti, sul quale delitto De Felice analizza i pro e i contro del coinvolgimento diretto di Mussolini, considerando che quella fu l’unica grande crisi che rischiò di vanificare la conquista dello Stato e quanto poco il dittatore avesse da guadagnare.

Rusconi l’altra sera si è posto una domanda: De Felice si è innamorato del personaggio? Personalmente non lo credo. Certo, viene fortemente ridimensionata, nella biografia, l’immagine di un dittatore e di un regime crudelmente totalitari. Il personaggio Mussolini ne esce problematico e sfaccettato: grande giornalista, abile politico, demagogo quanto basta, ma soprattutto grande opportunista, ed è questo suo opportunismo che gli consentirà di prendere il potere e di governare, ma che lo porterà anche alle scelte sciagurate dell’alleanza con Hitler e le conseguenti leggi razziali e la guerra che sarà la sua rovina.

Interessantissimo il volume che gli commissionò la comunità ebraica sulle vicende razziali italiane dove si evince che Mussolini sugli ebrei, fino a quando volle compiacere l’irresistibile ascesa del Fuhrer, non aveva preconcetti (tanto meno di carattere libertino, vedi l’ebrea Scarfatti, sua amante per un lungo periodo). Sul tema delle leggi razziali, varrà la pena di approfondire.

Sul valore dell’opera i dubbi sono venuti tutti dall’Italia e dagli storici di sinistra. Nelle oltre diecimila pagine si è andato a cercare il pelo nell’uovo. Fondamentalmente però l’accusa principale è sempre stata quella di leso antifascismo, come se “l’anti”, nella valutazione storica di un fenomeno, avesse valenza scientifica.

Inserito il:25/10/2016 17:00:02
Ultimo aggiornamento:25/10/2016 17:14:09
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