Marc Chagall (Bielorussia, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) - Caino e Abele
Siamo tutti Caino
di Bruno Lamborghini
Massimo Recalcati, scrittore e psicanalista, ha scritto un libro “Il gesto di Caino” facendo della storia di Caino un caso fondamentale della psicologia umana e della compresenza in ciascuno di noi dell’amore per il prossimo assieme all’odio per il prossimo. Recalcati afferma: “Prima dell’amore per il prossimo lo scandalo dell’odio fratricida interroga la vita umana”. Caino non è il cattivo e Abele il buono: entrambi hanno le due componenti , solo che Caino ha lasciato prevalere l’odio. Ma non è tanto l’odio per suo fratello, è il bisogno di Caino di sentirsi Dio che lo ha spinto ad uccidere perché ha prevalso il senso di mancanza del potere, cioè di non essere come Dio che è l’unico che non ha mancanze, anzi la sua Parola mette in evidenza il senso di mancanza dell’uomo. E’ un tema che percorre tutta la narrazione biblica: la tentazione di Adamo ed Eva si ripete in Caino e poi in tutta l’umanità. E’ la tentazione di provare ad essere come Dio, utilizzando la libertà che Dio ha donato all’uomo.
Non vi è dubbio che la prima mancanza che sentiamo è la morte che non possiamo fermare. E allora la tentazione è di gestire la morte di un altro, del prossimo, del fratello perché ci da la sensazione di essere più forti della morte perché la gestiamo. Ma questo può riguardare anche il suicidio, non solo l’omicidio. Ci sono tanti femminicidi da parte di mariti, spesso seguiti dal suicidio. Perché per qualche ragione il marito perde una sua proprietà, ha il senso di una mancanza e allora si convince di gestire questa mancanza con un atto di violenza, come Caino, seguito spesso da un altro atto di violenza su di se, seguendo l’istinto, il bisogno di sentirsi padrone della vita, di essere comunque vincente.
Gesù Cristo ha insegnato che il primo comandamento è amare il prossimo come se stessi e sapeva bene, perché lui stesso ha sperimentato le tentazioni nel deserto, che nell’animo dell’uomo hanno lo stesso peso (forse di più il primo) l’odio per il prossimo e l’amore per il prossimo. Sapeva bene che viene più facile provare odio che amore. Amare richiede una battaglia, non è gratis, perché impone di spossessarsi di sé, a differenza dell’odio che invece è carico di possesso di sé, cioè di egoismo. L’amore è spossessamento, annullamento di sé, sentirsi totalmente l’altro. Nell’innamoramento questo avviene in modo visibile e naturale, ma non è così sempre, anzi spesso avviene il contrario. Basta poco per sentire l’altro come un nemico, come un diverso che ti può minacciare. Il razzismo è emblematico come sommatoria dei sensi di paura e di odio di un popolo. Le politiche populiste sanno usare bene questo approccio per i loro fini elettorali e di potere.
Per Cristo la condanna a morte era il costo versato per far vincere l’amore e lui bene sapeva che la vittoria dell’amore era una conquista difficile, mai sicura, da combattere caso per caso, persona per persona. Al di là della fede, l’amore reciproco è anche la base per una società umana giusta e pacifica, senza guerre, senza conflitti, violenze, disuguaglianze, iniquità. Una utopia concreta, come quella di Adriano Olivetti, una missione impossibile, ma necessaria.
Spesso ci hanno insegnato che il male è fuori di noi, è frutto diabolico. In realtà, come dice Recalcati, è tutto dentro di noi, la strada dell’odio, dell’egoismo, del cercare l’immortalità, della volontà di dominare la vita, un meccanismo che cerca di bloccare la via dell’amore per gli altri che è pure dentro di noi, ma fa fatica a prevalere. In realtà, la strada dell’odio non porta felicità, ma solo ansia, angoscia, bisogno di non fermarsi mai ad accumulare ricchezze, uccidere anche solo con le parole.
Solo la via dell’amore conduce alla felicità. Questo dovrebbe bastarci nelle scelte della nostra vita, ma molto spesso siamo illusi dagli specchietti che noi stessi ci costruiamo nei rapporti con gli altri e quindi seguiamo Caino, anzi siamo tutti Caino.