Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Aaron Bohrod (Chicago, 1907 – Monona, Wi, USA, 1992) - German artillery near a snowy Belgian village

 

Germania ultimo atto - (4)

(seguito)

di Mauro Lanzi

 

4. Le Ardenne, il colpo di coda di Hitler.

La mattina del 16 dicembre 1944, mentre all’Alto Comando Alleato si stavano preparando i biglietti d’auguri per Natale, gli avamposti americani nelle Ardenne furono svegliati dallo sferragliare dei Panzer nemici; più di 20 divisioni tedesche, 7 delle quali corazzate, investirono un settore presidiato da solo quattro divisioni americane, logore per i recenti scontri o inesperte, soprattutto impreparate ad affrontare la tempesta che si stava per abbattere su di loro.

I comandi alleati ARDENNE '44: UN INFERNO - Spietati - Recensioni e Novità sui Filmfurono colti di sorpresa; non funzionò l’intelligence, di solito molto attenta ai movimenti del nemico, che in questa circostanza non si avvide che ben 18 divisioni erano state trasferite dal fronte russo. Mancò, da parte degli alti comandi alleati, una visione complessiva del teatro di guerra, non si considerò che il nemico disponeva sul fronte russo di forze doppie di quelle dispiegate contro gli Alleati. Non si tenne conto che il successo in Normandia era stato favorito anche dalla gigantesca offensiva scatenata sul fronte est, che aveva portato l’Armata Rossa a raggiungere la Vistola a fine estate, dopo aver inflitto perdite per un milione di uomini al nemico. Erano quindi sostanzialmente infondate le valutazioni di Montgomery e Bradley che stimavano il nemico inchiodato su posizioni puramente difensive; commisero entrambi l’errore di attendersi da Hitler una condotta strategica razionale, pensarono che ragionasse come loro; eppure avrebbero dovuto conoscerlo!!

File source: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Warszawa_Powstanie_1944-08-04.jpgL’arrivo dell’Armata Rossa sulla Vistola aveva innescato la rivolta polacca; il 1° agosto ’44, l’”Armia Krajova”, l’armata della resistenza polacca scatenò l’insurrezione, scagliando contro le forze naziste 37.000 uomini, male armati o addirittura privi di armi, nella speranza di un aiuto da parte dei sovietici (a sinistra, le zone di Varsavia in mano agli insorti). I tedeschi non consideravano essenziale, da un punto di vista strategico, la tenuta di Varsavia, ma il coraggio mostrato da un popolo disprezzato, da uomini considerati inferiori, scatenò una rabbia cieca che portò le SS a compiere efferatezze persino peggiori di quelle compiute in Russia; in 63 giorni furono massacrati 10.000 resistenti e oltre 200.000 civili, compresi donne e bambini di cui i tedeschi si facevano scudo nei combattimenti, Varsavia fu ridotta ad un cumulo di macerie. Il tutto sotto gli occhi dell’Armata Rossa che non mosse un dito per soccorrere gli insorti; non si è mai potuto dimostrare che questa inerzia fosse intenzionale, ma è un fatto che Stalin bloccò anche gli aiuti che gli alleati cercavano di far pervenire per via aerea, è un fatto che anche dopo la “liberazione” di Varsavia i servizi segreti russi si attivarono per eliminare fisicamente quel poco che restava della “Armia Krajowa”.

Ai primi di novembre il generale Zukov annunciò l’arresto delle operazioni sulla Vistola.

Su questa premessa si basò il piano d’attacco sulle Ardenne; l’idea, la decisione ed il piano strategico furono interamente di Hitler, che dopo l’attentato del ’44 non si fidava più di nessuno, specialmente dei generali più anziani e più esperti. La mente di Hitler era solita ripetere gli stessi percorsi: il Führer era convinto che tra i due avversari gli angloamericani fossero di gran lunga il più malleabile, una dura sconfitta li avrebbe indotti a scendere a patti, cosa che non sarebbe mai accaduta con i russi. Così si esprimeva Hitler con i suoi generali.

«Nella storia mondiale non ci sono mai state coalizioni composte da elementi così eterogenei e con obiettivi così divergenti come quella dei nostri avversari... può accadere in qualsiasi momento che questo fronte tenuto insieme artificiosamente crolli improvvisamente con un enorme frastuono.»

Hitler cercava quindi un’altra Dunkerque, alla quale l’alleanza, secondo lui, non avrebbe retto; ripercorrendo lo stesso cammino della primavera del’40, le divisioni tedesche avrebbero dovuto attraversare le linee nemiche sulle Ardenne e puntare su Anversa, tagliando fuori i britannici dai loro alleati americani. A questo punto, sistemate le cose sul fronte occidentale, l’esercito tedesco avrebbe potuto concentrare tutte le sue risorse nello scontro con i russi.

“Tenebre, nebbia e neve” saranno nostri alleati sosteneva Hitler ed effettivamente bloccarono per parecchi giorni l’aviazione degli angloamericani. I generali tedeschi cercarono invano di spiegare al Führer che l’esercito tedesco non era più quello del ’40 ed anche gli avversari non erano gli stessi, che era opportuno limitarsi ad obiettivi più ragionevoli, come riprendere Aquisgrana; non ci fu nulla da fare, Hitler mantenne fermi i suoi obiettivi: pretese l’impiego di almeno 200.000 uomini trasferendo dal fronte nord le divisioni corazzate d’elite, come la “Grossdeutschland”, la “Hitlerjugend”, la “Adolf Hitler” ed altre di pari livello. Per assicurarsi l’esecuzione scrupolosa dei suoi ordini affidò il comando ad un giovane generale, appena quarantasettenne, File source: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bundesarchiv_Bild_146-1976-143-21,_Hasso_von_Manteuffel.jpgHasso Von Manteuffel (a sinistra) che si era distinto in alcune controffensive in Russia, coronate da successo. L’attacco doveva essere preceduto da una manovra di disinformazione, brillantemente organizzata e condotta da Otto Skorzeny, l’uomo che l’anno prima aveva liberato Mussolini sul Gran Sasso; alcune centinaia di uomini appartenenti ad unità di commandos, tutti capaci di padroneggiare alla perfezione la lingua inglese, vestiti con divise americane, muovendosi su jeep americane, si sarebbero dovuti infiltrare tra le linee nemiche, per tagliare cavi elettrici e telefonici, spostare i cartelli stradali, creare false segnalazioni di campi minati, diffondere ordini contraddittori, il tutto per seminare confusione e disordine tra gli avversari; in un secondo tempo le stesse unità avrebbero dovuto impadronirsi dei ponti sulla Mosa: si parlò anche di un attentato ad Eisenhower (?!). La seconda parte del piano non fu mai eseguita, ma la prima riuscì alla perfezione; confusione e disinformazione regnarono sovrane, per i primi giorni ed anche per questo motivo il comando generale alleato tardò a reagire: quando poi le infiltrazioni cessarono, la psicosi rimasta fu tale che centinaia di soldati americani furono arrestati per non aver dato in tempo risposte soddisfacenti, si verificò anche che pattuglie americane si sparassero tra di loro! Bradley, ancora il giorno 17, riteneva che si trattasse di un diversivo; quando si rese conto della portata dell’attacco sbottò: ”Ma dove le ha prese quel figlio di p…. tutte queste divisioni”!!

Alle 5:30 del mattino del 16 dicembre l’artiglieria tedesca aprì il fuoco sulle postazioni americane; un’ora dopo le unità di Von Manteuffel si riversarono come un fiume in piena sul nemico che si trovava nel caos più assoluto, facendo migliaia di prigionieri, travolgendo uno dopo l’altro tutti gli avamposti americani. Il morale dei soldati tedeschi era altissimo, come ebbero a rimarcare gli stessi comandanti alleati, grande era ancora la fiducia che essi riponevano nel Führer; così sospinti dal loro stesso entusiasmo e guidati dall’abile strategia di Manteuffel che alternava infiltrazioni di unità di fanteria con accerchiamento di carri armati, i tedeschi compirono nei primi due giorni progressi considerevoli; il giorno 17, con un’abile manovra a tenaglia i corpi corazzati tedeschi riuscirono ad accerchiare due reggimenti americani della inesperta 106° divisione di fanteria, facendo prigionieri in poche ore 8 o 9000 soldati avversari (Schnee Eifel); la più grave disfatta subita in Europa, per ammissione degli stessi comandi alleati.

Lentamente la reazione degli alleati cominciò a prendere corpo: Eisenhower mobilitò la riserva strategica ed affidò il coordinamento della controffensiva alleata a Montgomery, decisione che lascerà pesanti strascichi. Con la solita arroganza il feldmaresciallo inglese si vantò di aver dovuto salvare gli americani, che invece stavano provvedendo da soli; la “Big Red One”, la migliore divisione di fanteria americana, aveva iniziato a muoversi verso il fronte ma erano truppe che distavano 160 km dalle prime linee, furono i comandi locali che compensarono le carenze degli alti comandi: l’avanzata sulla destra della 6° armata di Sepp Dietrich, una mossa fondamentale nella strategia di Hitler perché puntava diretta su Anversa, fu bloccata da unità di fanteria americane decise a resistere fino alle fine, rinforzate in un secondo tempo da unità corazzate intorno al crocevia di S. Vith.

Al centro le unità di Manteuffel sembrava non avessero ostacoli: ma dopo un’avanzata di 50 km, il giorno 18, le avanguardie tedesche investirono un caposaldo il cui nome è scritto nella storia e nell’epopea dell’esercito americano: Bastogne.

Bastogne si trovava al centro di un reticolo viario che ne giustificava l’importanza, ma, al momento, era difesa solo da un reggimento di genieri; questi, diversamente da tante altre unità, non cedettero subito, anche di fronte a forze preponderanti. Così il comando americano riuscì a far affluire sul posto, l’unica riserva disponibile in zona, la 101° divisione aviotrasportata, le famose “Screaming Eagles” (Aquile Urlanti, a destra il loro stemma), al comando del colonnello Anthony Mc Auliff, per l’assenza del titolare Maxwell Taylor. Le “Aquile Urlanti” giunsero il giorno 19, trasportate su camion, ma, per loro natura, non disponevano di armamento pesante; Mc Auliff, che era un ufficiale di artiglieria, era riuscito a raccattare qualche cannone, ma poca cosa per fronteggiare le fanterie corazzate tedesche. Nonostante ciò i paracadutisti americani riuscirono a creare intorno a Bastogne un anello d’acciaio, capace di reggere, per i due giorni successivi, malgrado munizioni e provviste cominciassero a scarseggiare, l’attacco di fanterie e carri tedeschi, che via via affluivano, compresa la famosa “Panzer Lehr”. A questo punto Manteuffel decise di aggirare l’ostacolo, per non far perdere slancio alla sua avanzata; in questo modo Bastogne si trovò accerchiata, i difensori costretti a retrocedere sotto la crescente pressione del nemico.

Il giorno 21 un ufficiale tedesco che issava una bandiera bianca si presentò davanti alle linee americane per intimare la resa alla guarnigione assediata. La risposta che diede Mc Auliff (a sinistra) lo consegna per sempre alla storia ed alla leggenda dell’esercito americano. Una sola parola; “Nuts” (sciocchezze, per usare un eufemismo). Il giorno 22 il miglioramento delle condizioni atmosferiche consentì all’aviazione americana di lanciare su Bastogne rifornimenti, viveri, munizioni ed anche pezzi di artiglieria; rinfrancati, i difensori ressero, senza mollare un metro, la furibonda reazione tedesca; Manteuffel, bloccato sulla Mosa dalle riserve che Montgomery stava facendo affluire, scagliò alla fine tutta la 5° Armata sulle difese degli assediati. Gli americani trascorsero un Natale di fuoco, terrore e sangue, senza mai lasciarsi soverchiare dal nemico; il giorno 26, alle 16:45, i carri armati di Patton spezzarono l’assedio portando aiuto agli eroi di Bastogne. Per i tedeschi era l’inizio della fine. Già dal giorno 23 l’aviazione americana aveva ripreso a volare, creando gravi problemi ai tedeschi che praticamente non potevano più muoversi nelle ore diurne; Manteuffel, per superare la Mosa, aveva disperatamente richiesto rinforzi fin dal giorno 23, rinforzi che gli furono concessi solo il 26 quando l’inerzia degli scontri pendeva ormai dalla parte del nemico e l’azione dei bombardieri americani rendeva difficoltoso far affluire i nuovi reparti in prima linea.

Al quartiere generale tedesco si era aperta una dura controversia tra chi, come Rundstedt e Guderian, insisteva per una rapida ritirata e chi, come Jodl e Keitel appoggiava l’idea di Hitler di proseguire l’offensiva ad ogni costo, quando ormai sui fianchi del saliente di Manteuffel si stringeva la tenaglia della controffensiva americana; così si perse inutilmente una settimana in un assurdo logoramento, privo di ogni speranza, delle forze tedesche, che rimanevano via via senza munizioni e senza carburante.

Il giorno 3 gennaio Hitler dette l’ordine di ritirata; secondo le testimonianze degli stessi americani, i reparti tedeschi si ritirarono in perfetto ordine, non ci fu neppure l’accenno di una rotta, anche se buona parte dell’equipaggiamento dovette essere abbandonato per mancanza di carburante.

La battaglia delle Ardenne si concluse con una indubbia vittoria degli americani, anche se Montgomery se ne attribuì il merito, tra lo sgomento e la rabbia dei comandanti americani che, di reparti britannici, non avevano visto neppure l’ombra. I tedeschi avevano bruciato ogni residua possibilità di riprendere l’offensiva, nessuna operazione di rilievo poteva essere più intrapresa sul fronte occidentale. Come spesso accaduto in passato, gli Alleati non tentarono neppure di sfruttare la vittoria; riguadagnate le posizioni che occupavano prima dell’attacco tedesco si fermarono per riorganizzarsi e leccarsi le ferite; un’altra opportunità di accelerare la fine del conflitto andò perduta.

Chi trasse i maggiori vantaggi dalla debacle tedesca fu Stalin.

(Continua)

 

Inserito il:25/06/2020 16:53:10
Ultimo aggiornamento:16/07/2020 18:03:31
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