Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Luca Signorelli (Cortona, 1441-1523) – Dante Alighieri
 

La lingua italiana, dal passato al futuro


di Cesare Verlucca & Giorgio Cortese

 

Cari amici di nelfuturo.com,

è da mo’ che Giorgio Cortese ed io ci stiamo occupando di argomenti neutrali che non abbiano niente da spartire con quelli che affliggono le attuali tristezze del mondo: dalla pandemia che stenta a scemare, alla vicina guerra tra la Russia e l’Ucraina, venduta da Vladimir Putin come la volontà del Cremlino di fermare l’avanzata della Nato all’Est.
L’Ucraina, a séguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, è diventata stato indipendente nel 1991 (31 anni fa!), ed ora è tornata in balìa di un destino ingrato, con la Russia che se la vuole riprendere a colpi di cannone: il mondo intero ne condanna l’infamia, e noi ovviamente con loro. Ma, in un contesto così complesso, ogni ipotesi sugli sviluppi a breve degli eventi attuali è così lontana da prospettive certe, che è giocoforza trovare altri soggetti sui quali discutere, e buon per noi che ne abbiamo avuti e continueremo ad averne, i quali per di più ci appassionano pure.
Chi mi e ci conosce, sa che l’evolvere della lingua italiana corre l’alea di perdere la sua autonomia rispetto ad altre lingue del mondo, e questo ci addolora assai; usare sistematicamente termini inglesi (o di qualsiasi altro linguaggio), rappresenta qualcosa di più di un peccato veniale, massime se si pensa che esistono tuttora (ma fino a quando?) lemmi italiani di indubitabile valenza, che forse un bel dì vedremo sparire come il dolce fil di fumo di Cio-Cio-San.
La lingua parlata in Italia, e non solo, si è evoluta nel corso del tempo, iniziando alla fine dell’Impero Romano nel quinto secolo, a partire dal quale le varie forme vernacolari si sono estese nella vita giornaliera dei vari territori; mentre per qualche secolo, specialmente durante il Medioevo, la lingua universalmente diffusa era il latino, usato non solo nelle università europee, ma in tutti gli atti ufficiali e in varie procedure ecclesiastiche
I primi documenti scritti in lingua vernacolare (prediletta dalla maggior parte della popolazione del tempo) incignano a partire dal 960; mentre, per arrivare alla lingua italiana che parliamo ancora adesso, bisogna giungere all’inizio del XIII secolo, quando buona parte della letteratura (in particolare le poesie) inizia a essere diffusa attraverso un dialetto regionale, quello usato particolarmente a Firenze, dove operano tre mitici personaggi: Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Petrarca (1304-1374), Giovanni Boccaccio (1313-1375), veri Padri di una generazione che si svilupperà lungo la strada da loro individuata.
Leggendo il testo fin qui (cosa che s’impegna sistematicamente a fare con debita attenzione), l’amico Giorgio s’era imbattuto, alcune righe dianzi, nel verbo incignare e, ritenendo fosse decisamente desueto, s’era affrettato a consigliarmi d’aggiungere che il lemma deriva direttamente dal toscano, con una sua origine dotta, proveniente dall’Encenia, l’antica festa pagana della dedicazione del tempio, festa che avveniva anche tra gli antichi Giudei quando celebravano solennemente il giorno della dedicazione del tempio a Gerusalemme.
Mì adeguo com’è mia consuetudine e, all’insegna dell’absit iniuria verbis (sia detto senza offesa), proseguo a parlare della
lingua italiana, come la conosciamo oggi, constatando che è il risultato di un lungo processo di evoluzione e dibattito iniziato nel 1600, circa la forma corretta della lingua da utilizzare, sia nello scritto che nel parlato. Quest’ultima questione rimase in sospeso per qualche tempo. Alla fine del 1900, molti scrittori e personaggi culturali del tempo applicarono il modello toscano in molti aspetti della lingua.
Quando parliamo di fondazione dell’italiano moderno, dobbiamo tenere in considerazione diversi aspetti storico-sociali che hanno da sempre caratterizzato l’Italia e la sua lingua. Per secoli, prima dell’Unità d’Italia, il Paese era diviso in un certo numero di stati diversi,solitamente governati da domìni stranieri. Quando l’Italia fu riunita nel 1861, il Toscano fu reso la lingua ufficiale del Paese.
All’interno della popolazione italiana, comunque, c’erano (e sempre ci sono stati) alti tassidi analfabetismo che continuò, in maniera predominante, nelle regioni rurali, fino al 1950.
Per chiudere questo testo, ci siamo felicemente imbattuti in un brano a firma di Ilaria Orabona, che non conosciamo, ma della quale apprezziamo toto corde il parere che ci ha formalmente coinvolti, intitolato come meglio non avremmo potuto fare:

Essere fieri del nostro idioma

che giriamo a quanti, come noi, amano la propria lingua.

«Basterebbe studiare la storia della nostra bella penisola per renderci conto che siamo un paese giovane dal punto di vista nazionale; abbiamo acquisito l’unità solo a partire dalla seconda metà dell’800. Prima, il nostro paese era diviso in tanti stati, ognuno sotto un dominio diverso, straniero, il più delle volte. È un retaggio culturale forse, il nostro, che non ci permette di svincolarci dal sentirci pienamente italiani.
Sin dai tempi di Dante Alighieri, la lingua in Italia ha rappresentato da sempre un problema a cui dare un’urgente risposta. Dante si è adoperato per dar vita ad un “volgare” illustre, la lingua dei fiorentini, che superasse gli ostacoli dati da una lingua dotta come il latino,appunto parlato solo dagli intellettuali, e dai tanti dialetti disseminati lungo il nostro territorio.
Quindi, non ci dovrebbe meravigliare quando sentiamo l’impellenza di ricorrere a parole che scavalcano le Alpi. Quando non ci sentiamo abbastanza autorevoli a livello di comunicazione se non facciamo riferimento ad un bagaglio lessicale sovra-nazionale. Dovremmo altresì nutrire fiducia in noi stessi, sentirci figli della nostra patria, della nostra cultura, della nostra lingua. Dovremmo essere fieri di un idioma per il quale si sono adoperati, per la sua edificazione, personaggi illustri che tutto il mondo letterario ci invidia.
Impariamo ad avere più fiducia nell’italiano, così come dimostriamo di averla quando si parla delle eccellenze a livello commerciale, quelle stesse eccellenze che esportiamo ovunque il mercato lo richieda».

Per quanto ci concerne, siamo totalmente d’accordo.

 

Inserito il:07/06/2022 10:31:03
Ultimo aggiornamento:07/06/2022 10:59:20
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