Sandra L. Strohschein (Zeeland, Michigan, USA - Contemporary) - Evening in Barcelona - 2013
Il baule dei ricordi. L’incontro con la Spagna
di Gianni Di Quattro
Alla fine degli anni 60 in Olivetti lavoravo a Ivrea in una attività di coordinamento dei sistemi informativi delle consociate estere alle dipendenze di Lionello Cantoni che era il responsabile di tutto il settore interno della informatica (poi sostituito da Giovanni Fei quando nel 71 Lionello lasciò la Olivetti per andare in Fiat mentre stava per arrivare, febbraio 72, sua moglie Marisa Bellisario, a dimostrazione che Ottorino Beltrami, che intanto era diventato l’amministratore delegato, sapeva anche gestire i conflitti di interesse), mi è stato proposto di andare ad occuparmi del marketing presso la Hispano Olivetti, la prima delle consociate Olivetti nel mondo.
Fui molto sorpreso e lusingato e spaventato perché avevo paura di non sapere fare quel mestiere in modo accettabile e in più in un ambiente non conosciuto. Ma accettai perché troppo affascinato dall’esperienza e dal paese che mi piaceva e mi incuriosiva da sempre.
Così andai a Barcellona e mi toccò sostituire uno dei capi della struttura della consociata, grande amico del dottor Vernetti storico direttore commerciale e cioè il dottor Sinigaglia, amato e stimato da tutti. Il capo della consociata era un grande gentiluomo, Riccardo Berla, un personaggio umanamente interessante, sicuramente un ottimo capo e un ottimo dirigente, anche se in alcuni momenti poteva sembrare un po’ fuori moda e troppo legato a tradizioni e regole, forse anche con una visione del futuro abbastanza limitata. Nella consociata ritrovai con grande piacere un amico, Uberto Pasini, che era il direttore amministrativo e con il quale avevamo fatto insieme tanta attività nel mio e suo lavoro precedente in giro per l’Europa. E con il quale passammo poi tante serate e fine settimana insieme.
La Spagna, il paese e la gente e il modo di vivere furono per me una rivelazione straordinaria, nacque un amore che non si è mai spento, una partecipazione profondamente sentita alla loro cultura, alla loro interpretazione della vita e del piacere di vivere, al loro amore per la bellezza. Un paese bellissimo, ma soprattutto affascinante.
Il paese era ancora sotto il dominio di Francisco Franco anche se si avvicinava a grandi passi la sua fine e l’inizio conseguente del sistema democratico (prime elezioni nel 77 dopo la morte del dittatore), si sentiva che il passato si stava chiudendo e si capiva che tutti lo volevano chiudere in modo civile, nel modo più civile possibile quasi a volere riscattare una stagione dura e piena di rovine e di lutti. Questo mi ha fatto molto apprezzare la maturità e la sensibilità della gente perché si avvertiva a tutti i livelli della popolazione, per quel che ho potuto vedere.
E poi nel lavoro ho conosciuto tante persone interessanti, fantastiche umanamente, colte, preparate, generose e con la voglia di partecipare, di crescere, di correre. Tanti colleghi spagnoli avevano il piacere di lavorare in una multinazionale (a prescindere dalla Olivetti anche se tanti ancora la continuano a ricordare) proprio per lo spazio, il palcoscenico che poteva offrire rispetto alla impresa locale, anche di dimensioni grandi, che però dava spesso il senso della claustrofobia.
Gli spagnoli amano andare nel mondo, amano diffondere la loro lingua, la loro cultura, la loro bellezza e anche quando emigrano per cercare il meglio nella loro vita o semplicemente un lavoro, lo fanno con un senso di dignità, di missione, di consapevolezza di quello che sono e in loro non c’è ombra di umiltà o di rassegnazione, si sente che amano e cercano confini e opportunità più vaste. E il paese è fiero di loro che rimangono sempre legati.
Non credo di riuscire a ricordare tutti, ma Josè Manuel Aguirre, Antonio Clavero, Antonio Losada, Mariano Mas de Xas Xas, Antonio Llamusì, Ezequiel Cabado (grande persona), Carlos Tutusaus, Ceballos il direttore del personale, il saggio Pepe Herrero e l’irruento Paco Herrero, la gentile Joaquina che poi sposò un bravo collega e che mi ha aiutato molto agli inizi, e tantissimi altri, davvero tutta gente che mi è cara. Non tutti hanno potuto conservare di me una buona opinione, perché io cercavo di fare quel che potevo con la mia scarsa esperienza messo in mezzo a pressioni che Ivrea continuava a farmi considerandomi un loro delegato e la professionalità dei colleghi spagnoli e anche la mia voglia di autonomia per quel che contava e che riuscivo a difendere. Ma non importa quello che loro pensavano e pensano (quelli che ci sono ancora, perché purtroppo la legge del tempo e della natura ne ha fatti scomparire tanti), perché a me nel cuore e nella mente è rimasto quello che io pensavo e penso di loro.
La vita era intensa e piena, Barcellona città splendida, las ramblas e barceloneta, il paseo de gracia e gli spettacolari dintorni a parte le opere del Gaudì e il Museo Picasso, la calle Muntaner dove abitavo e che era la strada per il Tibidabo, la Plaza Calvo Sotelo, e poi Madrid straordinaria, Leon e Salamanca, l’Andalusia, le Asturie e la splendida Valencia. Ricordo ancora il bicchiere serale con gli amici continuando a parlare di lavoro, ma con splendide tapas ed un ambiente pieno di allegria e di voglia di vivere, le cene sempre con una atmosfera di grande vicinanza e umanità, i tablao flamengo e le plazas real e i colori, i colori spagnoli vivi e profondi.
Un periodo indimenticabile, un paese che mi è caro, amici e colleghi che non dimentico, una esperienza che ha rappresentato una pietra miliare nella mia vita professionale e umana, l’abitudine a capire e coniugare la voglia di futuro con tutti gli splendori del passato, dando luogo ad una miscela straordinaria. Da sempre considero la Spagna il mio secondo paese naturale!