Charles Thévenin (Parigi, 1764 - 1838) - Resa della città di Ulm
Austerlitz 1805 - Come si conquista un impero - 2
di Mauro Lanzi
La Grand Armée in marcia
Il fallimento della mossa di Villeneuve, a proteggere la traversata dei navigli francesi, aveva reso di fatto inattuabile il piano d'invasione dell'Inghilterra, mentre le notizie che provenivano dal resto d'Europa davano la misura della tempesta che si addensava sulla Francia.
Napoleone reagisce con la consueta rapidità: già il 25 agosto comunica ai suoi generali i nuovi piani, l'obiettivo dei quali era di colpire al cuore la coalizione nemica prima che questa avesse il tempo di riunire le proprie forze.
Gli errori strategici dei suoi avversari furono di aiuto: gli Austriaci, ad esempio, avevano deciso di dividere le proprie forze, inviando 80.000 uomini in Italia, al comando dell'Arciduca Carlo, il loro migliore stratega, mentre il comandante in capo, generale Von Mack (nominalmente sotto il comando dell’Arciduca Ferdinando) doveva minacciare con un corpo di 70.00 uomini i territori della Baviera, sia per coprire il fronte occidentale, sia per indurre l'Elettore ad abbandonare l'alleanza francese.
Un terzo corpo di 25000 uomini al comando dell'Arciduca Giovanni doveva stazionare in Tirolo per costituire il necessario collegamento tra le due forze. Essenziale, in questo piano, era l'arrivo dei russi: entro il 20 ottobre Mack doveva essere raggiunto dal generale Kutusov con 36000 uomini, mentre da nord e da est dovevano convergere, rispettivamente, Benningsen con 20000 uomini e Buxhowden con 40000 uomini; si trattava di un programma assai complesso, di difficile gestione, senza contare l'incredibile errore commesso dai due Stati Maggiori, che non avevano considerato la differenza di 10 giorni tra i calendari giuliano e gregoriano: Kutusov non poteva arrivare in tempo, in nessun caso!!
In totale gli alleati, comunque, potevano mettere in campo quasi 300,000 uomini, contro i 200.00 di Napoleone dell'Armeè D'Angleterre, trasformata in “Grand Armée”, più una riserva di cavalleria di 22000 uomini comandata da Murat.
Napoleone doveva fare affidamento, per affrontare questa situazione, sulla sua leggendaria rapidità negli spostamenti; già i suoi soldati andavano dicendo “Il nostro generale combatte più con le nostre gambe che con le nostre baionette!”. Le marce degli eserciti napoleonici fanno storia a sé: in condizioni normali, le truppe francesi coprivano una distanza compresa tra i 20 e i 30 km al giorno, non poco se si considera che ogni soldato portava un peso di oltre 30 chili tra fucile, zaino ed altro. Poi, in emergenza, erano costretti a marce forzate che li impegnavano anche di notte ed allora il computo delle perdite, per diserzioni o per collasso fisico dei soldati che crollavano esausti, aumentava a dismisura.
Si lesinava su tutto anche sui tempi delle soste per il pasto: Napoleone aveva dato ordine che la classica pagnotta tonda, cibo base del soldato, fosse sostituita da un formato più facile da trasportarsi: così i cuochi dell'esercito inventarono degli sfilatini allungati, che il soldato poteva infilare agevolmente ai lati dello zaino e sbocconcellare durante la marcia.
La moderna “baguette” nasce così, da un'idea di Napoleone.
Ma agli spostamenti di Napoleone si deve anche il senso di circolazione a destra: nel medioevo il senso di circolazione impiegato da carri e carrozze era a sinistra, a seguito di una bolla papale, emessa da Bonifacio VIII, in occasione del primo Giubileo (1300), per agevolare il traffico delle carovane di pellegrini.
Questa convenzione restò in uso ovunque, fino alla Rivoluzione Francese, quando Robespierre cercò di cambiarla, in odio al papato; ma è con Napoleone che la circolazione a destra si impone in tutta Europa.
Napoleone era mancino, era naturalmente portato a tenere la destra o a passare in rassegna le truppe sulla destra, perché governava il cavallo con la sinistra. Sia come sia, il nuovo uso si impone ovunque, tranne che nel paese che Napoleone non raggiunge mai, l'Inghilterra: così la nazione più antipapista del mondo circola ancora in ossequio ad una bolla papale!!
Ulm
La “Grand Armée” attraversa il Reno fra Magonza e Strasburgo il 20 Settembre, per compiere poi un'ampia manovra di aggiramento e convergere su Ulm a valle delle posizioni austriache.
Per i soldati francesi, questo percorso diviene un vero incubo, soprattutto quando le condizioni meteorologiche peggiorano: dopo il 5 ottobre comincia a cadere una pioggia gelata mista a neve, che trasforma tutta la regione in un lago di fango. Ogni divisione che avanza seguendone un'altra trova la strada disastrata, in molti punti più simile al letto di un fiume, cosparsa di carri sfasciati, cadaveri di cavalli e di soldati stroncati dalla fatica.
Raramente la velocità della Grand Armée provocherà tante vittime, come in questa disperata corsa verso Ulm: ma a Napoleone non interessava il computo delle perdite, voleva il risultato; c'è da dire che sapeva anche condividere le fatiche dei suoi uomini.
Napoleone era capace di cenare con dei principi tedeschi, alzarsi da tavola e cavalcare incontro alle sue truppe, conscio che la sua sola presenza in questa corsa infernale aveva un significato rilevante. Risale lungo le colonne che avanzano in disordine, distrutte dalla fatica, in preda alla disperazione: i generali, non appena scorgono la Guardia Imperiale cominciano ad urlare ordini, fanno sgombrare la strada, allineano gli uomini per rendere gli onori.
Rullano i tamburi, passa l'imperatore: pronuncia qualche parola che nessuno intende, ma la voce circola tra i soldati: “ é lui!”. Tanto basta: la fatica è dimenticata, il magnetismo del Piccolo Corso ha fatto ancora il miracolo.
In guerra la rapidità paga; con le sue marce forzate la “Grand Armée” riuscì a coprire la distanza tra il confine francese ed il confine austriaco, oltre 800 km, in meno di tre settimane, arrivando a contatto con il contingente del Generale Mack ben prima dell'arrivo dei russi. Il tutto avvenne nella più assoluta segretezza: protetti dallo schermo della cavalleria di Murat i francesi avanzarono rapidamente lungo la riva sinistra del Danubio: Mack aveva posto il suo quartier generale ad Ulm, sulla riva sinistra; si era convinto infatti che i francesi si stessero ritirando e si era preparato ad inseguirli verso sud.
Già un primo scontro a Wertingen (9 ottobre), più a nord di Ulm, gli fa aprire gli occhi; a questo punto, Mack ha ancora diverse opzioni disponibili: potrebbe ritirarsi verso il Tirolo, ricongiungendosi all'Arciduca Giovanni, oppure attaccare i francesi nel momento in cui avessero cercato di attraversare il fiume. Nulla di tutto ciò, Mack decide di concentrare le sue forze a Ulm, sperando nell'arrivo di Kutusov, che era però distante più di 160 km!
Il 15 ottobre Ney riesce a forzare il ponte di Elchingen, a ridosso di Ulm, la situazione degli Austriaci si fa disperata. Mack si risolve a richiedere una tregua, nella speranza di guadagnare tempo in attesa sempre dei russi: Napoleone che ne sa di più di lui gliela concede, ma ne approfitta per completare l'accerchiamento, così il 20 ottobre Mack, disperato si arrende (nell’immagine la resa).
I francesi fanno prigionieri 30.000 austriaci, il resto è sbandato o in fuga, l'armata di Von Mack non esiste più.
Assolutamente inutili, in tutta questa vicenda, i corpi dell’Arciduca Giovanni, in Tirolo, e dell’Arciduca Carlo in Italia, rimasto inoperosi, benché fronteggiati da Massena con forze ben inferiori.
In altre circostanze e in altri ambienti, a chi gli chiedeva quale fosse il segreto delle sue vittorie, Napoleone rispondeva:
“I miei nemici vedono troppe cose tutte insieme”.
Proprio così!