Stan Sakai (Kyoto, Japan, 1953 - ) – Usagi Yojimbo – Bed room
Ordine inverso
di Simonetta Greganti Law
Il suo disordine era divertente e imprevedibile, così eccentrico che spesso sorprendeva anche lei per l’accostamento tanto insolito di oggetti diversi.
Sulla scrivania si domandava per esempio come avessero potuto arrampicarsi le scarpe e perché un solo calzino fosse riuscito a scalare tale insormontabile altezza lasciando invece a terra il suo gemello.
Era già parecchio tempo che Jenny stava cercando un pettine per riordinare i suoi capelli ribelli.
Cercava di scorgerlo nei posti più improbabili e con lo sguardo si divertiva a passare in rassegna gli oggetti come se stesse giocando a nascondino. Ovviamente non lo avrebbe trovato sulla toletta, posto troppo scontato, ma valeva comunque la pena di cercarlo anche lì. Invece, come immaginato, di questo non v’era traccia neppure su quel mobile. C’era solo una bottiglia di profumo posizionata quasi correttamente vicino allo specchio, anche se senza tappo, e affiancata ad un bicchiere di Coca Cola sgasato, dimenticato da almeno un giorno e sicuramente stanco di aspettare di essere bevuto.
“Deve proprio essersi nascosto molto bene” diceva Jenny ad alta voce.
Sua madre, al contrario, non perdeva l’occasione per rimproverarla: “Jenny, la tua stanza sembra un campo di battaglia” e continuava a ripeterglielo sapendo tuttavia che sarebbe toccato a lei perdere quell’inutile guerra di parole.
“La vita è disordine” rispondeva la bambina in sua difesa “e essere disordinati significa per me una manifestazione di creatività. Trovo fantasioso lo spettacolo delle trasformazioni della mia stanza e io in questa confusione imparo a concentrarmi solo su ciò che ritengo più importante”.
“In questo disordine occorre solo un miracolo dato che i tuoi non possono essere definiti oggetti smarriti ma cause perse”, la scherniva la mamma ridacchiando e aggiungendo che secondo lei l’unico modo per ritrovare le cose in quel caos era affidarsi a Sant’Antonio evocando la sua misericordia.
Jenny riteneva blasfemo scomodare un Santo per tali quisquiglie e preferiva confidare nei suoi mezzi.
In terra, accanto al letto, c’era un libro aperto con le pagine schiacciate sul pavimento, forse per marcare il segno di dove ne era stata interrotta la lettura, che di certo sarebbe rimasto in quella posizione ancora a lungo anche perché ricoperto da una felpa con cappuccio che lo faceva vedere a malapena. Jenny aveva accuratamente evitato di calpestarlo scavalcandolo con un salto mentre continuava la sua ricerca.
Finalmente come “Jack in the box”, il famoso pupazzo a molla che salta fuori all’improvviso da una scatola, ecco scorgere sul comodino il pettine in tartaruga tanto desiderato. Era stato infilato nel portapenne e circondato da matite e pastelli che in buona parte lo nascondevano al suo sguardo. Ormai lo aveva avvistato e poteva così procedere a districare la prima ciocca ribelle che costantemente le copriva un occhio. Mentre si pettinava si portava alla bocca delle patatine che dovevano essere fuoriuscite da un pacchetto già aperto da tempo e che era proprio accanto ad un gomitolo di lana verde smeraldo trafitto da un uncinetto da cui si dipartiva un intricato groviglio di filamenti a testimonianza di un lavoro iniziato ma poi disfatto e mai riavvolto in quella matassina.
Ogni oggetto in quella stanza si confondeva in uno scenario di quotidiano disordine ma lei sembrava accettare felice il condurre una vita fuori dai rigidi schemi delle convenzioni dove ogni cosa doveva necessariamente avere un posto ben stabilito.
In tale disordine si ritrovava bene, anzi vi scorgeva una logica tutta sua e non pensava neppure lontanamente di mettere le cose a posto.
Stranamente quel caos la rilassava e spesso passava del tempo a rimirarlo proprio come si guarda compiaciuti un cielo stellato.
Jenny amava inoltrarsi con la mente tra gli oggetti costantemente fuori posto che poteva guardare da prospettive differenti poiché erano spesso in posizioni capovolte o rovesciate su di un lato. Sapeva che la stessa luna variava a seconda della sua ubicazione, a volte era una falce, altre volte un sorriso, altre ancora una sfera madreperlacea. Il numero sei diventava nove se girato all’incontrario così come la lettera emme scritta in stampatello si trasformava in vu doppia se vista sottosopra.
“Tutto questo scompiglio ispira la mia immaginazione”, diceva la bambina considerando che tale disordine era per lei terreno fertile per le sue idee che proliferavano e si avventuravano tra le vie alternative della sistematicità riuscendo a creare confini diversi nei quali muoversi liberamente.
La mamma di Jenny decise allora di arrendersi nella ricerca della perfezione e di allearsi con la figlia. Scelse di fare una torta capovolta per dimostrare, soprattutto a se stessa, che c’è tanta magia in ciò che è diverso perché è la libertà che rende l’uomo felice.
Torta capovolta alla ricotta
Ingredienti per l’impasto:
2 uova intere
100 gr di zucchero
due cucchiai di olio di arachide
un vasetto di yogurt alla vaniglia
200 gr di farina
4 cucchiai di cacao
una bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Ingredienti per farcire:
500 gr di ricotta
50 gr di zucchero
3 cucchiai di amido
2 uova intere
Preparazione:
Con una frusta elettrica montare tutti gli ingredienti dell’impasto e quelli della farcitura in due ciotole separate. Versare parte del composto dell’impasto in una tortiera imburrata e infarinata e cuocerla per dieci minuti in forno caldo a 180°. Aggiungere poi il composto con la ricotta nella parte centrale della base e ricoprirla con la restante parte dell’impasto al cacao. Cuocere ancora per altri 45 minuti. Sfornare capovolgendola su piatto da portata.