Abbazia di Moribondo - Affresco datato 1515 e attribuito alla Scuola di Bernardino Luini rappresentante la Madonna col Bambino e San Giovannino tra San Bernardo e San Benedetto.
“Arte Pubblica” alle porte di Milano: l’Abbazia di Morimondo
di Giuseppe Aquino e Michela Salvaderi
Il termine “Arte Pubblica” indica una particolare modalità di esposizione e fruizione di opere d’arte contemporanee, sorta a partire dagli anni settanta, che vuole portare l’opera stessa sul territorio a contatto con il tessuto sociale, fuori da mostre e musei convenzionali. Un tipico esempio è la scultura “Ago, Filo e Nodo” di fronte alla stazione di Cadorna ammirata più o meno inconsciamente da una marea di pendolari ogni giorno; un altro esempio più recente e site specific è stato invece l’allestimento Durk presso il cortile della Ca’ Granda (Università degli Studi di Milano) in via Festa del Perdono.
Nel caso dell’Abbazia di Morimondo, il termine “Arte Pubblica” è usato volutamente in maniera impropria e provocatoria dal momento che sarebbe più corretto parlare di arte sacra/religiosa tralasciando l’aggettivo “pubblico”. L’Italia è infatti ricca di monumenti e opere d’arte, non necessariamente a carattere religioso, di gran pregio e valore ma che spesso vengono eclissate da opere più note e “turistiche”. Ovviamente non si può parlare di Milano senza citare il Duomo, la Scala o la Galleria Vittorio Emanuele II, tuttavia sono presenti moltissimi altri monumenti e opere d’arte sconosciute, sia in città che in provincia, che sono dei veri e propri tesori inaspettati da riscoprire e valorizzare.
A pochi passi da Milano (dista infatti solo 30 chilometri dal centro città del capoluogo meneghino) sorge infatti un piccolo ma splendido borgo, Morimondo, che ospita al suo interno una perla per gli appassionati di storia e arte lombarda, che si trasforma anche in una meta interessante per famiglie e amanti del proprio territorio: l’Abbazia di Morimondo.
L’abbazia deve il suo nome e la sua fama all’ordine dei monaci cistercensi che la fondarono. Si narra, infatti, che nel 1134, dodici monaci, sotto la guida dell’Abate Gualcherio, provenienti dalla Borgogna, precisamente da Morimond vicino a Digione, arrivarono a Coronate nella valle del Ticino per stabilirvi una comunità monastica cistercense. Da lì, il 13 novembre 1136, si spostarono poi in un piccolo borgo bonificandolo, in una località chiamata Faruciola, poco distante da Coronate, dove si insediarono definitivamente ed iniziarono a costruire il monastero. Furono gli stessi monaci a ribattezzare il territorio con il nome di "Morimondo Nuovo", in ricordo dell'abbazia madre da cui venivano.
La costruzione del monastero e della relativa chiesa resero necessarie importanti opere di bonifica della zona aumentandone fama e prestigio, tanto che lo stesso Federico Barbarossa concesse a Morimondo protezione ed importanti benefici.
L’avvio della costruzione abbaziale è datata al 1182 e dai carteggi ritrovati è possibile ricostruire una disputa locale di tipo ecclesiastico con la vicina Pieve di Casorate Primo, che osteggiava la costruzione di una nuova Chiesa monastica, disputa risolta solo con l’intervento diretto del Papa Alessandro III. Il termine dei lavori dell’Abbazia è datato al 1296.
Successivamente la storia di Morimondo farà diventare il complesso monastico, commenda (la commenda era, propriamente, una voce che designava un benefizio ecclesiastico affidato ad un secolare affittuario che ne godeva di rendita) dal 1450.
Nel 1561 Carlo Borromeo alienò gran parte dei possedimenti, trasferendoli all’Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1798, con l’avvento di Napoleone, il monastero fu soppresso e tutto il patrimonio culturale, artistico e religioso fu disperso. Nel 1982 il Comune di Morimondo acquista da privati (famiglia Comolli) il monastero ed inizia una meticolosa opera di recupero, valorizzazione e salvaguardia. Nel 1993 nasce la fondazione Abbatia Sancte Maria de Morimundo che diede nuovo impulso alla valorizzazione culturale del luogo, tanto che nel 2007 sono riusciti ad inaugurare il museo dell’Abbazia, comprendente le sale monastiche ed il museo Comolli e nel 2008 hanno completato in maniera definitiva i lavori di restauro dell’intero complesso, oggi “abitato” da sacerdoti ambrosiani, i Servi del Cuore Immacolato di Maria.
L’abbazia rispecchia fedelmente i valori della Regola cistercense, che riprende quelli della Regola benedettina (del 534 d.C.) di ritorno ad una sobrietà della vita monastica, del Canto e della Liturgia, scandendo l’intera giornata con momenti destinati alla preghiera e momenti destinati al lavoro manuale.
L'architettura riprende così un carattere semplice e funzionale, segno della povertà e dell’essenzialità della vita monastica tutta rivolta a Dio. L’edificio è sobrio, scarno di decorazioni, di eleganti proporzioni e racchiude dentro di sé, attraverso la luce e l’acustica, ad un naturale richiamo alla spiritualità, alla preghiera e alla riflessione.
Ad un osservatore disattento potrebbero sfuggire le tante volute asimmetriche poste all’interno dell’abbazia, volute che stanno a significare che solo Dio è perfetto, il monaco può solo camminare verso quella direzione, ma non può avere la presunzione di raggiungerla o eguagliarla.
Sono molte le opere d’arte presenti all’interno del complesso, sicuramente tra quelle da non perdere ricordo il coro ligneo di Francesco Giramo di Abbiategrasso (nel 1522), l’affresco della parete destra dell’Abbazia “Madonna con il Bambino e San Giovannino tra i santi Benedetto e Bernardo” attribuito al celebre pittore lombardo Bernardino Luini datato al 1515, la famosa decorazione rinascimentale in terracotta del portale della Sacrestia, la sala del capitolo, dove i monaci si radunavano ogni giorno per ascoltare la lettura di un capitolo della Regola di San Benedetto ed infine il chiostro, simbolo stesso della vita in monastero.
Il chiostro comunica direttamente con l’esterno e collega idealmente la “casa di Dio” con tutti i luoghi monastici deputati alle varie attività quotidiane (refettorio, dormitorio, dormitorio per pellegrini, sala del capitolo, stalle e così via). All’interno del chiostro c’è sempre una fontana, simbolo di Cristo, origine della vita. Così come il chiostro comunica, idealmente, solo con il cielo, così il monaco deve cercare solo Dio.
La Chiesa abbaziale stessa ha un rimando diretto a Dio, la sua tipologia a croce latina rimanda infatti alla crocefissione di Cristo. Così, anche la leggera asimmetria dell’abside si può inscrivere in questo rimando allusivo e potrebbe indicare la testa inclinata del Salvatore sulla Croce.
Inoltre, la navata laterale di sinistra, si stringe di un metro nella distanza tra il transetto e la controfacciata, simboleggiando l’iconografia della sovrapposizione dei piedi di Gesù, inchiodati sulla Croce.
Le visite all’intero complesso monastico dell’Abbazia (sono oggi visitabili il chiostro, la chiesa, la sala capitolare, le sale di lavoro dei monaci, la sala dei fondatori, il loggiato, il dormitorio ed il refettorio), organizzate dal Servizio Attività Didattica della Fondazione, si effettuano tutti i sabati e le domeniche pomeriggio del mese senza la necessità di prenotazione da parte dei visitatori, offrono un valido aiuto per conoscere e comprendere meglio la storia dell’Abbazia di Morimondo contornata da simpatici aneddoti e coinvolgenti curiosità. La durata della visita è di circa un’ora.
Ma come raggiungere questo incantevole angolo di paradiso medievale?
Per chiunque arrivasse da Milano è possibile raggiungere l’abbazia direttamente in auto percorrendo la tangenziale ovest A50 e prendendo l’uscita di Lorenteggio, con i mezzi è possibile scendere alla Stazione Ferroviaria di Abbiategrasso (linea del treno Milano-Mortara-Alessandria) e prendere poi la linea bus z556 (Abbiategrasso-Motta Visconti) gestita da STAV. E’ anche possibile raggiungere Morimondo in bicicletta percorrendo la ciclabile del Naviglio Grande (ad Abbiategrasso proseguire lungo il Naviglio del Bereguardo).