Nicolas Trudgian (Plymouth, UK, 1959 - ) - Clash over Remagen
Germania ultimo atto (7)
di Mauro Lanzi
L’ultimo ponte.
Dopo la battaglia delle Ardenne, la ripresa dell’offensiva alleata sul fronte occidentale fu, ancora una volta, una questione di fiumi e di ponti; le regioni che gli alleati si preparavano ad attraversare erano un intrico di canali e di fiumi, il principale il Reno, ed il controllo dei punti di passaggio era la chiave di ogni mossa. Puntualmente, al riavviarsi delle operazioni, si ripresentò il problema di sempre, l’irrimediabile antagonismo tra Montgomery ed i comandanti americani; puntualmente Monty pretendeva che si desse priorità alla sua offensiva, ancora una volta Eisenhower fu convinto ad avallare i piani del feldmaresciallo inglese ed accettò anche di mettere sotto il suo comando la IX Armata americana appena costituita, ma in questa occasione almeno non arrivò a ritardare l’avanzata della I e III Armata di Patton e di Hodges; questo farà la differenza
Sorprendentemente, i tedeschi, sconfitti sul campo nelle Ardenne, avevano però mantenuto una sorta di superiorità psicologica sugli Alleati, tanto era il timore rimasto in loro di una qualche mossa a sorpresa da parte del nemico, nessuno si fidava più dell’intelligence; inoltre si dovevano fare i conti con un altro problema, una sorta di rilassamento nel morale della truppa, il soldato semplice pensava: “Ormai siamo alla fine; perché dovrei farmi ammazzare proprio all’ultimo?”. Per tutti questi motivi, si procedeva con estrema cautela in tutti i settori, mentre la assoluta preponderanza in uomini e mezzi avrebbe consentito azioni più audaci, avanzate veloci senza preoccuparsi della copertura sui fianchi, manovre in cui erano stati maestri i tedeschi nella prima parte della guerra.
Montgomery preparò, come sempre, con estrema cura la sua offensiva, che doveva partire dal saliente di Nimega e puntare, al solito, alla Ruhr; l’operazione si divise in due fasi, la prima di avvicinamento al Reno (operazione “Veritable”) e la seconda di attraversamento del fiume (operazione” Plunder”). Forse ammaestrato dal precedente tentativo, Montgomery non si prefisse di attraversare il Reno impossessandosi a sorpresa di un ponte, che sarebbe stato un logico punto di aggregazione della resistenza nemica, ma pianificò uno spettacolare sbarco anfibio; inoltre, cambiò anche la zona dell’attacco, anziché puntare su basso Reno, in Olanda, come con la sfortunata operazione ad Arnhem, l’anno precedente, spostò l’asse dell’attacco verso il medio Reno, a Wesel, nei dintorni di Dusseldorf . La gigantesca operazione partì l’8 febbraio da Nimega, preceduta da una violentissima preparazione d’artiglieria; i tedeschi avevano schierato tutto quanto restava loro, cinque divisioni ed i resti della leggendaria Panzer Lehr, soprattutto avevano inondato i campi rendendo l’avanzata dei britannici quanto più aspra e dolorosa possibile; il peggio doveva arrivare, però, con l’attraversamento del Reichswald, una zona boschiva al confine tra Germania e Paesi Bassi. La fitta boscaglia non permetteva di operare agevolmente con i carri, che non potevano avanzare neppure sui lati, inondati dall’apertura delle dighe sul fiume Roer. I tedeschi avevano predisposto cinque linee difensive, presidiate prevalentemente da paracadutisti, armati di mitragliatrici, mortai e Panzerfaust con cui bersagliavano i pochi Sherman che riuscivano ad avanzare: solo tra il 22 ed il 24 febbraio gli inglesi riuscirono a concludere quello che fu definito il più duro scontro dopo lo sbarco in Normandia. A questo punto, fatte defluire le acque che inondavano i campi, anche la IX Armata americana poté avanzare rapidamente ricongiungendosi con i britannici al di là dei boschi, per investire le residue forze tedesche che presidiavano la riva sinistra del Reno; invano Von Rundstedt, nelle settimane precedenti, aveva chiesto ad Hitler il permesso di mettere in salvo le sue truppe al di là del fiume, la risposta era stata come sempre negativa. Così le residue forze tedesche furono fatte a pezzi dalle armate alleate con l’appoggio dell’aviazione; i superstiti riattraversarono il Reno il 10 marzo, dopo aver fatto saltare i ponti. Montgomery si dedicò allora all’organizzazione dell’operazione “Plunder”, che, partendo il 22 marzo, avrebbe dovuto rappresentare il primo storico attraversamento del fiume; Montgomery voleva un’impresa all’altezza della sua fama, non risparmiò né uomini, né risorse: ma lo attendeva una incredibile beffa.
Mentre questi eventi si svolgevano a nord, la I e III Armata americana, agli ordini di Hodges e Patton non erano rimaste con le mani in mano; con una serie di manovre, alternando aggiramenti a scontri frontali avevano rapidamente superato la linea Sigfrido e puntavano al Reno; il 1° marzo Patton entrava a Treviri, pochi giorni prima Collins aveva conquistato Colonia, dove però trovò che i tedeschi erano riusciti a far saltare in tempo il ponte
Hohenzollern e gli altri ponti sul Reno; si veda la bella e drammatica immagine di Colonia distrutta insieme ai suoi ponti (qui sopra). Situazioni analoghe si trovarono a Bonn ed in altre città.
Poi accadde l’imprevisto; al termine di una impetuosa avanzata, il 7 marzo, la IX divisione corazzata americana raggiunse la zona di Remagen, cittadina sul medio Reno, vicino a Coblenza, nel cui circondario si trovava un imponente ponte ferroviario sul Reno, il ponte Ludendorff.: il ponte era stata costruito durante la prima guerra mondiale, per portare le truppe sul fronte francese, alloggiava un doppio binario ferroviario e delle passerelle pedonali; alle sue estremità sorgevano due grandi torri, che dovevano assicurarne la difesa. Incredibilmente il ponte era ancora in piedi. La scoperta fu dovuta ad un plotone di esploratori della IX divisione, che alle 13 circa di quel giorno, da un’altura videro il ponte, con le due possenti torri agli estremi, ancora integro, attraversato da fanterie tedesche in ritirata. Il comandante di divisione allora decise, di sua iniziativa, di tentare la sorte, attraversare il ponte, ben conscio del rischio di vederlo crollare sotto i piedi dei suoi uomini; erano già le quattro del pomeriggio quando le avanguardie della divisione raggiunsero l’accesso al ponte sotto il fuoco delle mitragliatrici piazzate sulle torri.
Ci fu una tremenda esplosione; quando il fumo e la polvere si furono diradati, gli americani si accorsero con sorpresa che il ponte, pur danneggiato, era ancora in piedi; il tenente che comandava l’avanguardia pensò di dover tentare il tutto per tutto e lo fece attraversare dalla sua fanteria sotto il fuoco di copertura dei carri; reparti di genieri tagliavano fili e disattivavano cariche, mettendo il ponte in sicurezza. A questo punto era sopraggiunta tutta la IX divisione, che col consenso del comando di armata, attraversò il ponte (immagine a destra) con tutti i suoi effettivi, inclusi i nuovi possenti carri “Pershing” destinati a sostituire gli Sherman nell’ultima fase del conflitto.
I tedeschi tentarono di tutto per rimediare al disastro; fecero affluire rinforzi da altri settori, in una serie di disperati contrattacchi impiegarono ogni risorsa, dai Panzer, agli uomini rana, ai palloni aerostatici; infine Hitler ordinò anche di bombardare il ponte con le V2, le bombe volanti, che fallirono il bersaglio (battaglia di Remagen, 7-17 marzo). Non ci fu nulla da fare, gli americani erano riusciti in pochi giorni a costituire a Remagen una saldissima testa di ponte, che ruppe l’equilibrio delle difese tedesche sulla riva destra del Reno.
La conquista del ponte Ludendorff a Remagen fu il risultato di un’azione condotta con tempismo ed audacia eccezionali (la vicenda è stata anche riprodotta in un famoso film del 1969, “The bridge at Remagen”), e fu la premessa dei successi che seguirono sul fronte occidentale.
Il 15 marzo, il ponte, irreparabilmente danneggiato, crollò, trascinando con sé i genieri americani che tentavano di rafforzarlo; gli americani erano però riusciti, ad affiancarlo con ponti di barche, che consentirono l’afflusso ininterrotto di rinforzi.
Il ponte di Remagen non è stato mai più ricostruito; rimangono solo, sulle sponde del Reno, le due torri a ricordo della battaglia combattuta per il possesso di quel maledetto ultimo ponte.
Montgomery ovviamente non rinunziò alla sua impresa; favoriti dall’indebolimento delle difese tedesche, richiamate su Remagen, gli inglesi, il giorno 24, attraversarono il Reno a Wesel, con l’impiego di unità anfibie: Remagen però aveva tolto di bocca al feldmaresciallo inglese il boccone più ghiotto, il vanto di essere arrivato per primo.
Remagen : torre rimasta in piedi a ricordo della battaglia.