Ex libris – Delitto e castigo.
Sono un avido lettore. La lettura è uno dei miei vizi peggiori.
Uso il termine vizio non solo in maniera iperbolica: a volte il mio amore per la lettura rasenta la patologia.
Non riesco ad affrontare un viaggio, fosse solo di venti minuti in treno o in metropolitana, senza avere con me, se non proprio un libro, almeno una rivista.
Nel preparare una valigia, più che i cambi di vestiti, mi assicuro soprattutto che ci sia materiale di lettura sufficiente per “sopravvivere” durante tutto il periodo del viaggio o della vacanza.
Perfino se devo accompagnare un congiunto al pronto soccorso, nella concitazione del momento, riesco comunque – con giustificato disappunto di mia moglie – ad afferrare qualcosa da leggere nell’eventuale tempo che trascorrerò in sala d’attesa.
Sono anche un lettore onnivoro, ma la mia predilezione va a due forme su tutte: romanzo e poesia.
Su quest’ultimo terreno mi capita a volte di passare dall’altro lato, lasciando temporaneamente il ruolo di lettore per quello di scrittore.
E i due generi prediletti, apparentemente così distanti, arrivano talvolta ad incontrarsi, quando la lettura di un romanzo fa scaturire alcuni versi sulla punta delle mie dita.
Per fornire un esempio, non posso che iniziare da uno dei miei scrittori preferiti, o comunque del quale ho letto forse più pagine: Fëdor Michailovic Dostoevskij. E in particolare, dalla sua opera che più ho amato: Delitto e castigo.
Non è certo mia intenzione fare qui un’esegesi di questo libro.
Né credo serva spiegare a chi non l’avesse letto chi sia Raskolnikov e che cosa rappresenti per lui piazza Sennaja a Pietroburgo.
Se il componimento poetico che segue facesse venire a qualcuno la voglia di leggere il romanzo che l’ha ispirato, allora – ammesso che la Poesia abbia uno scopo (cosa di cui dubito), in questo caso sarebbe stato raggiunto.
COME UN RASKOLNIKOV
Per questa smania
di tirare sassi
contro vetri
appena stuccati
dovrebbero arrestarmi
Per la voglia che ho
irresistibile
di stonare nel coro
di cantare il mio nome
dovrebbero rinchiudermi
dentro la cella più stretta
più lontana dal patibolo
Per tutte le stelle
contate da solo
e mai raccontate,
per il sangue sepolto
dietro sorrisi d’argento,
per queste mani
che non si fanno toccare
- dovrebbero legarmi
al centro di una qualsiasi
piazza Sennaja
e ognuno che passa
sputarmi in faccia
tutto il suo amore
ed io
senza difesa
non poterlo asciugare