L’erba della vicina è sempre più verde.
Come un banco di nebbia che si dirada e, a poco a poco, rivela i contorni del paesaggio, così i fumi dell’anestesia lentamente dissolvendosi, riportavano la donna alla coscienza.
“Sono più bella di ieri” il primo pensiero che formulò appena rivenne alla realtà.
E subito: “ Ma meno di quanto potrò esserlo domani”.
Aveva compiuto un altro passo verso la perfezione. L’ECCELLENZA, questo il traguardo che si era prefissata.
Non era mai stata il brutto anatroccolo della covata, anzi… però vedendo passare magnifici cigni sentiva il proprio destino incompiuto e allora perché non trasformarsi, grazie alla chirurgia estetica, in uno di quegli splendidi esemplari?
Era al suo ottavo, forse nono intervento. Si era già sottoposta alla blefaroplastica, alla rinoplastica, all’aumento del seno, al sollevamento dei glutei, all’ingrandimento delle labbra. Trattamenti come liposuzione, botulino, lifting, non avevano segreti per lei. Dopo il primo aggiustamento non si era più fermata: c’era sempre qualcos’altro da ritoccare, ma soprattutto qualcuna insopportabilmente più bella.
“Perché a lei sì e non a me?”. Si era sentita mordere dentro nel vedere la collega di scrivania ostentare il seno di granito generosamente offerto agli sguardi dei maschi.
E anche lei aveva voluto due bocce così.
Quella volta giocò proprio sporco. A parenti e amici fece intendere di avere un problemino proprio lì e quelli pensarono al peggio, così, quando ricomparve pettoruta come una maggiorata degli anni cinquanta, più di uno rimase perplesso.
Lei disse solo: “ Trovandomi… l’ho fatto leggermente migliorare”.
Era passata dalla seconda alla quarta.
Per “ migliorare” il fondoschiena aveva dovuto chiedere la cessione del quinto, gli interventi di chirurgia plastica sono costosi, molto costosi. Non li passa la mutua.
Ma la sofferenza nel vedere le giovani compagne di lavoro sculettare tutto il giorno nei corridoi, dimenando le natiche alte e sporgenti, era insostenibile.
Così si era indebitata e aveva esibito anche lei un bel didietro tondo e prominente come quello di una danzatrice nigeriana
Su, tutto doveva essere rigorosamente su: palpebre, naso, seno, sedere.
Se non si avevano su, non funzionava.
Gli uomini non apprezzano il cervello pensante o il cuore palpitante di una donna: a loro semplicemente non interessa. Queste qualità servono tanto quanto può servire un ombrello in una giornata di pieno sole.
Su, tutto su e sei una top- model, una dea.
Quando volle farsi rialzare gli zigomi, s’imbatté in un chirurgo onesto che tentò di farla desistere. “Lei ha un viso interessante. L’espressione intensa. Perchè vuole stravolgersi? Mi creda, non ha proprio bisogno di rimpolparsi le gote”.
Interessante? Intensa?
Stipulò un mutuo ed ebbe due pomelli protuberanti come manopole.
L’incidente di percorso nel quale incappò con l’operazione d’ingrossamento delle labbra, le procurò un altro salasso economico.
Il medico aveva ecceduto con il silicone e lei si era ritrovata al posto della bocca un canotto gonfiato all’inverosimile. Ma il bello della chirurgia plastica è che tutto si può fare, disfare, rifare come quando si plasma la creta o la plastilina. Perciò, tolto il surplus, le sue labbra che, prima dell’intervento si potevano senz’altro definire sensuali, divennero addirittura sessuate e surclassarono senza pietà quelle della segretaria del capo del personale che, quando parlava sembrava porgere le parole su un vassoio.
Ormai era diventata bellissima e indebitata fino al collo, però ancora non le riusciva di zittire quello spasimo interiore che provava in ogni occasione di confronto.
Sdraiata sul letto, nella stanza della clinica, ripassava compiaciuta il proprio corpo scultoreo: seni vigilanti come soldatini sull’attenti, ventre piatto, giro di vita sottile come un giunco e la sensazione meravigliosa di poggiare su due invincibili atomiche. Il viso, poi, rimirato nello specchietto: uno splendore.
Abbassò di nuovo lo sguardo. L’ombelico. Non andava. Decisamente sproporzionato all’addome rifatto.
Ricordò di aver letto che la famosa star americana, Cher, se l’era fatto ritoccare.
Glielo avevano rimodellato conferendogli la forma di stuzzicante tortellino.
Decise all’istante. Anche lei voleva il suo tortellino.
Al più presto ne avrebbe parlato al chirurgo.
Sfogliò senza alcun interesse una rivista illustrata, solo per passare il tempo.
Vide volti sorridenti di alcuni personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della moda.
Improvvisamente un’immagine le saltò agli occhi: nella fotografia di una coppia felice riconobbe una compagna di studi.
Guardò meglio, non ebbe dubbi: conosceva quella donna.
Ricordo che ai tempi dell’Università, era considerata da tutti una bella ragazza.
Bella, ma non bellissima. Attraente, ma non irresistibile.
Ora sorrideva radiosa, indorando la carta stampata, teneramente allacciata al suo uomo: un industriale ricco e famoso. La didascalia diceva che i due si erano appena sposati.
Quel volto raggiante la frantumò in mille pezzi, senti la pelle bruciarle,
il corpo divenire livido, tutto il suo essere devastato da quella felicità così ostentata, così ingiusta…
Precipitò nell’irredimibile rovello.
Non volle più vedere, non volle sapere altro.
Scagliò il rotocalco contro la parete e scivolò annichilita sotto le lenzuola.
Lacrime vere, autentiche lacrime le rigarono il bel viso e senza freni percorsero il corpo stupendo.
Una terminò proprio nell’ombelico.