Le parole belle: primavera.
Ci sono le parole semplici, le paroline, le parolacce, le brutte parole e le belle parole. Queste sono le parole che già al pensarle, a dirle, a scriverle ti sembra che il mondo sia più bello, più buono, più grande, che non finisca mai e che la felicità è dietro l’angolo.
Una delle parole più belle è “primavera”. Primavera è una stagione, la stagione del risveglio della natura, quando le piante, dopo il lungo letargo dell’inverno, riprendono a crescere, ad alzarsi, a colorirsi, ad allungarsi, a splendere, a toccarsi e a godere del piacere che provocano in chi le guarda, in chi le cura, in chi le aiuta a moltiplicarsi.
Ma primavera è anche la parola che indica una rinascita culturale, artistica, scientifica, fisica e di recente anche economica. Di un paese, di un continente, di una persona, del mondo. Primavera si usa tutte le volte che termina un periodo brutto, triste, chiuso, depresso, della vita di qualunque cosa, da una azienda a un paese, a una persona. E dopo questo periodo si aprono improvvisamente prospettive felici, di successo, di ripresa verso un percorso desiderato e per cui si è lottato, sperato, sacrificato energie e risorse.
È anche una parola importante nel linguaggio dei sentimenti e dell’amore in particolare. Indica l’amore o una amicizia che nasce o rinasce, magari dopo un periodo di incomprensione o di depressione, la forza che entra nelle persone e che le spinge verso la vita e cioè verso l’innovazione, il cambiamento, il futuro, la passione, l’estasi.
Un miracolo vedere rinascere la natura, vedere nascere o ripartire un sentimento, assistere alla ripresa di una attività umana, constatare una guarigione da una malattia cattiva. La primavera è proprio un miracolo. La differenza con la natura è che la stessa ripete il miracolo a scadenze fisse, stabilite come quasi un miracolo di San Gennaro, mentre quello che succede nelle attività umane non è prevedibile, è più aleatorio, è più legato ad eventi e a situazioni magari apparentemente fortuite in buona parte anche se si può cercare di provocarli, ma senza alcuna certezza di riuscire. Per questo quello che succede, al di fuori della natura, è sicuramente ancora più miracoloso, più magico.
La certezza che nella natura arriva una primavera, così come ragionevolmente può succedere, anche se non con assoluta certezza, nelle cose riguardanti le attività e i sentimenti, è ciò che spinge l’uomo ad avere speranza. La primavera è il contenuto vero della speranza, senza di lei, infatti, non ci sarebbe la speranza. E senza speranza la vita di un uomo sarebbe come vivere solo per scontare una condanna e non come un premio o una opportunità.
La primavera è una parola bella dunque per i contenuti, ma anche per la forma, per come suona, per come si sceglie, per verso chi si rivolge. È per questo che è usata appunto per indicare una cosa bella, la bellezza. Un panorama, una donna, un lavoro, un periodo di vita particolarmente felice che si attraversa, uno stato d’animo, un piacere che si prova, una situazione politica su cui si crede.
Usare, infine, una parola bella come primavera fa bello quello che si scrive, fa bello quello che si dice, attira simpatia, spinge la fantasia. Esattamente al contrario di quando si usa una parolaccia, una brutta parola che circonda di volgarità, di mediocrità, di cattiveria ogni cosa detta o scritta.
Amare la bellezza, considerare la bellezza un chiavistello per una vita di classe, per l’eleganza, per il successo, per giudicare persone, lavori, situazioni e pensieri significa anche e soprattutto usare belle parole.
Come primavera, primavera come speranza, speranza come futuro, futuro come amore.