Larry Horowitz (New York, 1956 - ) - Indian Yellow Sunset
Il giallo, colore del sole
di Cesare Verlucca & Giorgio Cortese
Chiediamo scusa agli amici, alcuni dei quali ci hanno cortesemente richiesto di continuare a parlare dei colori, dopo il rosso, il verde e il blu, e ci siamo resi conto che l’argomento era in effetti di particolare gradimento da parte di più persone di quante pensassimo fossero attratte da questa passione. C’eravamo un po’ persi per strada, poi per caso ci siamo imbattuti in Van Gogh, che dal giallo era stato decisamente attratto, anche se la ragione pare fosse riferita all’abuso che lui faceva dell’assenzio, liquore che probabilmente agiva sul suo sistema nervoso provocando allucinazioni e una particolare visione gialla degli oggetti. L’argomento c’è parso degno di essere affrontato, partendo naturalmente dalla conoscenza più antica possibile.
Il giallo, infatti, era già molto in uso nella Preistoria, essendo il pigmento giallo-ocra ampiamente disponibile e semplice da impastare, insieme a tutte le altre sfumature dell’ocra, per cui fu uno dei primi colori utilizzati nell’arte.
L’etimologia del nome è riscontrabile nel termine proto-germanico gelwaz, mentre nel latino si trova galbus, arrivato poi in italiano dall’antico francese jalne. Tutti questi lemmi significano propriamente verde pallido e possono essere ricondotti alla radice indoeuropea ghel che, oltre a brillante e splendente, significa anche urlare, cioè gridare. Interessante notare altresì che il giallo si indica in inglese con il termine yellow, mentre il verbo yell significa urlare.
In effetti, il giallo proprio questo sembra, un colore che si fa notare, tanto nel bene, quanto nel male. Il tono che ricorda la brillantezza dell’oro, è stato molto apprezzato per tutta l’antichità, soprattutto quando si scoprì come ricavarlo dall’orpimento, ossia il cristallo di solfuro di arsenico, dal quale si produceva un giallo puro e brillante, superiore per consistenza e intensità a qualsiasi ocra.
Il suo uso è già attestato ai tempi della XVIII dinastia (XVI-XIV sec. a.C.) nell’antico Egitto. Nella tomba del Faraone Tutankhamon, ad esempio, è stata rinvenuta una piccola scatola di colori con pigmento di orpimento. Gli Antichi Greci, lo usavano negli affreschi parietali ricavandolo dall’ocra, mentre gli Antichi Romani lo indossavano negli indumenti per cerimonie e matrimoni, simbolo dell’oro e dell’immortalità anche per Celti e Germani.
Il colore giallo per i Romani era simile all’oro, aurus, nel significato di dorato/oro e di giallo brillante e saturo. Nell’antica Roma, la sposa vestiva un velo giallo chiamato flammeum, simbolo della forza per aver resistito alle passioni fino a quel giorno sacro. Gialla, poi, era la stanza in cui entravano i novelli sposi, perché per gli antichi romani era il colore dell’amore che in agosto riprendeva la luce del sole nelle messi. Tutta questa simbologia rimandava alla gioia, alla fecondità e alla prosperità; le matrone romane, infatti, si vestivano di giallo per distinguersi dalle nubili. Tutti i culti antichi sottolineano il legame tra il giallo e la lucentezza, l’energia, la gioventù, la bellezza, la fecondità.
Per i latini esistevano termini diversi per indicare il giallo, tra cui flavus, che qualifica i gialli in natura, come fiori, frutti, manti di animali; ma anche i capelli “simili all’oro”, e altresì croceus e luteus. Benché non ci siano riferimenti espliciti nella Bibbia, il giallo era il colore della luce divina, e anche in Asia e in Sud America questa tonalità è sempre associata positivamente.
Risalendo al Medioevo, questo colore assume un significato simbolico negativo, venendo associato all’inganno e al tradimento; durante questo periodo storico vennero distinti l’oro, un colore brillante e luminoso che rappresenta il sole, la luce, il calore e la vita, dal giallo, considerato più spento, opaco e triste.
Sempre nel Medioevo, i colori dell’abito, che servivano spesso per collocare l’individuo in un determinato gruppo sociale, ne segnavano anche l’esclusione: prostitute, lebbrosi, ebrei, vagabondi, erano spesso costretti a indossare specifici colori e il colore dell’emarginato divenne presto il colore degli esclusi.
Nel IV Concilio Lateranense, si stabilì che tutti gli ebrei dovessero indossare il giallo a partire dai 12 anni, per distinguersi dal resto della popolazione; del resto, era il colore di Giuda, come possiamo notare dall’interpretazione che ne dà Giotto nella Cappella degli Scrovegni.
Persino nei manuali per fabbricare i colori si dedicavano solo poche righe al giallo e solo a fondo libro, e i pittori del XVI e XVII secolo lo usavano pochissimo. E così via, per i secoli avvenire.
Nel Rinascimento il giallo è un colore secco, legato a un umore negativo e a un organo, la bile, quindi al carattere collerico. Esprime declino, inaridimento, invecchiamento. Il primo vizio a cui viene associato è l’invidia: per questo è visto come un colore falso e doppio, che inganna e imbroglia. Diventa anche il colore della paura; in italiano, infatti, esiste il modo di dire: “diventare giallo di paura”. Questo modo di dire deriva dal fatto che un'intensa paura può scatenare una crisi epatobiliare, che come conseguenza conferisce alla pelle un aspetto giallastro.
Proseguendone la storia, in Occidente la svolta del giallo avviene nel 1666 per effetto degli scritti di Isaac Newton, pubblicati diversi decenni dopo. Da quel momento, il giallo non è più una materia con cui dare colore alle cose, ma una luce. Nell’ultimo secolo, poi, hanno dominato i temi percettivi, così che non conta solo la fonte di luce e l’oggetto su cui cade, ma anche l’occhio che vede, ipotizzando in pratica la coppia occhio-cervello. La luce, affermano gli studiosi, non esiste se non è percepita. Goethe, nella sua Teoria del colore, scrive: “Un colore che non è osservato, è un colore che non esiste”.
La Riforma di Martin Lutero condanna i colori vivaci a vantaggio del nero e del blu scuro. Sono stati i riformati a rendere scuro l’abito serio nei secoli successivi al Cinquecento: nero, grigio, marrone. Nel periodo tra il XVII e il XVIII secolo il giallo è all’ultimo posto nel gradimento della cultura europea: primo il rosso o il blu, poi il bianco e il nero, quindi il verde.
Il giallo ha perso la sua importanza, oltre al disprezzo della Riforma protestante, dello stesso avviso sono la Controriforma cattolica e la borghesia ottocentesca. Benché la scienza lo annoveri fra i colori primari, non riesce a ritrovare il suo prestigio. L’ambivalenza simbolica sopravvive ai nostri giorni, quando un giallo che tende al verde ci appare sgradito o minaccioso, forse addirittura tossico. Tutto l’opposto di quando si avvicina all’arancio e diviene allegro, sano e vivificante.
Perché il giallo venisse riabilitato, si deve aspettare il XIX secolo. La sua rivalutazione parziale avviene, infatti, negli anni che precedono la Prima Guerra mondiale nella pittura con i cubisti, i futuristi, gli espressionisti. Tutto questo contro il dominio della cultura protestante, che ha attecchito nei paesi del capitalismo trionfante, in particolare in USA, dove il nero è il primo colore. Il giallo spicca e per questo viene assegnato alle divise, agli oggetti che vogliono attirare l’attenzione. I pittori amano il giallo, colore caldo e luminoso. Emblema di questa rivalutazione è la “Casa gialla” di Van Gogh (1888) che porta ad incrinare la cromofobia riformata luterana e calvinista.
Il giallo ha la sua rivincita, dal momento che le maglie dei giocatori usano colori vivi, a partire dalla maglia del Tour; poi le palline nel tennis diventano gialle nel 1972 e i tennisti, ad esempio Borg, si vestono con questa tinta.
Tuttavia nelle grandi città europee il giallo non è molto presente nelle facciate di case e palazzi, negli abiti delle persone e nelle carrozzerie delle automobili, solo i taxi lo sono. La sua negatività permane: nel corso del Novecento il nazismo l’ha usato per marcare uomini e donne di religione ebraica. In casa solo nelle camerette dei bambini o nelle cucine i muri vengono tinti di giallo. Resta per tutti un colore eccentrico.
Purtroppo ancora oggi il giallo viene associato alla malattia; quando ad esempio la bandiera gialla veniva issata sulle navi, ciò segnalava la presenza della peste o altre malattie contagiose a bordo. Oggi il colorito giallo è indice di cattiva salute; in Germania, Olanda, Italia e Turchia il giallo è associato all’invidia; in Inghilterra alla codardia, mentre in Spagna è un colore positivo perché presente nella bandiera e nella divisa della nazionale di calcio.
Il giallo simboleggia il calore del sole negli Stati Uniti, l’infedeltà in Francia e in Russia è associato alla gelosia, mentre in Cina è simbolo di buon gusto e rappresenta il colore dell’imperatore nelle dinastie Ming e Quing, fatta eccezione che per il suo significato huang “giallo” riferito alla prostituzione in uso nell’area di Honk Kong.
Nella lingua araba, il giallo ha principalmente connotazioni negative, legate soprattutto alla malattia; “giallo come un limone” indica le persone paurose o malate; “foglia gialla” descrive una persona anziana in punto di morte. Nella cultura anglosassone nasce il termine “giornalismo giallo” e nel 1929, Mondadori crea la collana Gialli Mondadori, una raccolta di narrativa poliziesca che si impose nominando un genere letterario, che divenne a quel punto associato alle storie di mistero, incognita e omicidio.
Il colore giallo, caldo e accogliente, è senza dubbio un colore che ha generato più dibattiti, e rimanda subito al nutrimento del miele e alla preziosità dello zafferano, usato per la cucina regale, per tingere le vesti e preparare i colori nella pittura. Gialla è la preziosissima ambra; gialli sono i frutti e primi fiori di primavera come le ultime foglie d’autunno prima di cadere.
Anche se qua e là al giallo si sono attribuiti aspetti negativi, si può onestamente convenire che giallo è il colore del sole, associato a una risata; è felicità e buon umore perché il giallo è così giallo che cerca sempre di andare oltre i suoi margini, per invadere lo spazio circostante e pervadere gli animi di gaia serenità.
Sic transit gloria mundi.