Aggiornato al 19/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Firma di Jan van Eyck sul ritratto dei coniugi Arnolfini - 1434


La firma e l’Io.

Firmare un documento, una lettera o un testo qualunque richiede un’auto-attenzione particolare, in quanto l’atto di sottoscrizione comporta  l’appropriazione del contenuto e ne implica la titolarità, l’accettazione o l’adesione, con la conseguente assunzione di responsabilità di quanto sottoscritto.

Per questo motivo, molti grafologi ritengono che il gesto manuale che si usa nella firma sia differente da quello usato nello stendere il contenuto di un manoscritto in quanto, mentre nella firma lo scrivente esprimerebbe il rapporto del proprio Io con l’ambiente in cui vive, cioè il modo in cui si relaziona con gli altri nei vari contesti sociali (familiare, lavorativo …), nel testo manifesterebbe, invece, il modo in cui  il suo stesso Io si rapporta con se stesso.

In realtà, ciò è vero solo in parte, poiché nella firma come nel testo, la persona che scrive è sempre la stessa. Può essere che talvolta la forma della firma si presenti come atto di conferma della personalità espressa nel testo, mentre talaltra, come atto di negazione: la stessa firma infatti, può apparire in modo diverso  in una  lettera scritta  ad un amico, da quella posta su  un documento ufficiale, su una cambiale e così via. Questo perché lo scrivente si pone in stati psichici ed emotivi di volta in volta differenti, dovuti al diverso significato che l’atto di firmare assume nel contesto delle relazioni sociali e/o personali.

La scissione della personalità in un “Io sociale” ed un “Io personale” è pertanto, riduttiva, in quanto non è possibile separare completamente la struttura individuale dal contesto ambientale: nella scrittura la personalità non si manifesta separatamente, ma nella sua interezza,  per cui anche le varie dinamiche espresse  nella firma vanno considerate, non solo in interazione tra loro, ma anche in rapporto all’intero scritto. In generale, siccome nella stesura di un manoscritto si è prevalentemente impegnati nella comunicazione del contenuto con lo scopo di farsi intendere, si è portati a rispettare una dimensione spaziale e un allineamento formale di lettere e parole che non permette di esprimere completamente se stessi in modo pressoché spontaneo (anche con arricchimenti particolari e segni fuggitivi personali), se non  in forma ridotta.

La firma invece rispetta solo in parte i limiti consentiti dalle regole della scrittura ed è sciolta da ogni forma di allineamento e vincolo spaziale, offrendo quindi la possibilità di esprimere moti, slanci, ricci, tratti singolari nella direzione e nello spazio che si vuole. La firma pertanto, rappresenta un segno unico del riconoscimento personale che emerge nell’adolescenza, di solito attraverso un processo di imitazione di un modello di comportamento (un genitore o una persona che ha influito positivamente sullo sviluppo della propria  personalità) e lo si porta poi con sé per sempre, anche quando lo stesso modello non è più seguito. A differenza della forma del testo che si adatta più facilmente ai contenuti, la firma tende a rimanere immutata nel tempo nei suoi tratti caratteristici. 

Il riconoscimento dell’identità dello scrivente quindi, non avviene per la leggibilità o meno del nome e cognome, ma per quel determinato tratto, unico, attraverso il quale è sempre possibile risalire allo scrivente stesso.

La firma può essere espressa con le sole iniziali puntate, col solo nome, col solo cognome, o con ambedue per esteso e con diverse precedenze. In genere e per tradizione, si pone il nome prima del cognome. Dal punto di vista psicologico, ciò va a significare che ci si presenta prima come Io, individuo con la propria  personalità e poi col cognome, che invece identifica la propria origine, la famiglia di appartenenza. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare che una firma in cui il cognome precede il nome, appartenga ad un soggetto nel quale sia molto forte il legame con  le proprie origini, la propria stirpe: il cognome posto prima del nome è simbolo quindi, di sicurezza e di riparo da un possibile coinvolgimento emotivo in ambito sociale, dal quale si tende a mantenere una certa  distanza. In pratica, apporre la propria firma prima col cognome e poi col nome è paragonabile alla assunzione del ‘lei’ rispetto al ‘tu’ nel rapporto con l’altro. Di contro, il nome posto prima del cognome esprime una disponibilità ad un rapporto di apertura e confidenziale, di avvicinamento all’altro, senza timore di un possibile coinvolgimento affettivo/emotivo.

Ciò detto, i vari segni/lettere e personalismi che compongono la firma, con o senza tratti aggiuntivi, devono essere considerati ed analizzati come un unico tratto grafico e confrontato con la forma del  manoscritto, al fine di rilevarne le concordanze o le eventuali differenze grafiche che hanno motivato la scelta  di quel particolare segno distintivo.

Rimane pertanto il criterio fondamentale secondo cui non è possibile delineare un profilo psico/grafologico  dello scrivente completo ed attendibile dalla analisi della sola firma, dalla quale non emergono tutti i dinamismi che sono alla base della personalità.

Inserito il:17/12/2014 19:44:15
Ultimo aggiornamento:29/12/2014 18:09:42
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