Richard Adams (Hampshire, UK, 1960 - ) - The Vegetable Garden
L’orto
di Giorgio Cortese
Oggi sono andato nell’orto a lavorare e il chinarmi costa fatica, ma se penso che cresceranno dalla fatica le zucchine ed i pomodori già l’animo si rallegra.
Mi piace l’orto con la sua lezione di spontaneità e le zolle incurvate, un mare increspato dal lavoro quotidiano di noi esseri umani.
L’orto è una grande metafora della mia vita. La vita di ognuno di noi abbisogna di essere coltivata e lavorata, richiede semine, irrigazioni, cure continue e necessita di essere protetta, difesa da intromissioni indebite.
L’orto, come lo spazio interiore della vita, è luogo di lavoro e di delizia, luogo di semina e di raccolto, luogo di attesa e di soddisfazione. Solo così, nell’attesa paziente e operosa, nella custodia attenta, potrà dare frutti a suo tempo.
Da sempre per me i campi erano una grande tela su cui dipingere, un quadro che dipingo ogni giorno che mi reco nell’orto.
Adesso mi è difficile tradurre sulla carta, con pensieri e parole il mio desiderio di voler dipingere su quella tela. Il campo, o meglio l’orto, esercita un fascino che non riesco a spiegare.
Disporre a piacimento di un angolino di terreno sul quale seminare e sperimentare, rappresenta un gesto di evasione dagli schemi del quotidiano, uno spazio alternativo in cui ritrovarmi libero e diretto produttore di materie prime.
L’innaffiatura mattutina dell’orto, subito dopo la prima colazione, prima che il sole sia alto, è uno dei momenti più piacevoli della giornata, e non richiede più di un quarto d’ora. L’aria è ancora fresca, il ruscellare dell’acqua dalla pompa lava via il sonno, i sogni confusi, i brutti pensieri: è bello vedere la terra annerirsi mentre si inzuppa d’acqua, rallegrarsi insieme alle foglie.
Nella cura dell’orto non devo mai dimenticare di innaffiare ogni pianta e neanche dimenticare di vedere la bellezza in ogni ombra.
Nel caldo meriggio, sudato, mi fermo assorto presso un rovente muro al confine dell’orto, ad ascoltare tra le ortensie i gorgheggi dei merli e i fruscii delle lucertole, e le gocce di sudore sono le lacrime di gioia della nostalgia dell’Eden che nasce.
L’orto è un mondo antico e affascinante, usanze e maniere sono quelle di una professione lontana. Forse le varietà di verdura sono cambiate leggermente. Si sono messe un po’ al passo con i tempi moderni dove spesso, e tristemente, le scelte sono dettate non dal gusto ma dalla ricerca del più grande, del più sano, del più rapidamente e facilmente trasportabile.
L’orto ha bisogno di cure quotidiane continue, ma non assillanti, ha bisogno di frequenti, leggeri diserbi, non quando le erbacce sono “sopra” e con le radici profonde e ben abbarbicate, ma quando sono ancora piccole, “sotto” e con le radici appoggiate. Alla sera, quando ritorno a casa, nell’orto restano a fare compagnia il cantare degli uccelli. La quiete inonda l’orto nel placido azzurro del cielo alla sera. Questo è il bello dell’orto, la sua continua mutevolezza e diversità.