De Es Schwertberger (from Vienna, Austria) - Firmament
‘Il mito è una scienza esatta’
di Galileo Dallolio
Astronomia e cosmologia trattano questioni specialistiche per definizione. Ma la loro presenza nella vita quotidiana in forma di parole e di simboli che rimandano al cielo e alle divinità di antiche religioni, è smisurata. Europa è il nome di una figura mitologica greca, i giorni della settimana e dei mesi rimandano a divinità, quando firmiamo rendiamo saldo e stabile l’accordo, saldo come è il firmamento, cioè la volta celeste. L’astrologia ha una larga diffusione, per gioco dicono molti. Per parlare di disastri (cattiva stella, sorte avversa) metereologici (metéōra in greco sono le ‘cose del cielo’) o per scambiarci gli augùri cioè parole di crescita, ci rifacciamo agli àuguri che guardavano il cielo per cogliere auspici dal volo degli uccelli. Inesauribile la cascata di parole che ci tengono collegati al cielo insieme a concetti quali esattezza e precisione come scrive Italo Calvino:
“La precisione per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesano le anime. Quella piuma leggera aveva nome Maat, dea della bilancia. Il geroglifico di Maat indicava anche l’unità di lunghezza, i 33 centimetri del mattone unitario, e anche il tono fondamentale del flauto. Queste notizie provengono da una conferenza di Giorgio de Santillana sulla precisione degli antichi nell’osservare i fenomeni celesti: una conferenza che ascoltai in Italia nel 1963 e che ebbe una profonda influenza su di me. Da quando sono qui ripenso spesso a de Santillana, perché fu lui a farmi da guida nel Massachusetts al tempo della mia prima visita in questo paese nel 1960. In memoria apro questa conferenza sull’esattezza in letteratura col nome di Maat, dea della bilancia. Tanto più che la bilancia è il mio segno zodiacale.”[1]
1- Nel libro Il Mulino di Amleto, Saggio sul mito e sulla misura del tempo, scritto da Giorgio de Santillana ed Herta von Dechend dopo ventidue anni di studi, pubblicato nel 1969 e diventato un evergreen editoriale dell’Adelphi, si legge:“mano a mano che seguiamo gli indizi - stelle, numeri, colori, piante, forme poesia, musica, strutture - scopriamo l’esistenza di una vastissima intelaiatura di rapporti che interessano molti livelli. Ci si trova all’interno di una molteplicità riecheggiante, ove ogni cosa reagisce e ha un suo luogo e un tempo stabilito. E’un vero e proprio edificio, una specie di matrice matematica, un’Immagine del Mondo che s’accorda a ognuno dei molti livelli, regolata in ogni sua parte da una rigorosa misura.”
Leggendo e rileggendo capitoli di questo sterminato libro viene il desiderio (de- sīdus -ĕris ‘astro’sentire la mancanza ) di conoscere come trovare Sirio nel cielo stellato o sapere quando la stella Vega sostituirà la stella Polare o chi rappresentano i septem triones (buoi) che arano il cielo attorno alla stella polare o perché le Pleiadi sono raffigurate piangenti o di leggere le Cosmicomiche di Italo Calvino ma anche di perlustrare ‘ un regno quasi mai esplorato e registrato sulle carte… un labirinto che non possiede un ordine deduttivo in senso astratto ma assomiglia piuttosto ad un organismo tenacemente racchiuso in sé o, meglio, a una monumentale arte della fuga.’(dall’introduzione de Il Mulino di Amleto)
2- Giorgio de Santillana è uno scienziato italiano che nasce a Roma nel 1902 e muore nel 1974 negli Usa.” Cresce in una famiglia cosmopolita, e tra le sue prime amicizie importanti si segnala quella con Lauro de Bosis. Si laurea in fisica all’Università di Roma nel 1925 con la tesi Il principio di minima azione nella dinamica relativistica. Dopo due anni di specializzazione in filosofia a Parigi e un altro biennio all’istituto di fisica di Milano, collabora nel 1929 con Federico Enriques al progetto di una scuola di storia della scienza da istituire presso l’Università di Roma, e dunque a una ricostruzione integrale della storia del pensiero scientifico, rimasta purtroppo incompleta, e di cui ci resta solo il primo volume e un compendio. Nel 1936, a seguito delle crescenti limitazioni imposte agli accademici di origini ebraiche, decide di lasciare l’Italia per gli Stati Uniti. Insegna alla New School for Social Research di New York e poi ad Harvard, dove partecipa agli incontri organizzati dai membri del Circolo di Vienna esuli dalla vecchia Europa in rovina.”[2]
Il Mulino d’Amleto scardina interi blocchi di convenzioni che si ripetono da secoli, come quella degli studiosi e docenti di materie che hanno la mitologia come contenuto prevalente e che sono totalmente ignari di astronomia e di cosmologia.
“Uno di quei rari libri che mutano una volta per tutte il nostro sguardo su qualche cosa – in questo caso sul mito e sull’intera compagine di ciò che usiamo chiamare il pensiero arcaico. Cresciuti nella convinzione che la civiltà abbia progredito dal mithos al logos, ‘dal mondo del pressappoco all’universo della precisione’, in breve dalla favola alla scienza, ci troviamo qui di fronte ad uno spostamento della prospettiva tanto più sconcertante in quanto è condotto da uno dei più eminenti illustratori del ‘razionalismo scientifico’: Giorgio de Santillana. Proprio lui che aveva dedicato studi memorabili a Galileo e alla storia della scienza greca e rinascimentale, si trovò un giorno a riflettere su ciò che il mito veramente raccontava - e capì di non aver capito, sino ad allora, un punto essenziale: che il mito è una scienza esatta, dietro la quale si stende l’ombra maestosa di Ananke, la Necessità.”[3]
3- Riassumere Il Mulino di Amleto (630 pagine) ’ uno dei libri più ricchi, affascinanti e profondi che siano mai stati scritti sul mito e sul cosiddetto pensiero arcaico è impresa veramente derisoria’ scriveva Ruggero Guarini [4]. Lo sforzo di Guarini ha però il vantaggio di fare entrare subito nel concetto di fondo del libro:“Tutti comprendono che le parole di Amleto alla fine del primo atto della tragedia di Shakespeare I tempi sono usciti fuori dai cardini. Maledetta uggia, che proprio io debba essere nato per rimetterli in sesto! alludono a ogni possibile forma di scardinamento e di dissesto, ossia al Disordine come tale. Ma quanti sanno, poi, che quella celebre battuta ci rilancia una notizia che aveva realmente sconvolto l’umanità molti secoli prima che il radar poetico di Shakespeare ne avesse intercettato alcune tarde vibrazioni.”
La citazione prosegue con un elenco di racconti tramandati oralmente da tutti i popoli della terra tra il 6° e 4° millennio a.C. che trasmettevano la notizia :” l’ordine dell’Universo era stato incrinato per sempre da una specie di peccato originale cosmogonico, raffigurato simbolicamente da una fatale contesa fra le potenze celesti: la lotta degli Asura e dei Deva in India, l’epopea sumera di Gilgamesh, la sfida dei Titani contro l’Olimpo in Grecia, la storia biblica di Sansone, la guerra fra gli Aesir e i Vanir nell’Edda, le gesta di Kullervo contro Untano nella saga finnica, le zuffe fra i due Maui nella mitologia polinesiana, le imprese prometeiche del dio messicano Tetzcatlipoca..tutti evocano la frattura di un’armonia originaria, una disastrosa passaggio da un’Età del Mondo ad un’altra. Meno noto è che il nocciolo di queste mitiche storie potrebb’essere scientifico. La catastrofe di cui parlano. Infatti, è un ben definito avvenimento astronomico. Si tratta cioè di quell’incidente cosmico che provocando l’inclinazione dell’eclittica terrestre di un angolo di circa 24 gradi rispetto l’equatore, determinò l’inizio dei grandi cicli del mutamento , con la fatale alternanza dell’oscurità e della luce, la periodica vicenda della morte e delle rinascite stagionali, infine la successioni delle Età del Mondo secondo un ritmo di ascesa e caduta corrispondente a quel complicato fenomeno cosmico che è la Precessione degli Equinozi.(…) Ma veniamo ora al Mulino di Amleto “ Nell’Amleto scespiriano non v’è alcuna traccia di mulini. Se ne parla molto in certe rozze leggende scandinave riguardando Amlòdi, l’originario e possente eroe mitico che alcuni secoli dopo (..) si sarebbe trasformato nel malinconico personaggio di Shakespeare. Secondo quelle leggende Amlòdi possedeva un mulino favoloso dalla cui macina uscivano, un tempo, pace e abbondanza. Più tardi, in tempo di decadenza, il mulino aveva macinato sale. Ora, infine essendo caduto in fondo al mare, macina rocce e sabbia producendo un vasto gorgo, il terrificante Maelström, che conduce alla terra dei morti. Ed ecco l’interpretazione di de Santillana e von Dechend: “Questo nucleo di immagini, come rivela una serie di fatti, rappresenta un processo astronomico: lo spostamento secolare del sole attraverso i segni dello zodiaco che determina le età del mondo, assommanti ciascuna a migliaia di anni. Ogni età porta con sé un’Era del mondo, un crepuscolo degli Dei: le grandi strutture crollano, vacillano i pilastri che sostenevano la grande fabbrica, diluvi e cataclismi annunziano il plasmarsi di un mondo nuovo. (…) Ma tutti, compreso Amleto, non sono che varianti di un’unica figura: il grande Kronos-Saturno, il sovrano spodestato che dopo avere tratto le misure del mondo dagli abissi dell’oceano celeste, giace addormentato da millenni nel suo ordigno cosmico uscito fuori dai cardini: un ordigno che è in primo luogo una macchina del tempo.”
Per entrare in questo genere di letture ci sono scogli da superare. I testi non mancano, due su tutti Giacomo Leopardi che a 15 anni scrisse la Storia dell’astronomia, completata da Margherita Hack col suo Storia dell’astronomia. Dalle origini al 2000 e oltre.
4- Leggere Il Mulino d’Amleto in modo non convenzionale
Credo che non sia sempre necessario equipaggiarsi in anticipo con letture per affrontare testi complessi. Letture indispensabili per certe materie ma sostituibili con approcci diversi per accostarsi a testi poetici oppure a opere con un altissimo carattere di originalità come questa. La Precessione degli Equinozi può essere afferrata al volo e compresa ‘ per associazioni fulminee’. Il poeta Osip Mandel’štam, riferendosi alla Commedia, scrive che è ‘d’impaccio l’abitudine al pensiero grammaticale’ e aggiunge che ‘ la nostra teoria della sintassi è una potentissima sopravvivenza della scolastica’. [5]. La lettura o la consultazione di questo libro è comunque una fatica ben spesa perché favorisce la liberazione da stereotipi su miti, filosofie, idee religiose accumulati nel tempo e porta un grande contributo alla storia della scienza.
Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend
5- L’esordio dell’iperstoria: Italo Calvino e la conferenza torinese di Giorgio de Santillana
C’è comunque una lettura suggerita e scaricabile dal web dal titolo L’esordio dell’iperstoria, Torino 29 marzo 1963 ‘Al Teatro Carignano lo storico della scienza Giorgio de Santillana pronuncia la conferenza Il fato nell’antichità: “Il tema era inusuale, l’oratore appassionato e ironico: e riuscì, in un’ora, a scuotere molte idee ricevute. Disse che ‘ i cosiddetti miti storici si rivelano all’analisi come costruzioni astronomiche’. Propose ‘una visione dell’Universo come un ordine rigoroso, dominato da una Necessità assoluta di natura matematica’. Spiegò che ‘l’universo è un immenso scadenziario in cui ad ogni momento si iscrivono scadenze critiche’. Affermò che l’individuo è determinato da questa unità del cosmo, dove i veri abitanti del mondo’ non siamo noi, sono le potenze stellari. E anch’esse necessitate perché sopra loro sta il Numero’. Raccontò che appena ora ‘si cominciava a discernere i lineamenti colossali di una vera astronomia arcaica’. Insinuò che, schivi dei calcolatori ‘siamo noi moderni, in fondo, più vicini alla tradizionale magia’; superiori gli antichi, aggiunse, i quali possedevano invece il senso’ ancor più geometrico, musicale, dell’importanza del ‘cader giusto’nel tempo’. Ma, come si affrettò a precisare, c’era ben poco di primitivo in tutto questo: prima ancora che intorno al 4000 a.C. nascesse la scrittura già si era dispiegata ‘una vera scienza dei moti celesti, opera di geni ignoti, i Kepleri e i Newton di quei millenni aboliti, i quali seppero tracciare percorsi molteplici convolti e intrecciati agli astri nel cielo’. E in tutto il mondo, in ogni epoca e civiltà, i miti ci narrano – per enigmi e metafore- una tragedia originale, un errore, qualcosa che andò fuori sesto e non ci fu più rimedio. E qui nasce un grande conflitto dei primi tempi, in cui venne dissestata la fabbrica dell’Universo’ Sregolaggio, sghembatura: Santillana ricorse a parole rare e precise per definire la catastrofe cosmica primordiale destinata a lasciare tracce in ciascuna mitologia arcaica, dall’India alle Americhe precolombiane all’Islanda: anche per questo suscitò l’ammirazione di Calvino, che proprio grazie alla sua conferenza ebbe l’idea delle Cosmicomiche, la cui prima serie sarebbe uscita da Einaudi nel novembre 1965. (….)
La storia da riscrivere, era il titolo di un’altra conferenza che Giorgio De Santillana aveva pronunciato un anno dopo Fato antico: sfilavano in quelle pagine Kierkegaard, Rocco Scotellaro, Don Milani, Danilo Dolci, Simone Weil e gli Sciatàp di Ignazio Silone: cioè shut up- coloro a cui si impone di tacere. Domenico Scarpa[6]
6- ‘Non vidi mai un uomo così solo, estremamente indifeso.’ :
La conferenza La storia da riscrivere pubblicata nel 1969 presso il Massachusetts Institute of Technology e nel 1985 da Adelphi in Fato antico e fato moderno, insieme ai nomi citati da Scarpa presenta, con citazioni delle loro opere, Ottiero Ottieri e Paolo Volponi, due autori olivettiani. E’ ragionevole pensare che Giorgio de Santillana e Adriano Olivetti si conoscessero e la cosa ha un suo fondamento in questa citazione selezionata da Emilio Renzi nel suo libro Comunità concreta, le opere e il pensiero di Adriano Olivetti. La citazione è in Ricordo di Adriano Olivetti, Comunità nel 1960[7], e merita attenzione. Sembra un copione di teatro per mettere in difficoltà persone ritenute diverse. Quasi fosse un corpo a corpo, le domande vengono usate per saggiare la consistenza fisica dell’interlocutore non per capire chi sia e cosa abbia fatto. Persone che si danno la voce per sbaragliare un disturbatore. Il quale non perde la calma, non s’offende e continua ad argomentare. Mentre l’osservatore Giorgio de Santillana, soffre e si irrita, Adriano Olivetti continua, indifferente all’imbarazzo che immagino avverta intorno a sé, e oggi appare un vincitore su tutta la linea.
“Tra gli scritti giunti a Ivrea da tutto il mondo per onorare la memoria di Adriano spicca quello del filosofo statunitense di matrice italiana Giorgio De Santillana. Con smagliante scrittura esso stringe la singolarità dell’uomo, le fatiche interiori e la gloria mondana-paradossalmente la finale e la più caduca. De Santillana ricorda una riunione organizzata al Quadrangle Club[8] di Chicago nei primi anni Cinquanta:
… cultori di scienze politiche, gente di primo piano, e lui tentava di spiegare loro le sue idee. Non vidi mai un uomo così solo, estremamente indifeso. Sapevano appena chi fosse- era molti anni fa. Ponevano domande tecniche taglienti, da gente scaltrita nel meccanismo di questa società esperta nel gioco della libertà, politicizzata da secoli. Egli rispondeva con calma, senza sbandarsi, ma sembrava un pastore di popoli venuto a raccontare certe cose sagge di casa sua, nobili e ingenue, usanze e visioni, di fronte a questi moderni che parlavano di una società moderna, mobile e mobilitata, agile e pesante allo stesso tempo, come certe macchine scavatrici, insomma la democrazia qual è, il mostro dalle diecimila teste, e gli chiedevano come rimpiazzava lui questo ingranaggio o quella trasmissione senza di cui la macchina s’incaglia – ma che dico, in verità erano degli elettrotecnici che gli chiedevano come formava i circuiti della sua macchina teleologica e lui rispondeva con quelli che a loro sembravano pezzi di spago e colla cervione. Mi disse Paul Deutsch sulla porta ‘insomma niente’. Non lo direbbe più oggi perché Olivetti era diventato uno dei trionfatori sulla scena economica e a Wall St, si diceva in tono riverente “E’ quello che ha comprato la Underwood’[9]
Il giornalista Nello Ajello su LaRepubblica del 24 febbraio 2010 aggiunge altre citazioni: “Thomas Stearns Eliot, alla notizia della sua scomparsa, lo definì «un sociologo cristiano» e Ferruccio Parri «un utopista positivo». In Giorgio de Santillana, Adriano Olivetti suscitava il ricordo di «quell' Italia che va da Guido Guinizelli a Piero della Francesca». Jacques Maritain lo ricordò ammirandone «la generosità del cuore». Leo Valiani osservò che l' industriale di Ivrea sarebbe piaciuto a Carlo Cattaneo.
Giorgio Diaz de Santillana was an Italian-American philosopher and historian of science, born in Roma. He was Professor of the History of Science at the MIT. 1902- 1974, Google Arts & Cultur , Wikipedia
Lucio Russo(1944) fisico, matematico e storico della scienza italiano , in quest’opera non cita il Mulino d’Amleto.
[1] Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Garzanti 1988, pag.57
[2] Giorgio de Santillana Hertha von Dechend, Sirio, Adelphi 2021 (nel capitolo di Mauro Sellitto: La scienza, prima del mito (e dopo) pag.156-157
‘In un percorso dalle mille ramificazioni, queste pagine ci offrono una porta d’accesso a quel pensiero arcaico in cui il rigore della Scienza, fondato su numerus, pondus et mensura, parlava ancora il linguaggio tecnico quanto immaginifico del Mito- e contribuiscono a farci rivalutare ‘quei nostri remotissimi antenati che crearono proprio le civiltà superiori’(dalla quarta di copertina)
[3] Roberto Calasso, Cento lettere a uno sconosciuto, Adelphi 2003, p.147
[4] Ruggero Guarini, Fisimario, un catalogo di pregiudizi fra la cronaca e l’eternità, Leonardo ed.1989 pag.146-147. R.Guarini 1931-2013 è stato giornalista e scrittore di valore
[5] ‘La cultura è scuola di associazioni rapidissime. Afferri al volo, sei pronto a coglier le allusioni ’ Osip Mandel’stam , Conversazioni su Dante p.51e 88 Il Melangolo ed.
[6] Torino, 29 marzo 1963. Italo Calvino e Giorgio de Santillana https://www.academia.edu › Torino_29_marzo_1963.
Italo Calvino e Giorgio de Santillana: l'esordio dell'iperstoria. AL TEATRO CARIGNANO LO STORICO DELLA SCIENZA GIORGIO DE SANTILLANA PRONUNCIA LA CONFERENZA ..
[7] Domenico Scarpa (1965) è consulente letterario-editoriale del Centro studi Primo Levi di Torino. Ha pubblicato Italo Calvino (Bruno Mondadori, 1999)
[8] Fondato nel 1893, il Quadrangle Club ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo importante nel tessuto intellettuale e nella vita dell'Università di Chicago.(dal sito del Club)
[9] Emilio Renzi, Comunità concreta, le opere e il pensiero di Adriano Olivetti, Guida editore 2008, pag,137. Il libro è esaurito, una copia in pdf gratuita può essere richiesta a www.olivettiana.it