François Ruyer ( Illustratore - Strasburgo, 1961) - Cruise
Bogianen in Sicilia (2) - La Nave Veloce
di Annalisa Rabagliati
Sono passati quattro anni da quando siamo stati a Napoli, ma devo rassicurarvi: la situazione traffico non è minimamente cambiata. Auto e motorini che si infilano dappertutto, incuranti di ogni regola di prudenza, precedenze che non esistono, autisti di pullman protetti certamente da una divinità superiore e dotati di pazienza infinita.
L'autista di mezza età che ci ha caricati sul suo pullman alla stazione per portarci all'imbarco ne ha parecchia, è allegro e gentile, e vedendo che il nostro gruppo non è di primo pelo, (invece lui...), riesce a convincere l'addetto all'ingresso dell'imbarcadero a lasciare che ci porti in pullman alla nave.
Il problema è che ci sono quattro livelli diversi di addetti e non tutti sono dello stesso avviso. Assistiamo perciò a gustose scenette vernacolari che definiscono gli Italiani agli occhi degli stranieri. Ad esempio ad uno che proibiva al pullman di arrivare vicino alla nave, l'autista ha detto qualcosa riferito alla di lui madre, che non sto a ripetere. Dopo numerose altre piccole dispute torniamo all'ingresso a piedi e, previa doverosa attesa, finalmente possiamo accedere, arrivando naturalmente a piedi, alla nave.
E così oggi, giovedì, siamo in Sicilia. Cioè siamo nel porto di Palermo, in nave ad aspettare di scendere, se no non avrei il tempo di scrivere. Dalle sei di mattina, se anche non avessi messo la sveglia, a risvegliarti ci pensa l'altoparlante che annuncia ogni cinque minuti dove si può fare colazione e se ti sei svegliata alle quattro, dopo esserti addormentata verso l'una, sarebbe proprio il momento di fare un pisolino.
La notte è trascorsa tranquilla, un leggero rollio intervallato ogni tanto da uno scossone (forse una buca?) avrebbe dovuto conciliare il sonno come una ninna nanna, ma una fifona come me si attende sempre che il silenzio notturno venga interrotto da una sirena, da un annuncio di catastrofe imminente. Ieri sera ho controllato i cartelli con le indicazioni delle vie di fuga, dei punti raccolta, dei giubbotti salvagente, delle scialuppe di salvataggio, prima ancora di andare a cenare, dopo aver osservato la partenza della nave e la costa che si allontanava.
Le attività di partenza sono state piuttosto elaborate e l'hanno ritardata un bel po', e pensare che temevamo di arrivare al porto troppo tardi! Invece abbiamo passato parecchio tempo ad aspettare che nel garage galleggiante entrassero i camiones: tir, trasporti eccezionali e camion con rimorchio. L'ultimo, poi, gigantesco, mi ha fatto dubitare della legge di Archimede ...
Al self service il cameriere deve avermi presa per un camionista, perché mi ha riempito i piatti con il triplo almeno di quel che mangio abitualmente. Dopo cena il modo migliore per attendere di chiudersi nel cubicolo chiamato cabina, rigorosamente senza oblò, è stato quello di restare sul ponte a osservare la costa già lontana e contemplare il cielo, in cui, in verità, spiccava solo l'Orsa Maggiore.
La cabina è dotata del necessario, la doccia buona, mentre il letto è piccolo e stretto. Mi domando come ci abbia potuto stare sdraiato uno qualsiasi dei corpulenti motociclisti imbarcati con noi. Ce ne sono parecchi e vanno probabilmente ad un raduno. Uno squadrone di motociclisti, pardon, bikers, venuti da diverse parti d'Europa e perfino dalla California, riconoscibili dal giubbotto decorato con motivi delicati, quali teschi, con le ali o senza, e la scritta della nazione di provenienza, anche se il tratto distintivo è il numero di tatuaggi sulle braccia, sul collo e perfino sulla testa (calva). Si osserva che in certi casi non esiste via di mezzo, o calvi o capelloni, se ancora dotati di capelli, vista la non più verde età.
Bisogna però ammettere che anche il nostro gruppo rappresenta bene la "meglio gioventù", considerato che io sono tra i più giovani, fate un po' voi ... Però trovo importante che persone che un tempo si definivano agé abbiano ancora voglia di mettersi in gioco, anzi, in quello che più che un viaggio potrebbe essere definito una corvée, con i tempi scanditi da visite obbligate: un viaggio alla giapponese, per intenderci.
Al contrario prendere un traghetto mette alla prova la pazienza, con i tempi morti tra la sveglia, alle sei, l'arrivo, alle sette, l'attesa di poter scendere, che si sa quando inizia e non quando finirà. La stessa pazienza che ha avuto chi ha letto fin qui, che posso tranquillizzare, perché difficilmente avrò ancora il tempo morto per scrivere, appena scesi in Trinacria. Quando? Mah, sono le otto e venti e siamo ancora sulla nave. Portiamo pazienza!