Francesco Manzini (Chieti,1933 - ) - Joggins (2012)
Contro-tempo
di Simonetta Greganti Law
Adam Burnham faceva parte del popolo dell’alba.
Quasi ogni mattina, alle 6:30 era già in strada per rincorrere il tempo di cui non disponeva mai abbastanza.
Si svegliava di primo mattino cercando di strappare qualche ora al sonno e impiegarla in altro modo per contrastare con la solita routine del suo lavoro che lo assorbiva per tutto il resto della giornata. Si concedeva così un ritaglio di tempo che diventava uno speciale privilegio da dedicare interamente a se stesso e ai suoi pensieri. Senza neppure concedersi un caffè scendeva subito in strada e iniziava a fare jogging.
Era stato piacevolmente sorpreso dall’aver scoperto parecchie persone che, come lui, preferivano respirare l’aria pungente del mattino e bearsi del silenzio di quelle ore. Ciò gli permetteva d’ascoltare i rumori che abitualmente venivano coperti da altri più assordanti e riscoprire così il ronzio d’un insetto o il frullo d’ali di un uccello.
La natura aveva una voce melodiosa ben diversa dall’urlo sgraziato della città diventato ormai un disturbo acustico costante che gli infastidiva i timpani.
Adesso poteva addirittura prestare orecchio al calpestio dei suoi passi frettolosi che sembravano quasi voler correre in direzione opposta al movimento di rotazione della terra nel tentativo di recuperare l’avanzata inesorabile di un orologio. Certo, questa era un’utopia, ma l’idea di gareggiare contro il tempo lo stimolava a correre sempre più velocemente. Una sfida il cui obiettivo era di riuscire a manipolarlo.
Adam si affannava non tanto per la corsa che stava effettuando quanto per l’idea di non riuscire a scendere a compromessi con il ritmo del tempo. Lo irritava il dover vedere scorrere inarrestabili le lancette del suo orologio nonostante gli sforzi per riuscire a rubar loro una manciata di minuti. Ma tutto sommato, cosa ne avrebbe fatto di questa conquista? In fondo in fondo, non gli sarebbe poi servito a molto. Doveva infatti ritenersi fortunato già di aver ottenuto così tanto dalla vita. Aveva una moglie che amava alla follia e tanti cari amici, non gli mancava un lavoro che gli permetteva di vivere sereno e soprattutto aveva la salute.
Allungare il divario temporale era perciò solamente un’idea interessante e divertente, una prova indubbiamente singolare ma sicuramente inutile e comunque bastava il saluto del primo podista che incrociava per farlo ridestare da questo sogno ad occhi aperti.
Gli incontri a quell’ora erano diventati familiari e ormai tutti, puntualmente, si salutavano riconoscendosi. Adam aveva imparato a costruire storie dietro ad ogni volto che quotidianamente gli sorrideva. I più cordiali erano due vecchietti in coppia che, giovani solo nello spirito, trascinavano a fatica i loro corpi arrugginiti anche se sempre rivestiti di bianco come due colombe. Li aveva ribattezzati Paolo e Francesca poiché amava pensare che “‘nsieme vanno e paion sì al vento esser leggeri”.
Immancabilmente incrociava pure “Cricetina” che aveva scherzosamente pensato di chiamare così poiché gli ricordava il piccolo roditore che sempre si affanna sulla ruota quando invece, in realtà, percorre pochissima strada. Il saluto di questa giovane ragazza, che oltretutto aveva due guanciotte belle rigonfie, faceva parte del buongiorno mattutino.
Atro must giornaliero consisteva nel venir sorpassato da Beep Beep, il Road Runner che con una tuta dai colori sgargianti rievocava il velocissimo pennuto della Warner Bros.
Ma gli incontri a quell’ora presta non si limitavano solamente a quelli umani.
Schiacciati sul selciato trovava spesso anche animaletti di genere diverso: un lungo serpente, o forse solo la sua pelle, i resti di un topo con la lingua di fuori, un porcospino ridotto a tappetino. Creature ritenute senza cervello eppure, avendo questi già sperimentato la morte, conoscevano sicuramente il mistero del trapasso ignoto ai più grandi scienziati ancora in vita.
Morire senza aver vissuto era il suo tormento, forse era anche per questo motivo che correva contro il tempo, correva per allontanarsi dalla morte. Pensava che tuttavia avrebbe dovuto sorridere anche a questa se l’avesse incontrata e così continuava ad augurare il buongiorno a tutti non conoscendo le sembianze della Nera Mietitrice.
Decise comunque che sarebbe stato meglio scacciare questi strani pensieri ricorrenti, doveva aggrapparsi alla vita e cercare di apprezzare ancora di più i momenti belli e irripetibili della sua esistenza.
E così tornava ai piaceri terreni e cominciava ad assaporare già col pensiero la colazione che avrebbe trovato al suo rientro.
Si sarebbe reidratato con l’infuso al sedano freddo che stava nel frigo già dalla sera prima.
Lo aveva preparato lui stesso facendo bollire a fiamma bassa un litro d’acqua, un gambo di sedano e un pezzetto di radice di zenzero fino a ridurre la quantità a metà del liquido.
Poi, dopo averlo filtrato, aveva aggiunto il succo del limone e lo aveva lasciato freddare prima di riporlo in frigorifero.
Due deliziosi biscotti alla banana, preparati da sua moglie, avrebbero addolcito la giornata appena iniziata.
Biscotti alla banana (senza uova e burro)
400 grammi di farina non troppo raffinata
130 di zucchero di canna
50 ml di olio extravergine d’oliva
1 grossa banana matura
mezza bustina di lievito per dolci
100 ml d’acqua
Impastare tutti gli ingredienti assieme alla banana schiacciata con una forchetta e formare un composto da mettere a riposare in frigorifero dopo averlo avvolto nella pellicola alimentare per almeno un’ora.
Preparare poi delle palline che andranno schiacciate prima di essere infornate a forno caldo di 180° per circa un quarto d’ora o fin quando avranno assunto un bel colorito dorato.