Aleksandr Michajlovič Gerasimov (Kozlov,1881- Mosca, 1963) - Taràs Bul’ba
Putin non ha letto “Taràs Bulba” di Gogol’
di Giuseppe Silmo
Forse se Putin avesse letto l’epopea cosacca di “Taràs Buĺba” di Gogoľ avrebbe saputo che invadere l’Ucraina e assoggettarla, pur con un’enorme disparità di forze sarebbe stato una impresa molto difficile.
Ucraina, terra di cosacchi, che, come ce li descrive Gogoľ, sono sempre carichi della loro tracotante vitalità, e con il loro selvaggio senso dell’onore non retrocedono davanti a nulla, sono come il vento che soffia e travolge ogni cosa attraverso le immense pianure, felici di partire per battaglie spaventose, dove non c’è pietà alcuna. Continuamente in lotta, a est contro i tartari, e a ovest contro i polacchi.
Gogoľ non sembra troppo desideroso di fissare una data certa di questa epopea di sangue e guerra. L’arco temporale sembra essere molto ampio. Per certi versi potrebbe essere il XV secolo, ma per altri anche il XVI o addirittura il XVII. L’ucraino Gogoľ si richiama evidentemente alla storia cruenta dei padri, che non ha una data precisa, ma si perde nei secoli, e alle leggende della sua infanzia.
Il tempo è sicuramente passato, ma quel sangue cosacco scorre ancora potentemente tra gli ucraini che difendono strenuamente il loro territorio e allora viene in mente il richiamo che il capo cosacco Taràs Buĺba, trovandosi con i suoi circondato dagli odiati polacchi in una situazione disperata, lancia agli altri capi cosacchi:
“E allora pany? C’è ancora polvere nelle vostre fiasche? Non si sarà forse indebolita la forza cosacca? Non si staranno forse piegando i cosacchi?”
E la risposta:
“C’è ancora polvere nelle nostre fiasche, fratello: non s’è ancora indebolita la forza cosacca; ancora non si sono piegati i cosacchi!”
O ancora di più quest’altro brano:
“Centoventimila guerrieri cosacchi apparvero ai confini dell’Ucraina. Non si trattava già più di un piccolo reparto o distaccamento in ricerca di bottino o all’inseguimento dei tartari. No fu l’intera nazione a sollevarsi, poiché era giunta al limite la pazienza del popolo: si sollevò per vendicare lo scherno dei propri diritti, l’oltraggiosa umiliazione alle proprie usanze.”
Parole che sembrano scritte oggi dall’ucraino profeta Gogoľ.
Putin e i suoi sodali non hanno letto “Taràs Buĺba” e ora anche giovani ragazzi di leva russi ne patiscono le terribili conseguenze. Ieri il presidente ucraino Zelensky ha lanciato un appello alle mamme russe: "Non mandate i vostri figli in guerra in paese straniero". E ancora: "Ripetiamo agli occupanti, che hanno avuto oltre 12 mila morti, di andarsene finché possono".
Forza cosacchi, forza ucraini.