Lluis Barba (Barcelona, 1952 - ) - The Universal Flood
Dalla cassapanca 2 - L’astrarca
di Franco Filippazzi
Ecco un altro reperto polveroso trovato nella cassapanca. Si tratta di un racconto scritto molti anni fa, durante le ferie estive in montagna. Era una estate piovosissima, acqua a catinelle tutti giorni, un vero diluvio.
Si passava perciò gran parte del tempo in albergo a chiacchierare. Tra gli ospiti c’erano due gruppi opposti, i fautori della caccia e gli animalisti, che si bacchettavano tra loro.
Come passatempo (e … per gettare benzina sul fuoco), ho scritto il raccontino che segue.
L’astrarca
La “voce” aveva raggiunto tutti gli uomini, in ogni angolo della Terra. Era una voce senza suono, che parlava direttamente al cervello dell’uomo, senza l’intermediazione del linguaggio.
“Uomini della Terra” – aveva detto la voce telepatica – “ascoltate! Io vengo da molto lontano e sono, rispetto a voi, infinitamente vecchio. Noi abbiamo maturato conoscenze da cui la vostra civiltà è ancora molto lontana. Per questo vi parlo. Delle tante cose che potrei insegnarvi, di una sola ora mi preme che voi prendiate coscienza. Uomini della Terra: la vita è unica e voi non ne siete che una forma. Perciò nessuno di voi ha il diritto di uccidere nessun essere vivente. Le distinzioni che voi fate adesso sono arbitrarie. Uomini della Terra: avete 30 giorni per modificare le vostre leggi”.
E’ impossibile descrivere l’effetto scatenato da questo drammatico annuncio. Da un punto all’altro della Terra fu un caotico intrecciarsi di interrogativi angosciosi: che cosa volevano “loro”? come reagire? Al Consiglio delle Nazioni, convocato nel cuore della notte, i delegati dei vari Paesi avevano cercato di mettere ordine alle idee e impostare un piano d’azione. Si erano alla fine istituite delle commissioni di studio per l’esame dei vari problemi sollevati dall’incredibile annuncio. Delle commissioni furono chiamati a far parte gli esponenti più rappresentativi di ciascun Paese nei vari settori: politica, forze armate, economia, religione, ecc.
Nel giro di pochissimo tempo l’enorme grattacielo del Consiglio delle Nazioni si riempì di personalità che iniziarono immediatamente a discutere. Tutte le stazioni radiotelevisive del globo furono permanentemente poste in collegamento col Palazzo di Vetro.
Man mano che i giorni passavano, i vari problemi venivano messi a fuoco dai diversi gruppi di lavoro che analizzavano, sillaba per sillaba, il drammatico messaggio.
Una prima risposta era venuta dal gruppo degli scienziati: l’”unità degli esseri viventi” affermata dalla voce, era una realtà scientifica conosciuta da tempo. Dall’ameba unicellulare all’uomo, dalle forma di vita più semplici a quelle più complesse, dagli animali ai vegetali, malgrado l’enorme apparente varietà, vi è una stupefacente unità sostanziale. Il protoplasma vivente è identico, come concezione, sulla terra, nei mari, nell’aria. A livello cellulare la composizione, la struttura, i processi biochimici, i meccanismi di riproduzione e di ereditarietà sono sostanzialmente gli stessi per tutti gli organismi. La vita si fonda infatti sulle proprietà del DNA, la “spirale della vita”, e questa è costituita dagli stessi unici quattro “mattoni” – adenina, timina, guanina, citosina – e con le medesime regole per tutti gli organismi viventi. Il disegno della vita sulla Terra è dunque effettivamente unico. Ma questo è sufficiente per postulare in assoluto il divieto di uccidere? Si poteva interpretare in modo limitativo il monito venuto dallo spazio?
Nei comitati di lavoro le opinioni andavano da un estremo all’altro, da chi sosteneva che il “comandamento” dovesse essere interpretato soltanto in chiave simbolica, a chi diceva invece che esso doveva essere inteso alla lettera. Tra i due estremi c’era tutta una gamma di sfumature di opinioni, e c’erano motivi a sostegno di tutte quante le tesi.
Si cercava affannosamente di trovare dei criteri cui ancorarsi per sostenere delle limitazioni al divieto di togliere la vita. Si discuteva di vita intelligente e di vita vegetativa. Si facevano graduatorie degli esseri viventi utilizzando i criteri più diversi. Ci fu, ad esempio, chi propose che il DOLORE dovesse essere assunto come elemento di discriminazione. In questo caso gli organismi mancanti di sistema nervoso (i vegetali e le forme più elementari del mondo animale) venivano ad essere esclusi. Ma d’altro lato c’era chi faceva osservare che uccidere era inequivocabilmente una legge di natura nel mondo animale, essendo l’unico mezzo di sopravvivenza; per cui era assurdo porre dei vincoli di qualsiasi genere agli uomini.
Interminabili discussioni si susseguivano in seno alle commissioni di studio, alla ricerca di una risposta che diveniva di giorno in giorno più pressante.
La gente, l’uomo della strada, cercava di seguire, con angoscioso sbalordimento, quella girandola di problemi che mai prima si era posti, che coinvolgevano abitudini innate e convinzioni mai messe in dubbio.
Da tutto quel turbinio di discussioni l’unica cosa che risultava evidente era che i limiti posti dall’uomo alla licenza di uccidere erano da considerare del tutto arbitrari. I confini della liceità, i “distinguo” nel diritto di ammazzare, erano – checché si arzigogolasse – solo frutto di convenzioni. E ciò si applicava non soltanto ai rapporti tra l’uomo e le forme di vita diverse dalla sua.
Se però i filosofi erano disponibili ad accettare la proposizione venuta dallo spazio, vi erano, da mille altre parti, ostacoli pratici, interessi costituiti, egoismi.
Se era vero che l’uomo poteva vivere nutrendosi soltanto di vegetali o di cibi sintetici, chi avrebbe rinunciato all’idea di una buona bistecca? E che ne sarebbe stato degli allevatori di bestiame e di tutte le attività industriali ed economiche connesse?
Ma l’uomo uccideva, oltre che per la gola, anche per puro divertimento. In breve tempo si accumularono al Palazzo delle Nazioni petizioni di associazioni di cacciatori, di fabbricanti e venditori di “articoli sportivi”, di appassionati di corride, di organizzatori di battute di caccia grossa, di club di tiro al piccione, eccetera.
Ne’ l’idea piaceva ad altri. Ad esempio ai pellicciai e alle signore eleganti. E neppure ai biologi che usavano giornalmente migliaia di animali per i loro esperimenti.
Ma le obiezioni più violente, insieme ad ogni sorta di pressioni, vennero dai politici, dai militari, dai fabbricanti di armi. Infatti, se ora non si potevano uccidere neanche gli animali, quale giustificazione si poteva trovare per le guerre tra gli uomini? Nelle principali città di tutti i Paesi del mondo vennero organizzate manifestazioni e sfilate di organizzazioni patriottiche e associazioni d’arma, con alla testa imponenti generali, il petto ricoperto di medaglie, tra sventolio di bandiere e risuonare di canti marziali.
Nel bailamme di opinioni più o meno interessate, poche furono le voci genuine che si levarono contro il diritto di uccidere. Da un aereo proveniente dal Nepal sbarcò un giorno all’aeroporto delle Nazioni Unite un ascetico vecchio. Un bianco mantello gli rivestiva la magra figura, e un fitto velo gli ricopriva la bocca e il naso. Era il capo di una setta millenaria, il cui fondamento morale era il rispetto della vita. Il velo che gli adepti portavano serviva appunto ad impedire che, per isbaglio, respirando potessero uccidere qualche moscerino. Ma le guardie all’ingresso del Palazzo non lo lasciarono entrare.
I lavori al Palazzo delle Nazioni procedevano senza soste, seguiti col fiato sospeso da tutta l’umanità. Tra i vari sentimenti provocati dall’inatteso messaggio dallo spazio, prevalente su tutti era la paura. Scene di isterismo collettivo venivano sempre più frequentemente segnalate da tutte le parti del mondo. Cosa sarebbe successo allo scadere dei trenta giorni se non si fosse seguito il perentorio invito della “voce”?
L’indicibile tensione che attanagliava l’umanità parve sciogliersi, quasi alla vigilia della scadenza fatale, grazie alla logica di un brillante uomo politico italiano. In breve, il suo ragionamento fu questo: se il misterioso essere aveva come principio base il rispetto della vita, all’umanità non sarebbe potuto succedere nulla, qualunque risposta venisse data, perché altrimenti egli sarebbe stato in contraddizione con se stesso…
Alla logica dell’astuto uomo politico italiano si aggrapparono tutti come ad un’àncora di salvezza. Il mondo parve respirare, e la paura che incombeva sulla Terra si tramutò, per reazione, in un frenetico desiderio di divertimenti e di piaceri.
Fu sulla base di questa ipotetica garanzia che i responsabili delle nazioni di tutto il mondo concordarono una diplomatica risposta da presentare all’essere misterioso quando si fosse fatto vivo. Nella risposta si diceva in sostanza che gli uomini apprezzavano vivamente il principio dell’intangibilità della vita; che l’avrebbero tenuto presente; ma che per il momento non era possibile cambiare le cose.
* * *
Quando giunse il trentesimo giorno, malgrado tutti i ragionamenti fatti, un’impalpabile cappa di paura incombeva di nuovo sulla Terra. La giornata era limpida e serena ovunque, ma l’aria era come elettrizzata, sui mari agitati le onde si inseguivano nervose, e i vulcani sembravano essersi improvvisamente ridestati. Gli animali domestici, nelle case, nelle stalle, erano estremamente agitati. Nelle selve, nelle praterie, nei deserti, la vita era come in subbuglio.
Ad un tratto, verso mezzogiorno, sui radar dell’emisfero boreale apparve un punto luminoso.
Il punto ingrandiva a vista d’occhio sugli schermi. Nel dispositivo coordinato di difesa scattò l’allarme. L’oggetto puntava decisamente verso la Terra. Le sue dimensioni erano così colossali che per un po’ di tempo ci fu il dubbio che si trattasse di un corpo celeste.
Ma ci si dovette convincere rapidamente che l’oggetto era guidato. Era una immensa astronave, di dimensioni inimmaginabili per la tecnica dell’uomo, che si avvicinava alla Terra con velocità spaventosa.
In quel momento la “voce” parlò: “Uomini della Terra: conosco già la vostra risposta”.
L’immensa astronave si librava ora sopra la Terra. Era un enorme disco argenteo, la cui ombra si stendeva per centinaia di chilometri sulla superficie del globo.
Fu allora che dai boschi, dalle stalle, dalle case, dalle radure, dai deserti… tutti gli animali della Terra uscirono e, in ordine, in lunghe file, si diressero verso misteriosi punti di raccolta. I leoni avanzavano tranquilli a fianco degli agnelli, le volpi con gli scoiattoli, le tigri con gli elefanti…sopra di loro svolazzavano i passeri, i gufi, i falchi…le farfalle…i moscerini…
Nel frattempo il cielo si era rapidamente oscurato. Una enorme e impenetrabile coltre di nubi nere aveva avvolto il pianeta. Poi, d’improvviso, cominciò a diluviare.
Fu allora che l’astrarca si abbassò a raccogliere, di radura in radura, la vita della Terra. Eccetto l’uomo.