Aggiornato al 19/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Anselm Kiefer (1945-Germania) - Aus dunklen Fichten flog ins blau der Aar, (2009)

 

 

“Quando tutto sarà finito, l’arte continuerà ad esistere”

di Emanuela Silvestri

 

Anselm Kiefer è una delle figure più importanti del movimento artistico Neo-espressionista. Nasce in Germania nel 1945, durante le ultime fasi della Seconda Guerra mondiale. La consapevolezza di essere venuto al mondo in un momento così drammatico segnerà profondamente il suo percorso umano ed artistico. I temi ricorrenti saranno: la storia delle religioni, le rovine dell’Occidente, la natura disperata e ferita, la necessità di un popolo, quello tedesco, di fare i conti con la propria storia, consapevole che l’identità non si costruisce attraverso la rimozione della memoria.

Kiefer è poco conosciuto dal pubblico italiano, eppure rappresenta uno degli ultimi grandi artisti contemporanei. È capace di coniugare la concettualità dell’arte con una grande qualità tecnica.

Cresciuto tra le macerie della guerra, tenta di rompere il silenzio sui crimini di quel passato prossimo, che tanto ha pesato sul popolo tedesco. La sua opera attrae perché è un tentativo di riuscire a “dire”, a raffigurare le ombre del secolo scorso. L’arte dovrebbe essere un tentativo di comporre un senso all’interno della Storia vista come luogo il cui fondo è abissale, spesso torbido. Dice l’artista “La storia è argilla che si plasma con le mani. Il mio lavoro è continuare i miti: loro esistono e io li continuo. Ciascuno dà forma alla sua storia e ha la sua interpretazione”. Sembra una risposta alla celebre affermazione di Adorno, dell’impossibilità di fare arte dopo Auschwitz. O al poeta rumena Paul Celan che aveva invece rivendicato la necessità di cantare l’orrore dell’Olocausto.

I suoi dipinti si presentano come veri e propri libri in cui la tela si sostituisce alla pagina.  Sacro e divino sono nella tessitura della tela. Testo e tessitura che raccontano, con l’impasto dei colori cupi, gli orrori e gli errori compiuti dall’uomo nel corso della storia.

Un’arte politica, se si vuole, ma non banale e consumistica, come risulta incerta arte concettuale contemporanea che si illude di indurre cambiamenti sociali sotto la patina di arte impegnata. In realtà arte di qualità infima, prima di immaginario artistico, arte solo per il mercato e il museo. Negli ultimi anni l’Europa ha prodotto solo qualche artista di valore, per virtù tecnica, complessità e forza di immaginazione. Per esempio Anselm Kiefer, che non evita la bellezza delle sue opere d’arte. Perché la bellezza non appartiene solo all’armonia, pensando a Morandi, ma anche al negativo, al caos con cui è intessuta l’esistenza, presente nelle ferite e nei luoghi di morte.

«Humbaba» (2009)

 

Nei suoi grandi dipinti non ci sono mai figure umane. L’umanità si è inabissata nei luoghi in cui ha agito il male. Rimangono solo frammenti straziati, luoghi storici, brandelli di paesaggi e natura. Le tele sono enormi, la sua tecnica dell’impasto, rende il mondo rappresentato denso e asfissiante. Sembra quasi ribollire con dolore, un dolore lirico della vita, gridato coi colori acrilici, la terra e la cenere. Un canto delle macerie, un invito a ripartire da quella bellezza, “Perché il bello non è che il tremendo al suo inizio” cantato da Rilke.

 

Inserito il:18/12/2016 09:28:31
Ultimo aggiornamento:18/12/2016 16:49:15
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