Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Fairfield Porter (USA, 1907 - 1975) - Sketch for Book Jacket: Hymn to Life by James Schuyler

 

Un inno alla vita

di Alessandra Tucci

 

Giovane, non so dire però di quanto.
Forse 20, forse 25 anni. A trenta no, non penso ci arrivasse.

I lunghi capelli castani sciolti sulle spalle, un sorriso sfumato sul viso il suo miglior trucco.
Un maglietta blu a modellarle il busto, le braccia libere dentro una strana lentezza, jeans 2 stretti sulle gambe. Piccole. Troppo.

Sotto le gambe sottili una carrozzina.
Tra le mani un microfono. Rosa. Le mani erano incerte, il rosa brillante.

Ferma sul marciapiede, la carrozzina attaccata al muro. Era sola. Un cappello di paglia davanti a lei, posato a terra. C'era un fiore dentro.

Mi sono fermata, distante per non invadere il suo spazio, la decisione che sembrava stesse cercando. Di prendere o abbandonare.

Non riuscivo a mettere a fuoco i movimenti della sua mano sinistra, arrivavano poco coordinati al mio sguardo nascosto.
C'era uno schermo sotto la mano, agganciato alla carrozzina, di lato.

Ho aspettato. Ed è arrivata la musica. Aveva selezionato e avviato la base, c'era riuscita.

I secondi successivi sembravano fatti di esitazione, che non sapesse se aggiungere la sua voce. O rinunciare.

Sembrava una scena alla quale fosse più che abituata, decidere se buttarsi o rinunciare.
Non l'ha fatto, non ha rinunciato. Non credo l'abbia fatto mai, rinunciare ad essere, a sé.
Ha cominciato a cantare sulla base.

Ha sbagliato l'attacco, l'ha sbagliato per tre volte.
Per tre volte si è fermata, ha interrotto la base, è rimasta immobile qualche secondo, dentro il suo tempo, ed è ripartita. Lei sulla sua musica.

La quarta volta ha smesso di cedere. E non si è più fermata. Pur se inciampava, pure se la sua voce a tratti tremava. Nello sforzo di afferrare una tonalità troppo lontana, per la forza del riacquistare quota ogni volta che si affossava. In una qualche distonia, nella pudica aritmia del cuore.

La guardavo dal mio angolo nascosto, ascoltavo il suo riemergere da ogni piccola distorsione. Con fierezza, tanta dolcezza.

Lei cantava verso il mondo e verso me, sorrideva. Mi sono avvicinata, la sua nuda dignità era più forte di ogni mio riserbo.

Sentivo che quel cappello non era lì per raccogliere soldi, voleva solamente cogliere. L'attenzione, una qualche partecipazione.
Mi sono chinata comunque per lasciare una moneta, un tributo a lei, nessuna elemosina.

Ed ho incrociato i suoi occhi. Celesti, brillavano.

Lì ho osservati per un istante quasi eterno, non sono riuscita a leggerli. C'era troppo dentro, c'era tutto.

In quei suoi occhi c'erano ombre e c'era la luce, sembravano due pozzi senza fine.
Giù, sul fondo, i fantasmi ingoiati ogni santo giorno.
Stesa in superficie, sul cristallo, la scintilla del riscatto.

C'erano le infinite battaglie in quegli occhi. Con se stessa, con il mondo, con la vita.
C'erano le lacrime sputate e deglutite, i no, i forse, tutti i però.
C'era la morte uno ad uno dei suoi sogni di ragazza, il dover restringerli, il non volerlo fare. Il non saperli in ogni caso smorzare.
C'era il suo pudore sbattuto sulla gogna dal voler vivere e cantare, c'era la dignità a tenere a bada l'orgoglio.

In quei suoi occhi di ragazza c'era il coraggio. Quello epico, il coraggio degli eroi tutti umani.

Brillava la scelta in quei due cristalli azzurri, una scelta quotidiana.
Tra restare chiusa in casa a piangere e compiangersi o mostrarsi al mondo e al mondo cantare.

Era lì e cantava. A me, al cielo, alla terra, alla gente.
Era lì e cantava a tutta la gente che le passava accanto. E passando lasciava cadere nel cappello un sorriso e una moneta. Il tributo a lei, un tributo alla vita.
 

Inserito il:12/09/2019 11:25:55
Ultimo aggiornamento:12/09/2019 12:10:58
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