Arabella Dorman (Londra, 1975 - ) - The Minarets of Herat
Dentro l’Islam – Il volto dei talebani (4)
di Vincenzo Rampolla
Bamiyan, 2.500 m di altitudine, un tempo sorgevano due enormi Buddha di 38 e 53m di altezza, monumenti unici al mondo, i più grandi esempi esistenti di statue di Buddha ricavate dalla roccia, con le nicchie abitate dai monaci e distrutte dai talebani nel 2001, perché ogni rappresentazione di una forma umana è oltraggio ai precetti islamici, ma non scritta nel Corano. Domenica 15 agosto 2021 i talebani ci sono tornati, vent'anni dopo essere stati estromessi da una coalizione guidata dagli Usa. Hanno conquistato Kabul, e tutte le donne l’hanno abbandonata, nel terrore di una nuova sharia con le sacre leggi islamiche. Loro hanno vinto […] ho pensato fosse meglio andarsene, ha scritto su Facebook il Presidente afghano Ashraf Ghani, con $169 M in tasca, comunica alla Bbc l'ambasciatore afghano in Tagikistan, che ha qualificato la fuga un tradimento della patria e della nazione. Loro hanno vinto… Loro chi? I talebani. Si dice siano studenti di teologia, ma se escono dai seminari coranici, il loro livello è più vicino a quello di una moschea che a un dottore in teologia, scriveva GEO nel 1997. I talebani hanno controllato il Paese dal 1996 al 2001, applicando la più rigorosa legge islamica. Il loro crimine? Avere ospitato i leader di Al-Qaeda, responsabili degli attentati dell'11 settembre. Da allora, l'esercito afghano è sopravvissuto grazie al sostegno americano. E dove nasce il movimento? Da dove provengono i talebani? Dall'etnia maggioritaria dei pashtun, musulmani che parlano il pashtu, lingua ufficiale oltre al persiano. Di rito sono Hanafi, uno dei quattro riti dell'Islam sunnita e si sono sempre ritenuti responsabili, in chiave politica e economica, dello Stato fondato nel 1747, anno del primo impero afghano. In My Life with the Taleban dell'olandese Alex Strick van Linschoten si scoprono le radici del movimento: Non è nato nel 1994, poco prima che salissero al potere, ma durante la guerra contro i sovietici, tra il 1979 e l’89. C'erano gruppi di mujaheddin, combattenti per la fede, formati da studenti di religione, i talebani, (taleb / talib, studente di teologia). C'è un'affiliazione ideologica tra talebani e Al-Qaeda, sottolinea Kaweh Kerami, professore di scienze politiche all'Università americana dell'Afghanistan. Alcuni dei leader erano ex mujahedin, hanno combattuto al fianco di Osama Bin Laden e hanno stretto legami durante la Guerra Fredda. Oltre alle scuole coraniche (madrasse), molti talebani afghani sono stati formati nelle scuole pakistane, determinanti per la formazione del movimento, studiosi islamici dediti alla purificazione religiosa del Paese e alla creazione di un Emirato.
L'espansione militare dei talebani non sarebbe potuta avvenire senza il supporto dei servizi di intelligence pakistani, riportano le analisi di Geo del 1997. Il Pakistan perseguiva allora tre obiettivi: instaurare a Kabul un regime aperto e pashtu, creare una posizione strategica di fronte alle minacce indiane e aprire un corridoio verso l'Asia centrale per garantire al Paese la fornitura di energia. All’inizio gli Usa erano stati favorevoli, le compagnie Chevron e Unocoal avevano investito molto nello sfruttamento in Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan, neo nate dal crollo dell'URSS. Era imperativo che gas e petrolio potessero passare attraverso il sud evitando l'Iran a ovest e la Russia a nord. I talebani, a loro volta controllati dal Pakistan, hanno potuto garantire la stabilità delle forniture. Da qui l’interesse Usa a sostenere i talebani nella riconquista del Paese.
E a febbraio 2020 Trump ha firmato con loro un accordo storico a Doha, che prevedeva il ritiro dei soldati stranieri entro il 1° maggio 2021, data spostata al 31 agosto. Ansiosi di porre fine al conflitto più antico della loro storia, analizza Le Monde, Trump ha rotto un tabù: il dialogo diretto con gli insorti talebani, facendo perdere al governo di Kabul ogni credibilità per futuri colloqui.
Quanti sono oggi? Il movimento conterebbe oggi 82- 85.000 combattenti, continua il prof. Kerami. Il ritorno dei talebani oggi fa rima con esodo. Lo testimoniano le file davanti alle banche o la folla all'aeroporto: molti cittadini afgani cercano ora di fuggire dal proprio Paese.
Il 17 agosto 2021, da Doha è rientrato Mullah Abdul Ghani Baradar, colui che durante il conflitto ha diretto l'Ufficio Politico del movimento a Kabul. Tiene la prima conferenza stampa dei talebani. Dopo 20 anni di lotte abbiamo liberato il Paese e espulso gli stranieri. Questo è un momento di orgoglio per l'intera nazione e presto sarà raggiunto un accordo con cui si insedierà un Governo islamico nel Paese. Il portavoce Zabihullah Mujahid, ha assicurato all'emittente afghana Tolonews: Non ci saranno vendette. I talebani hanno perdonato tutti coloro che hanno combattuto contro di noi, sulla base di ordini dei loro leader. Vogliamo assicurarci che l'Afghanistan non sia più un campo di battaglia. Le animosità sono finite. Non vogliamo nemici esterni o interni. Per questo motivo la sicurezza alle ambasciate straniere sarà garantita, inclusi interpreti e contractor delle forze straniere […] Non vogliamo che i giovani cresciuti qui se ne vadano. Sono le nostre risorse. Nessuno busserà alla loro porta per sapere con chi abbiano lavorato. Saranno al sicuro. Nessuno verrà interrogato o perseguitato. Sul tema della libertà per le donne, Mujahid ha chiarito che: il Governo dei talebani garantirà i diritti basati sull'Islam, sulla sharia, aggiungendo che le afghane potranno lavorare nei settori come la sanità, dove sono necessarie e potranno studiare nei limiti della legge [….] Non esistono differenze fra i talebani di oggi e quelli che governarono negli anni '90 l'Afghanistan. Eravamo e siamo musulmani. I talebani assicurano che l'Afghanistan non sarà più un centro mondiale per la coltivazione del papavero da oppio e non sarà più sfruttato dal business internazionale dell'eroina, ma chiedono il sostegno della comunità internazionale per promuovere agli agricoltori alternative alla coltivazione del papavero. Rispondendo ai giornalisti sull’asilo politico dato in passato ai foreign fighters e ai terroristi di al Qaeda, ha concluso: Il suolo afghano non sarà utilizzato contro nessuno, lo assicuriamo alla comunità internazionale.
Secondo la Cnn, ingenti le armi lasciate dagli americani in mano ai talebani, insieme a quelle dei depositi e caserme abbandonate dagli afgani e della base aerea americana e britannica di Camp Bastion, dopo l'evacuazione. I miliziani si sarebbero impossessati di fucili d'assalto, mitragliatori e di veicoli corazzati Humvee, oltre a diversi elicotteri Black Hawk e 20 aerei da combattimento A-29 Tucano della base di Kandahar, altre armi pesanti e milioni di munizioni. Forte la preoccupazione che vengano rivendute. La distruzione o la rimozione di equipaggiamenti Usa dall'Afghanistan era iniziata subito dopo gli accordi di Doha a febbraio 2020 ed è continuata con la riduzione delle forze da 8.500 a 2.500 militari. Nel periodo 2013-16, gli Usa hanno offerto alle forze afghane più di 600.000 armi leggere (fucili M16 e M4) e circa 800 veicoli, occhiali per la visione notturna, radio e altro. Fra il 2017-19, dal Pentagono sono stati inviati 7.000 mitragliatori, 4.700 Humvee e oltre 20.000 granate. Negli ultimi 2 anni, gli Usa hanno fornito agli alleati afghani 18.000 cartucce di munizioni. In 20 anni hanno speso circa $83 miliardi per armare e addestrare le forze di sicurezza afghane. Grosso modo 11.5 milioni di dollari al giorno.
Dunque una nuova generazione di combattenti ha ripreso il governo del Paese, con una parte moderata che tratta il futuro dell'Afghanistan e promette ipotetiche aperture alla società, donne comprese, e una parte attivista reclutata nelle aree rurali, notte e giorno con l’M4 a tracolla, che rifiuta la mediazione e assale per strada le giovani e le spoglia per verificarne la maturità alle nozze. Sono gli stessi che hanno preso possesso del Paese senza trovare la minima resistenza dei cittadini e dell'esercito fantasma afghano, terrorizzati, impotenti e complici. Secondo gli esperti, i talebani sono finanziati dall'Arabia Saudita e forse dal Qatar. Il loro obiettivo è un Emirato Islamico sunnita con una severa applicazione della sharia, la legge islamica che vuole, tra l’altro la rigida soggezione delle donne al burqa. Ciò porta a esecuzioni pubbliche e l’assenza del diritto al lavoro. Il pensiero politico dei Talebani non prevede elezioni con votazioni di candidati di tipo occidentale. Chi ha lavorato per ambasciate, eserciti e media occidentali è considerato traditore, in barba alle promesse di non fare rappresaglie.
E i leader, i mullah, i fondatori, dove sono? Chi sono? Ampio spazio è concesso al profilo dei Capi e a quanto formazione, esperienza e incarichi siano determinanti per creare una direzione unitaria, omogenea e determinata negli obiettivi di rispetto della legge coranica e islamica, in un ambiente a forte competizione interna, conflittualità, arrivismo e intrighi familiari. A questi sono stati aggiunti il Capo della resistenza afgana e il Vice Presidente afgano, profili di elevata popolarità.
Haibatullah Akhundzada è il nuovo Leader. Intransigente e spietato, è stato capace di convincere uno dei suoi figli di 23 anni a diventare martire (shahid) e morire da kamikaze nella provincia di Helmand, terra di oppio e di feroci battaglie con il contingente britannico. Quel gesto ha favorito la sua ascesa nel Consiglio talebano. Lui è il nuovo sovrano dell’Afghanistan. Pochi giorni fa è stato confermato dalla Commissione Cultura del movimento. È il terzo leader talebano dal 1994, il secondo a salire al vertice del Paese. Il primo era stato Mullah Omar, fondatore degli studenti del Corano, mullah-guerriero di cui non si conosceva neppure il volto. Di lui giovane gira l’immagine con un occhio chiuso da una scheggia, foto di stampo dubbioso. Da emiro si presentava al pubblico con audio registrati, mai apparso di persona. Fu a capo della potente Commissione Militare dei talebani che stabilì le linee strategiche nella guerra contro il governo afghano. Akhttar Mohammad Mansour è stato il secondo leader, annientato da un missile americano dopo l’incontro con una delle mogli; mullah più kalashnikov che Corano, nominato erede dallo stesso Omar, eletto e morto in esilio. Erudito, massimo esperto di questioni giuridiche e religiose, di sharia e legge islamica, debole in strategia militare, fu nominato alla guida dei talebani nel maggio 2016. Rapida la sua ascesa al potere, pochi giorni dopo la morte di Mansour, ucciso in Pakistan da un drone americano. Secondo diversi analisti, il suo sarebbe stato un ruolo simbolico, più che operativo, ma capace di carpire in tempi rapidi un impegno di lealtà da Ayman al-Zawahiri, capo di Al Qaeda. Il soprannome emiro dei credenti da lui coniato, lo ha portato ad affermare la sua credibilità nel mondo jihadista. Notevole il suo successo nel sapere mantenere la coesione del gruppo, molto frammentato da violente lotte per il potere dopo la morte di Mansour e la rivelazione dell’occultamento della morte del fondatore, il mullah Omar. La proposta di Akhundzada come successore era scritta nel suo testamento e tutti i gruppi lo confermarono con voto unanime, mentre il nucleo originario dei talebani del sud, la shura di Quetta, ha mantenuto la superiorità nel movimento. Una riunione del Consiglio Supremo dell’epoca, avvenne sfidando i droni americani e alcuni capi guerriglieri non si presentarono per paura di un attacco. Era il 2016 e Washington considerava i talebani dei terroristi che minavano la stabilità del governo alleato di Kabul. Il Pentagono inseguiva i leader integralisti fuori dai confini afghani e li faceva fuori. Per isolare il neo eletto Akhundzada, nel massimo segreto la Cia foraggiò a suon di dollari alcuni membri della Noorzais, sua tribù pashtun. L’atteggiamento Usa sarebbe cambiato nel 2018, quando i talebani furono considerati interlocutori indispensabili con cui firmare accordi e non più terroristi da combattere. Suo il merito della svolta. Durante il primo Emirato (1996-2001) è stato ai vertici del sistema giudiziario e promuoveva la lapidazione per le adultere e il taglio della mano per i ladri. Durante l’esilio la sua interpretazione della sharia si è avvicinata ai modelli suicidari iraniani poi imitati da Al Qaeda. Nei primi anni dopo il 2001 aveva rinunciato a incarichi politici per reclutare volontari per azioni suicide in diverse madrasse pakistane. Con il suicidio eroico del figlio ha dimostrato di credere a quel che predicava. In questi giorni di grande fermento, un rappresentante talebano ha detto a Reuters: Tutti i massimi leader sono arrivati a Kabul, ove si svolgono i preparativi per annunciare il nuovo Governo. I militanti dell'Emirato Islamico intendono formare un Governo di consenso, anche se al suo interno ci saranno esclusivamente membri talebani. Entro sei mesi è previsto un Consiglio Consultivo, con 25 Ministeri, 12 studiosi musulmani e un’Assemblea che riunisca i più autorevoli anziani del Paese. La legittimità del Governo agli occhi dei finanziatori e degli investitori internazionali sarà cruciale, ma al momento la priorità del nuovo Governo è evitare il collasso di un'economia alle prese con la siccità e le devastazioni di un conflitto ventennale che ha ucciso almeno 240.000 afgani.
Co-fondatore dei talebani è Abdul Ghani Baradar, 53 anni, nato nella provincia sud di Uruzgan, cresciuto a Kandahar, ha combattuto contro i sovietici negli anni '80. Dopo che i russi furono cacciati nel 1992 e il Paese venne travolto dalla guerra civile, Baradar istituì una madrasa a Kandahar con il suo ex comandante e cognato, Mohammad Omar, deceduto nel 2013 e la cui morte è stata nascosta per due anni. Baradar è considerato l'artefice della vittoria militare del 1996 e di quella odierna del 2021. Fino al 2001, ha ricoperto ruoli militari e amministrativi e alla caduta dell'Emirato, è stato Vice Ministro della Difesa. Nel 2001, dopo l'intervento Usa e la caduta del regime talebano, Baradar avrebbe fatto parte di un piccolo gruppo di insorti pronti alla firma di un accordo con il quale riconoscevano l'amministrazione di Kabul, ma l'iniziativa andò a vuoto. Nel 2010, capo militare dei talebani, è stato arrestato a Karachi, in Pakistan. Durante 20 anni di esilio, ha saputo mantenere la leadership del movimento. Nel 2018, è uscito dal carcere su pressione di Washington, nominato Capo della Diplomazia degli Studenti coranici e ha firmato gli accordi di Doha. Ascoltato e rispettato dalle diverse fazioni talebane, è stato nominato Capo dell’Ufficio Politico, stabilito in Qatar, da dove ha guidato con gli Usa i negoziati che hanno portato al ritiro delle forze straniere dal Paese e ai fallimentari accordi di pace con il Governo afghano.
Sirajuddin Haqqani. Capo della rete Haqqani e figlio di Jalaluddin Haqqani celebre comandante della jihad antisovietica, è il numero 2 dei talebani e leader della potente rete Haqqani che porta il nome della sua famiglia. Fondata dal padre, è ritenuta terroristica da Washington, da sempre considerata una delle più pericolose fazioni per le truppe Usa e Nato. La rete è nota per l’impiego dei kamikaze, che hanno messo a segno in Afghanistan i più devastanti attentati degli ultimi anni. Sirajuddin è stato accusato dell'uccisione di alcuni importanti dirigenti afghani e di aver trattenuto in ostaggio degli occidentali, poi liberati con riscatto o scambio di prigionieri. Il soldato americano Bowe Bergdahl, ad esempio, è tornato libero nel 2014 in cambio di 5 detenuti afghani nel carcere di Guantanamo. Conosciuti per la loro indipendenza, la loro abilità a combattere e a realizzare affari corposi, agli Haqqani si attribuiscono operazioni talebane nelle zone montuose dell'est Afghanistan oltre a una forte influenza sulle decisioni prese dai vertici del movimento.
Mohammad Yaqub, 30enne, figlio maggiore del defunto mullah Mohammad Omar, nel 2020 diventa il Capo delle operazioni militari e gode di un forte ascendente sfruttando l'eredità paterna, oggetto di un vero culto e che fa di lui una figura unificatrice all'interno del movimento ampio e diviso. Laureato a Karachi, sostenuto dal Pakistan e dall'Arabia Saudita, è considerato uno dei più importanti vice di Akhundzada.
Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani è la voce ufficiale degli studenti del Corano, l'uomo che il mondo intero sta guardando nel tentativo di decifrare le intenzioni del nuovo potere installato a Kabul. Dallo scorso 17 agosto, si è mostrato in pubblico per la prima volta, ha anche un "volto", dal 2007, 14 anni dopo essere stato nominato dopo l'arresto del suo predecessore, Muhammed Hanif. Fino a due settimane fa, a poche ore dalla presa del potere dei talebani, comunicava con i giornalisti esclusivamente via cellulare, sms e e-mail. Il giorno della partenza dell'ultimo C-130 dell'Air Force ha tenuto un breve discorso di portata planetaria: Questa vittoria appartiene a tutti noi, ha premesso. Preannuncia l'intenzione di avere buoni rapporti con gli Usa e con il mondo, perché noi guardiamo con interesse le buone relazioni diplomatiche con tutti.
Amin ul-Haq, l'ex capo della sicurezza di Osama bin laden ai tempi della residenza dello Sceicco del terrore' nel Paese, si è fatto vivo ed è ritornato in Afghanistan. Ritenuto uno dei suoi più stretti consiglieri e responsabile del rifornimento di armi per il movimento, è stato ripreso mentre arrivava in auto a Nangarhar senza che la sua identità fosse confermata. Dopo l'11 settembre, Washington lo inserì nella lista dei terroristi e lui fuggì in Pakistan, dove ha trascorso 3 anni in carcere.
Amrullah Saleh, Vice Presidente afghano, volto della resistenza, ex numero due del Governo deposto, ha promesso che non si sottometterà in alcun modo agli studenti coranici, arrivando persino a dichiararsi Presidente legittimo dopo la fuga di Ashraf Ghani. Ex capo dell'intelligence, 49 anni, nemico giurato degli islamisti è stato membro dell'Alleanza del Nord che, tra il 1996 e il 2001, sotto la guida del leggendario combattente Ahmad Shah Massoud (ucciso da Al Qaeda nel 2001) ha contrastato l'espansione dell'Emirato islamico dell'Afghanistan. Saleh vive ritirato nell'ultima regione non ancora nelle mani dei talebani: la Valle del Panshir, a Nord-Est della capitale dove sta organizzando la resistenza con Ahmad il figlio di Massoud.
Ahmad Massoud, Capo della resistenza afgana, figlio del leggendario "Leone del Panshir" mai arresosi ai talebani e all'Unione sovietica, ucciso in un attentato poco prima dell'attacco alle Torri gemelle. Ho ereditato da mio padre, l'eroe nazionale e comandante Massoud, la sua lotta per la libertà degli afghani. Questa lotta ora è mia, per sempre, si legge su Repubblica. Mi rivolgo agli afghani di tutte le regioni e tribù, e vi invito a unirvi a noi, al di là delle frontiere in Francia, in Europa, in America, nel mondo arabo o altrove; ci avete aiutato molto nella nostra lotta per la libertà, contro i sovietici in passato, contro i talebani venti anni fa: ci aiuterete ancora? Il Paese è nella stessa situazione dell'Europa nel 1940. Siamo rimasti soli. Non ci arrenderemo mai.
(consultazione: santacroce – geo martino agostoni; qn – quotidiano nazionale; corriere sera - andrea nicastro; geo magazine; https://www.fanpage.it/; chiara ammendola; beppe boni; ansa; le monde; le figaro; franceinfo; washington post; la repubblica)