Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Filippo Brunelleschi - Anonymous portrait of the 2nd half of the 15th century (Louvre, Paris)

 

La Novella del grasso legnaiuolo!

di Giorgio Cortese e Cesare Verlucca

 

Filippo Brunelleschi è stato architetto, scultore, orafo, scenografo, l’ideatore della prospettiva e il progettista della più grande cupola in muratura mai realizzata al mondo, quella del Duomo di Firenze, fu anche, non tutti ne sono a conoscenza, l’orchestratore di una divertentissima beffa, destinata a divenire la novella più famosa di tutto il Quattrocento: la Novella del Grasso legnaiuolo.

Fu il biografo dell’architetto, Antonio Manetti, a decidere che la Novella del Grasso legnaiuolo meritasse di essere consegnata ai posteri in una versione che fosse quanto più vicina possibile alle parole del Brunelleschi.

La vicenda inizia a Firenze una domenica sera nell’inverno del 1409, quando Manetto Ammannatini, detto il Grasso, non si presenta, forse per la sua stranezza, a casa di Tommaso Pecori, là dove era stata organizzata e preparata una cena tra uomini dabbene, i quali, sentitisi offesi dalla sua ingiustificata assenza, cominciano a tramare svariati piani di vendetta.

Tra questi, il più geniale, ma anche il meno fattibile, appare quello immaginato da Brunelleschi, quello cioè di convincere Manetto Ammannatini, di aver assunto una nuova identità. Certo non è un’impresa semplice, ma a Brunelleschi piacciono le sfide, specie quelle che mettono a dura prova la sua intelligenza e che, se superate, consentono di occupare un posto fisso nel libro incorruttibile della Storia e, in tal caso, anche della Letteratura.

Raggirando il Grasso – spalleggiato tra l’altro da un’altra mente sopraffina, quella di Donatello – Filippo potrà dimostrare per l’ennesima volta, e con un’opera d’astuzia e non di ingegneria, la sua capacità di plasmare e sottomettere il reale. Con la buona riuscita della beffa si decreterà il trionfo dell’umanesimo dello spirito rinascimentale sulla cultura medievale e sull’arretratezza delle persone sempre arroccate al loro mestiere, nel chiuso di una bottega al di fuori della quale non c’è altro che conti.

La beffa ordita dal Brunelleschi con la complicità dei compagni non può che presentarsi come una vera e propria opera d’arte: per far sì che essa risulti indimenticabile e che si mostri come il frutto di un ingegno fuori dal comune, è necessario conferirle le vesti di uno spettacolo teatrale.

E, in effetti, la Novella del Grasso legnaiuolo si presenta come una sorta di commedia articolata in molteplici atti, in scene vivaci che inquadrano diversi luoghi della città: dal laboratorio dell’intagliatore, all’esterno della sua abitazione, da piazza San Giovanni al carcere, nei quali i movimenti dei singoli attori sono tutti ben studiati e volti a illuminare azioni e indirizzare le azioni della vittima.

Una commedia degli equivoci esilaranti, con riferimenti a fonti classiche quali l’Anfitrione di Plauto che convinceranno Manetto Ammannatini detto il Grasso di essere diventato un certo Matteo Mannini, un fannullone indebitato fino al collo, giustamente perseguitato dai suoi creditori. Il gabbato si ritroverà così dietro le sbarre, poi liberato dai presunti fratelli, i quali lo costringono a confessare i suoi peccati a un sacerdote e, infine, nuovamente nel letto di casa sua, dove, risvegliatosi da un sonno profondo, affida la ricerca della verità agli organi di senso. Con gesti spiccatamente teatrali, il legnaiuolo si tocca ora il braccio ora il petto, come se a distinguere un sogno dalla realtà debba essere il corpo con i suoi impulsi, piuttosto che la mente.

Ma il piano di Brunelleschi non è però ancora concluso e viene coronato dal beffato con il sosia. Grasso e Matteo, faccia a faccia, non faranno che ingarbugliare ulteriormente la questione, trasformatasi nelle ultime pagine in una matassa che solo leggendo, e resi complici, si può sciogliere. A rendere tutto più chiaro al legnaiuolo sarà invece il colloquio con la madre, in seguito al quale Grasso, finalmente cosciente di esser stato vittima di una beffa corale, decide di lasciare Firenze e trasferirsi in Ungheria, luogo in cui saprà finalmente farsi artefice della sua fortuna.

La novella, che ormai ha assunto schema e toni della commedia, non può però chiudersi amaramente, con la fuga dello sconfitto. Alla fine beffato e beffatore si ritrovano e si raccontano; regista e attore passivo acquistano nuovamente pari dignità, uniti da un riso che sancisce l’appartenenza di entrambi a un mondo di cui noi, esseri umani, siamo al contempo creature e creatori del nostro destino.

 

Inserito il:07/12/2021 12:08:13
Ultimo aggiornamento:07/12/2021 12:14:25
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