Michael & Inessa Garmash (Ukraine) – Woman Walking on a Beach
Un brindisi alla vita
di Simonetta Greganti Law
Era appena trascorsa un’estate rovente, afosa con un mare dominato da un’apatia che lo rendeva piatto e tranquillo, a dir poco svogliato, come se indifferente all’inciviltà della gente venuta per le vacanze.
Olga, seduta su una sedia a sdraio, sotto all’ombrellone, aveva spesso osservato quello sciabordare flemmatico delle deboli onde che poteva paragonare ad un respiro rilassato, o ancor meglio, rassegnato.
Si era spesso domandata come facesse il mare a rimanere calmo nonostante i torti che gli venivano continuamente inflitti da quell’orda di villeggianti che, per tutta l’estate, aveva fatto scempio di un litorale che la natura cercava stentatamente di preservare.
Il lockdown appena trascorso era riuscito a permettere a quella costa di rimpossessarsi dei suoi spazi - le tartarughe marine avevano addirittura deposto le uova in nidi scavati nella sabbia e la schiusa era miracolosamente avvenuta permettendo la corsa dei piccoli nati verso il mare.
Si, il coronavirus aveva concesso eventi straordinari come questo, ma adesso che l’uomo era stato liberato dalla sua prigionia momentanea, aveva ripreso a comportarsi come prima, con l’unica differenza che, oltre ad abbandonare piatti e bicchieri di plastica, arricchiva l’ambiente anche di mascherine, guanti e bottigliette vuote di gel disinfettanti e lavamani.
Eppure il mare, che aveva sopportato per giorni e giorni tutto questo, proprio quella sera, dopo mesi di calma apparente, esibiva la sua furia. L’acqua ribolliva, si agitava, ruggiva. Ecco lo sfogo, la collera a lungo repressa si manifestava in enormi cavalloni che, gonfi d’ira, mostravano la loro potenza.
Olga constatava che il mare stava manifestando il suo stato d’animo adirato. Le sue mareggiate, le sue correnti tumultuose potevano essere paragonate a sconvolgimenti interni. Chissà se stava veramente provando rabbia. Sicuramente era stufo di subire.
La giovane donna pensava a tutto ciò mentre camminava sola a piedi nudi sulla riva, era l’ora del tramonto e si potevano contare solo una decina di persone sulla spiaggia che, come lei, avevano deciso di godersi questo spettacolo così emozionante.
Anche il chioschetto del bar, che nei mesi estivi era stato il punto d’incontro e di aggregazione sociale, aveva tutti i tavoli vuoti.
Olga avvicinatasi al bancone ordinò un’intera bottiglia di spumante ghiacciato. Non se lo fece aprire né servire in un calice, ma decise di portarselo via tenendolo come un mazzo di fiori dallo stelo lungo.
Aveva deciso di brindare da sola con il mare agitato.
Voleva fare un brindisi alla vita.
“Un cin cin alla meravigliosa avventura di esistere, al tempo che scivola via, ai sogni, alle follie, alle idee più strambe e ai sacrifici per realizzarle” e, dicendo questo, liberò il tappo dalla gabbia che lo costringeva. Il sughero saltò via velocemente descrivendo una traiettoria parabolica fino a tuffarsi tra le onde che lo risucchiarono verso il fondo per poi farlo riemergere sospeso sulla bianca cresta spumosa. Ne seguì con lo sguardo tutti i suoi movimenti tumultuosi dato che appariva e scompariva, inghiottito dal mare per poi essere restituito alla vista come in un gioco di magia.
Senza mai perderlo d’occhio, si divertiva a tracciare il percorso che questo segnava affacciandosi tra le onde sempre in punti diversi da quelli di dove spariva fino a che, a sorpresa, lo sentì scontrarsi sulle sue caviglie immerse nel bagnasciuga.
Comprese, nell’aver lanciato il tappo in mare, di essersi comportata in modo scorretto come tutti quelli che poco prima aveva biasimato e di essere stata ammonita col ricevere l’immondizia rigettata ai suoi piedi.
“Amico mare ti chiedo perdono. Nessuno è senza peccato ma è facile additare un colpevole. Che ipocrisia farsi giudici di chi ha sbagliato senza riconoscere i propri errori. Errare humanum est ed è per questo che vorrei essere come te: voglio diventare mare”.
Cercò per qualche minuto di identificarsi con quella distesa d’acqua impetuosa che aveva davanti.
Presto non percepì più il suo corpo come fatto di vasi sanguigni, organi vitali, cellule e neuroni ma lo intense come acqua, spuma, riflessi di luce, salsedine, iodio, ciottoli di calcare e d’ardesia.
Per qualche attimo lei era diventata il mare.
…E UN BRINDISI DOLCE
. 500 ml di spumante (possibilmente rosato)
. 300 ml di acqua
. 300 gr di zucchero superfine
. 4 fogli di colla di pesce
. alcuni frutti di bosco a piacere
Bollire l’acqua con lo zucchero mescolando di tanto in tanto. Lasciarlo sobbollire per cinque minuti a fiamma bassa. Ammollare per alcuni minuti i fogli di gelatina nello spumante poi strizzarli e aggiungerli allo sciroppo di acqua e zucchero. Con una frusta amalgamarli allo sciroppo fino a che saranno completamente dissolti. Unire il composto allo spumante fino ad ottenere una consistenza omogenea. Una volta raffreddato ricoprirlo con pellicola per alimenti e riporlo in frigo per un’ora. Suddividere il preparato in flute o bicchieri a coppa alternando i frutti di bosco alla gelatina di spumante e lasciare nuovamente raffreddare in frigorifero. Decorare prima di servire con altri frutti di bosco.