Giacomo Balla (Torino, 1871 - Roma, 1958) - La Pazza (1905)
Trasformare un quadro d’autore in parole…
Preferisco la follia
di Simonetta Greganti Law
Sssst! Silenzio! Non ditelo a nessuno!
Vorrei essere pazza per poter indossare vestiti comodi senza preoccuparmi degli abbinamenti dei colori, camminare con scarpe pratiche e sfondate ma sicuramente agevoli al punto da poter correre senza impedimenti.
Sarebbe bello lasciarmi pettinare solo dal vento e potermi specchiare compiacendomi di acconciature libere che non conoscono le restrizioni di forcine o di fermagli.
Suonare ai campanelli delle porte degli altri e correre via come facevo da bambina perché la gioia di allora ritorni ad eccitarmi l’animo.
Ma forse sono pazza veramente perché ogni mattina mi ostino a scegliere dall’armadio completi fastidiosi che cerco di accostare alle tonalità che qualcuno ha stabilito come giuste, arranco su tacchi pericolosi per il mio cammino e intreccio i miei capelli in scomode pieghe fatte da un parrucchiere che si definisce estroso mentre invece, come tutti, è sottomesso ai capricci della moda.
Quando suono ai campanelli delle case degli altri, resto in attesa di un qualcuno che mi apra per farmi accomodare e spesso mi domando perché non fuggo via.
Se fossi pazza per davvero nessuno avrebbe più interesse a criticarmi, sarei semplicemente pazza e basta, perciò libera.
Vorrei essere folle e spensierata fregandomene se il mondo non sa capire il segreto di questa felicità.
I folli non sbadigliano mai, non percepiscono la noia, sanno ridere anche fuori posto perché sono volubili e non conoscono la logica. I pazzi sanno sognare senza chiudere gli occhi, sanno danzare senza udire alcuna musica, sanno dipingere la vita senza l’uso di matite colorate.
Sssst! Silenzio! Devo prendere una decisione!
Preferisco la follia?
E resto immobile sulla soglia di una porta e mi domando se entrare in un mondo grigio e claustrofobico, imprigionato dalle mura che lo opprimono, o se invece girarmi, scavalcare quelle sbarre che segnano i confini della libertà e correre incontrollata, verso la campagna, come un animale selvaggio, allo stato brado.
Riflessa nella vetrata di quest’uscio appare la mia ombra, buia e fredda come la morte che falcia giornate sempre tutte programmate. Al contrario, la luce che è alle mie spalle e rappresenta il bene, si contrappone alla mia sagoma confusa e mi esorta a scavalcare la cancellata per correre dall’altra parte.
Ecco, non ho più dubbi, ho scelto: voglio essere pazza per inebriarmi della vita, fare follie e non avere mai rimpianti.