Guido Peyron (Firenze, 1898 - 1960) - Il Tiro a segno (1934-35)
Compiti in classe
da Cesare Verlucca a Giorgio Cortese
Cari amici,
dovunque mi trovi a operare, dopo essermi adeguato alle regole del gioco, è facile mi venga l’idea di suggerire soluzioni alternative, all’insegna del non si sa mai.
Invece di limitarci a inviare al web magazine un breve testo fine a sé stesso, io trasformerei quella specie di compito in classe in una sorta di epistolario, mettendo in campo due persone che abbiano qualche incertezza sul relativo modus operandi, o abbisògnino di soluzioni alternative con suggerimenti incorporati.
L’attenzione dell’assemblea salirebbe immantinente di parecchi gradi, I suppose.
Porto subito un esempio, per chiarire le nuove regole del gioco: e voi potete ovviamente condividere l’idea, o contrastarla senza colpo ferire, e i relativi pensieri continuerebbero la loro strada verso verità lontane, anche se pur per loro it’s a long way to Tipperary…
Ho un caro amico, Giorgio Cortese, che ha una cospicua cultura e conosce gli argomenti più disparati (o disperati?), da chiedersi dove riesca ad andarle snidare; ma ha pure qualche difficoltà nella stesura dei suoi brani, situazione d’altronde che vedo spesso anche su scritti di altri amici.
In cinquant’anni di editoria ho letto talmente tanti testi, su molti dei quali ho dovuto applicare le regole che dovrebbero essere comuni, se è vero che esiste un linguaggio italico sufficientemente universale, utilizzando il quale tutti dovrebbero essere convinti di trovarsi dalla parte giusta.
È un po’ come nel tiro a segno: il tiratore punta sicuramente sul centro del bersaglio, ma anche se ha la vista buona, non è detto che pervenga a centrarlo. E non solo, perché un testo avrebbe altresì l’esigenza di essere distribuito visivamente sul foglio in maniera di facilitarne la lettura, perché una pagina senza un’andata a capo conduce il lettore più o meno all’apnea.
Ecco comunque cosa mi ha indirizzato Giorgio attraverso Nelfuturo.com, dove io stesso l’avevo invitato a entrare, seguendo il suo sviluppo e dandogli tutti gli aiuti che si danno agli amici; seguendo pertanto i suoi interventi con l’attenzione di un pater familias, quelli che anticamente erano i custodi delle memorie degli antenati.
Su un mio intervento aveva espresso dubbi eventuali, proprio attraverso l’Associazione, come risulta da quanto lui stesso ha comunicato, mettendomi in copia.
Sbagliando al tiro a segno
da Giorgio Cortese a Cesare Verlucca
Riprendo quanto mi ha scritto, Cesare, l’amico di penna, sconsolato per non essere riuscito ad inculcarmi i fondamentali dello scrivere bene, e sì, sono una tesa dura, sicuramente i miei sono solo dei piccoli pensierini e dovrei usare meglio la testa. Mi spiego meglio, avere la testa a segno, cosciente dei miei limiti e consapevole che sbagliando si impara. Cesare evoca il tiro a segno, beh non sono patito di questa nobile disciplina olimpica, ma come quelli della mia generazione ho sparato al tiro a segno alle feste patronali, dove purtroppo centravo poco il bersaglio, forse per fretta di sparare e di concentrarmi. Nel tiro a segno, come ho poi imparato dopo il servizio militare, serve una organizzazione mentale per coordinare la destrezza motoria e la necessaria concentrazione come scrive questa breve riflessione. Riprendo il proverbio già prima citato: “sbagliando si impara”, ed è vero nella vita di ogni giorno i nostri errori possono divenire momenti costruttivi di apprendimento e di crescita se sempre accolti con il giusto ottimismo e buon senso (atteggiamento a volte non facile), ma comunque non con pessimismo e senso di colpa. Ricordo sempre la frase letta in un libro dove veniva citato un famoso allenatore di football americano, Vince Lombardi: “Il maggior successo non consiste nel non cadere mai, ma nel rialzarsi dopo ogni caduta”. Se ci pensiamo bene nella realtà di ogni giorno, per tutti noi, non è mai così e per giungere non dico al successo, ma cogliere il centro del tiro al volo occorre superare sempre ogni giorno ostacoli e difficoltà, e anche quando la meta prefissata è stata raggiunta, mi rendo conto che era una tappa di quel giro, la mia vita, che continua ancora. Allora aggiusto la mira quotidiana per evitare che l’amico di penna divenga lui il bersaglio.
Giorgio, ferma la mula!
da Cesare Verlucca a Giorgio Cortese
Questo nostro colloquiare da posizioni differenti ha i suoi vantaggi per entrambi: tu hai idee, e anche valide; io ho forme corrette di esprimerle: il risultato diventa positivo quando entrambi ci rendiamo conto dell’antico detto: “nemo propheta in patria”, o anche “nemo propheta acceptus est in patria sua”, frase pronunciata in Nazareth addirittura da Gesù per descrivere la fredda accoglienza dei suoi conterranei.
Qui l’esigenza che si pone è semplice, non considerare il nostro rapporto come una competizione, anziché una collaborazione. Solo riflettendo senza contestare si arriva a un risultato positivo, per cui facciamo così, se non hai niente in contrario a mandare avanti il nostro eterno colloquiare cerchiamo sempre soluzioni anziché contrasti.
Consòlati, qualunque grande scrittore non sarebbe così grande senza un opportuno editor alle spalle: il grande scrittore ha di suo l’esigenza di inventare i soggetti, le loro azioni, i loro sentimenti e quant’altro, e non si pone il problema della punteggiatura, dell’impostazione estetica del brano, e di quant’altro renda la lettura scorrevole e anche visivamente gradevole.
Giorgio mi ha rispedito un testo che vi offro, dopo averlo assoggettato soltanto a una serie di andate a capo che rendano la lettura agevole dall’inizio alla fine: e a un uso particolare sulla “d” eufonica, utilizzando quanto raccomandato dall’Accademia della Crusca, la quale afferma che dovrebbe essere limitata ai casi di incontro della stessa vocale; quindi quando la congiunzione “e” e la preposizione “a” precedano parole inizianti rispettivamente per “e” e per “a”, da cui scaturiscono “ed ecco”, e “ad andare”.
E il discorso è proseguito con la simpatica mail que voilà.
Torna il compito in classe!
da Giorgio Cortese a Cesare Verlucca
Mi è arrivata la consueta mail dell’amico Cesare con il titolo che ritorna al “Compito in Classe”.
La memoria è una magnifica macchina del tempo e sono ritornato per pochi attimi a quando andavo a scuola, alle Medie, così si chiamavano allora le attuali scuole secondarie di I° grado, dove il compito in classe classico era il tema di italiano o la risposta scritta ad argomenti tratti dalle varie materie.
Ripenso all’educazione e all’insegnamento, a volte trascurati e che invece sono di primaria importanza nella nostra società.
Oggigiorno ho l’impressione, da novello pensionato bancario, che si accentui sempre di più il divario fra chi sa e chi non sa nell’era di internet e della globalizzazione, che porta a nuove gravi povertà, in un’epoca in cui tutte le attività lavorative richiedono una maggiore conoscenza e specializzazione.
Chi ci governa dovrebbe, secondo il mio limitato parere, concentrarsi di più sulla formazione, che deve divenire patrimonio di tutti in un sistema formativo integrato che garantisca pari opportunità di riuscita.
In un mondo nel quale aumenta vertiginosamente il cumulo di informazioni, mentre non cresce in forma corrispondente il livello di preparazione generalizzata di persone competenti, vigili ed equilibrate, c’è poco da bene sperare per un domani che è sempre più vicino, e che sarà quel che sarà.
E tornando alla mia mediocre realtà, ritengo che la quotidiana formazione, pari a un diuturno compito in classe, sarebbe la soluzione migliore per un vivibile domani: ogni giorno apprendendo e mettendoci sempre in gioco.
Certo che, se poi si ha la fortuna di incontrare un editor di ottima formazione che trasmette sempre cultura in ogni riga che scrive e mi trascina positivamente nel migliorarmi, beh questo è un grandissimo vantaggio in grado di migliorare il mio limitato potenziale umano.
Ogni giorno cerco di capire e comprendere i miei limiti per migliorarmi, facendo tesoro di tutti i consigli. Anzi, ogni consiglio, ogni spunto cerco di assorbirlo come una spugna, per poi rilasciare quello che non serve, ma trattenere quanto è necessario per cambiarmi lentamente in positivo, conscio che per giungere a un traguardo qualsivoglia , gran parte del successo dipenda dl me medesimo sottoscritto.
Per fare questo, la motivazione quotidiana di un miglioramento possibile corrisponde alla quantità di carburante assegnato al corpo umano perché possa raggiungere i traguardi che si prefigge, cercando di valorizzare i talenti non solo miei, ma anche e soprattutto di ognuno che incontro sul mio cammino.