Mel Thompson (Thousand Oaks, CA- contemporanea) Original Dixieland Jazz Band- Left to right: Tony Sbarbaro, Eddie Edwards, Nick LaRocca, Larry Shileds, Henry Ragas
100 anni di jazz su disco: dalla rivoluzione tecnologica al diritto sulle improvvisazioni
di Fabio Macaluso
Proprio in questi giorni ricorre il centesimo anniversario della registrazione del primo disco 78 giri in lacca di musica jazz. Si tratta di “Livery stable blues” dell’Original Dixieland Jass Band guidata dal cornettista siculo-americano Nick La Rocca (il nome jass fu poi modificato in jazz per evitare, nella lingua inglese, sconvenienti assonanze con una parte del corpo molto intima). Era il 26 Febbraio del 1917.
Fu un grande successo commerciale, destinato a incidere profondamente sul modo di ideare, produrre, distribuire e fruire la musica “popolare”, fino allora trasmessa in maniera esclusivamente orale.
Il passaggio a una forma tangibile del jazz indebolì la tradizionale contrapposizione tra la musica popolare e la musica seria o colta (essenzialmente quella classica di origine europea, trasmessa attraverso gli spartiti scritti). Difatti, l’avvento della registrazione afferma una nuova esperienza che consiste nel dare corpo al “testo” musicale, attribuendogli nuovi significati e valenze estetiche.
Il successo dei dischi ha inoltre costituito uno straordinario mezzo di formazione dei giovani musicisti, tra cui quelli che si affermarono diventando celebri: Louis Armstrong, Duke Ellington, Jelly Roll Morton impararono a suonare e a ideare la loro musica soprattutto attraverso l’ascolto dei dischi già in commercio.
Questo assetto non si è modificato con il passaggio agli strumenti distributivi della musica interamente digitali. La musica liquida, a dispetto del suo nome, è un’evoluzione tecnologica che discende direttamente dal metodo utilizzato quando uscì il disco di La Rocca. Sta solo scomparendo il corpus mechanicum (il vecchio supporto fisico) e, secondo alcuni giuristi, va ora introdotta definitivamente la categoria del corpus digitalis, con i titolari dei diritti d’autore che ne controlleranno la circolazione secondo norme già in vigore e in via di elaborazione.
La rivoluzione giocata con l’avvento del disco non ha però risolto un tema molto importante: nei cento anni trascorsi dalla registrazione dell’opera di La Rocca ci si è quasi scordati che una parte decisiva della creazione musicale merita protezione.
Mi riferisco all’improvvisazione, ovvero la creazione estemporanea dell’opera musicale, come avviene durante certi concerti di musica jazz dove ogni nota è improvvisata davanti al pubblico e con l’apporto di quest’ultimo.
La forma di queste opere si realizza in itinere durante la performance stessa: come ha teorizzato il filosofo Luigi Pareyson, “un fare che mentre fa, inventa il modo di fare”. Un’espressione sintetica che fotografa perfettamente l’essenza dell’improvvisazione, non solo musicale.
Le musiche improvvisate si sostanziano esclusivamente attraverso la loro registrazione fonografica e sono definite “musiche audiotattili”, in quanto strettamente legate alla sfera corporea e tattile dell’artista che crea nel momento. Di esse fanno parte il jazz, la world music e le altre musiche che lasciano spazio formativo all’estemporaneità.
L'esigenza di tutela delle musiche audiotattili è stata trascurata e queste, tranne che parzialmente in Francia, non hanno mai avuto riconoscimento giuridico secondo le norme del diritto d’autore.
E, piuttosto sorprendentemente, proprio in Italia è stato fatto un importante passo avanti per colmare questa lacuna.
A seguito di un dettagliato appello da parte di una serie di musicisti (scritto dal pianista e musicologo Luca Ruggero Jacovella), la SIAE ha modificato il proprio regolamento attivando in questi giorni un nuovo servizio che consente il deposito delle opere audiotattili online.
Questa innovazione è molto importante perché l’unica maniera per proteggere un’opera estemporanea consiste nel consegnare a una società di gestione collettiva del diritto d’autore la registrazione audio che fissa interamente la performance del brano improvvisato.
E’ passato un secolo esatto dall’uscita del disco di La Rocca, che ha segnato la storia del jazz per gli effetti estetici e formativi prima ricordati, e ci troviamo di nuovo di fronte a un cambio di paradigma che potrebbe generare effetti virtuosi a favore dei musicisti capaci di creare “mentre fanno”.